VALORI NUTRIZIONALI MEDI per 100 grammi – I valori sono calcolati su base teorica secondo i dati del CREA, Centro di Ricerca per gli alimenti e la nutrizione Il canestrello è un mollusco bivalve, molto simile alla capasanta, fonte di sali minerali essenziali per il benessere delle ossa.
- Ricco di proteine e vitamina A e E, il canestrello è un alimento povero di grassi, impiegato nelle diete ipocaloriche.
- O *** (-18°C) congelatore vedi scadenza.** (-12°C) congelatore 1 mese.* (-6°C) congelatore una settimana nello scomparto del ghiaccio 3 giorni, frigorifero 1 giorno.
- Una volta scongelato non ricongelare e consumare entro 24h previa cottura.
in frigorifero per almeno 12h – al microonde – sotto acqua corrente fredda. Sfuso, mezzo guscio, polpa Il canestrello ha un sapore molto delicato che lo rende ideale da cuocere gratinato al forno con olio extravergine di oliva, oppure la sua polpa è perfetta per arricchire risotti o primi piatti ai frutti di mare, da abbinare a del buon vino bianco fresco.
Come si puliscono i canestrelli pesce?
Domande frequenti – Come pulire i canestrelli? Per pulire i canestrelli occorre lavarli sotto l’acqua corrente fredda. Dopo averli lasciati a bagno in acqua salata per circa due ore per farli spurgare, rimuovere quelli che non si sono aperti.
Quanto costano i canestrelli al kg?
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Quanti tipi di canestrelli ci sono?
Canestrelli, come riconoscere i migliori per le tue ricette Scopri come riconoscere la vera freschezza dei canestrelli e come impiegarli per preparare nuove ricette per il tuo ristorante. I canestrelli ( Aequipecten opercularis ) sono molluschi molto conosciuti e diffusi in Italia soprattutto nelle zone costiere dell’Adriatico. Particolarmente apprezzati in cucina per la loro polpa morbida e gustosa, i canestrelli sono considerati un’eccellente alternativa alle capesante vista la grande somiglianza sia dal punto di vista morfologico che di gusto. I canestrelli sono molluschi bivalvi appartenenti alla famiglia dei pettinidi e si presentano con un guscio striato del diametro di circa 5 cm. Il colore del guscio esterno dei canestrelli può variare molto tra le tonalità del marrone e dell’arancione.
La parte interna invece deve essere brillante, quando i canestrelli sono freschi. L’ ambiente tipico di questi molluschi è costituito da bassi fondali sabbiosi, tra i 12 e i 30 metri di profondità ma si trovano anche su fondali detritici o coralligeni. La pesca dei canestrelli, che avviene con il classico metodo della pesca a strascico, con ramponi o draghe per molluschi, si concentra soprattutto nella stagione fredda, tra la fine di ottobre e l’inizio di marzo,
Negli altri mesi dell’anno la pesca dei canestrelli non è vietata e viene comunque praticata, ma la resa del pescato è minore in questo periodo. Una volta pescati i canestrelli non sopravvivono a lungo, per cui dopo la pulizia si procede immediatamente a surgelarli con il metodo IQF ( Individually Quick Frozen ) che ne preserva al meglio freschezza e proprietà organolettiche.
- Il processo di lavorazione prevede che fino al surgelamento, i canestrelli siano mantenuti ad una temperatura compresa tra 0° e 5° C.
- A questo punto le valve vengono aperte, viene rimosso l’intestino del mollusco e la conchiglia viene ripulita da eventuali presenze di alghe.
- Successivamente i canestrelli, che restano attaccati alla conchiglia, vengono sciacquati in abbondante acqua potabile fredda per rimuovere la sabbia e dunque surgelati.
Come riconoscere i canestrelli freschi I canestrelli vengono confezionati per la vendita fondamentalmente in due modi: canestrelli sgusciati e canestrelli a mezzo guscio, Tra i due, i migliori sono sicuramente i canestrelli a mezzo guscio poiché i molluschi restano vivi più a lungo e durante le fasi di lavorazione e surgelamento mantengono in modo migliore consistenza, sapore e proprietà organolettiche.
- Per riconoscere i canestrelli freschi ed essere sicuri di acquistare un prodotto in perfette condizioni, è necessario valutare alcuni semplici parametri.
- In primo luogo, le parte interna della conchiglia deve avere un bel colore brillante.
- Deve poi essere controllata la polpa dei canestrelli, che deve risultare di un bel bianco crema, mentre il muscolo si deve presentare di un arancione brillante,
In alcuni periodi dell’anno, il muscolo potrebbe avere una colorazione più vicina al marroncino: in questi casi se vengono rispettati gli altri parametri di freschezza, il mollusco si può considerare comunque ben conservato.
- Nella valutazione della freschezza dei canestrelli è importante che la polpa dei molluschi non presenti macchie nere o colori diversi da quelli indicati, né tantomeno deve presentare segni di disidratazione.
- Infine, per avere una maggiore prova della freschezza dei canestrelli deve essere valutata l’assenza di note maleodoranti, come ad esempio di ammoniaca ed il spapore deve essere quello tipico di questo mollusco.
- I canestrelli in cucina
I canestrelli sono molluschi particolarmente versatili e possono essere impiegati in diverse ricette, dagli antipasti ai secondi piatti. L’importante è che vengano serviti o lavorati in breve tempo dopo lo scongelamento per preservarne la qualità. Tra le ricette più diffuse per l’antipasto, sono immancabili i canestrelli crudi, conditi con una semplice spruzzatina di limone oppure i canestrelli fritti (in questo caso, vanno ovviamente staccati dalla conchiglia).
- Infine, tra i secondi piatti, i canestrelli sono davvero ottimi gratinati al forno, da soli o in accompagnamento ad un pesce al forno o alla griglia.
- Acquista ora i e proponi nuovi gustosi piatti per i clienti del tuo ristorante.
- Per qualsiasi informazione il nostro staff è sempre a disposizione: scrivici liberamente una mail a o contattaci al numero + 39 049 99 98 411.
: Canestrelli, come riconoscere i migliori per le tue ricette
Cosa sono i canestrelli a Bari?
Come tutti i nomi scientifici, ha dell’altisonante : Pecten Jacobaeus T’immagini chissà che e invece si tratta della comunissima Capasanta (o conchiglia di San Giacomo), un apprezzato mollusco che i ghiottoni di Puglia conoscono come Canestrello o anche Cozza gignàcula.
Perché si chiama canestrelli?
Alcuni fanno derivare il nome dal termine canestro, cioè un cesto di paglia o vimini dove si ponevano a freddare dopo la cottura e dove si tenevano per offrirli.
Dove si pescano i canestrelli?
Diffusione e pesca dei canestrelli – I canestrelli vivono a pochi metri di profondità, dai 10 ai 40 metri, prediligono fondali sabbiosi e si nutrono di plancton. In Mediterraneo sono diffusi soprattutto nell’ Alto Adriatico, inoltre sono abbondanti anche nell’Oceano Atlantico dalla Norvegia alle Isole Canarie e nel Mar del Nord.
Sono molto diffusi nell’ isola britannica di Man dove si svolge annulamente il Queenie Festival dedicato proprio a questo mollusco. I canestrelli vengono pescati solitamente con reti a strascico, in particolare durante il loro periodo di migrazioni in branchi e l’ inverno è il periodo migliore dell’anno per mangiarli.
In commercio si trovano anche canestrelli di allevamento, venduti chiusi, ancora vivi, in reti che riportano il lotto di provenienza.
Quante calorie hanno i canestrelli?
Canestrelli 280 g
Energia | |
---|---|
per 100 g | 510 kcal |
per canestrello (16,5g) | 85 kcal |
AR % * | 4.3 |
Grassi |
Quanto costano le orate?
Quanto costa? – Non si può dare una risposta univoca alla domanda quanto costa l’orata al chilo, Questo perché il prezzo dell’orata varia in base alla taglia ed alla provenienza, Se si tratta di un pesce d’allevamento il prezzo dell’orata oscilla tra i 6 e i 12 euro al chilo.
- L’ ha invece un costo più elevato che può arrivare sino ai 25 euro/Kg.
- Il costo medio di un’orata al chilo è di 14 euro,
- Il prezzo delle orate pescate in mare varia in base alla pezzatura.
- Pesci più grandi, infatti, tenderanno ad avere prezzi più alti.
- Sui banchi di pesce è più frequente trovare l’orata allevata (86% del totale).
Anche la provenienza incide sul prezzo: quelle che provengono dalla Grecia sono più economiche di quelle italiane, che costano anche il 60% in più secondo i dati di Altroconsumo. L’orata è tra i pesci più graditi e ricercati. Provatela o al ! : Quanto costa l’orata al kg? – Aqua De Mâ
Quanto costano le occhiate?
Pacchi pronti/regalo (prezzi al Kg) | Indicazione | Non pulito |
---|---|---|
Pacco da 1,2 kg | Prezzo per confezione | € 17.00 |
Pacco da 2 kg | Prezzo per confezione | € 30.00 |
Pacco da 4 kg | Prezzo per confezione | € 54.00 |
Chi ha inventato i canestrelli?
Domande frequenti – Da dove deriva la parola “canestrelli”? L’origine della parola è incerta. Molti fanno derivare il nome dal termine “canestro”, cioè un cesto di paglia o vimini dove si mettevano a freddare dopo la cottura e dove si tenevano per offrirli.
Dove si trovano le capesante?
Capasanta Le capesante, note anche col nome di conchiglie di San Giacomo, sono dei molluschi bivalvi molto diffusi nel Mar Adriatico. Hanno una polpa divisa in una parte arancione più morbida e in una biancastra molto più consistente. Sono ricche di sali minerali e vengono adoperate per preparare una serie di piatti deliziosi.
Descrizione scientifica: Pecten Jacobaeus Caratteristiche fisiche Le capesante sono composte da due conchiglie dalla colorazione rosso-arancio chiuse da una cerniera mobile. Le conchiglie hanno dalle dodici alle sedici costole ciascuna e mentre la parte superiore ha una colorazione più intensa, quella inferiore è molto chiara ed è convessa.
Gli occhi di questo animale sono catadiottrici cioè basano il loro principio di funzionamento sulla riflessione. All’interno delle due conchiglie è racchiuso il mollusco formato da una parte bianca soda chiamata noce e dal corallo cioè una parte color arancione molto morbida.
- Le carni della capasanta sono consistenti ma al contempo tenere e per niente gommose.
- Le capesante sono animali ermafroditi e si riproducono a maggio e a giugno dando vita a piccole larve di tipo planctonico.
- Habitat La capasanta vive in tutte le aree del Mediterraneo e nei mari dell’Europa del Nord.
- Il suo habitat naturale è costituito dai fondali sabbiosi o di tipo detritico ad una profondità che varia dai 25 metri sotto il livello del mare fino a 200 metri.
Gli esemplari più giovani si ancorano al fondo con degli appositi filamenti mentre gli adulti possono spostarsi liberamente per i fondali grazie al sistema propulsivo costituito dal ciclo di apertura e chiusura repentina delle valve. Per messo di questo meccanismo gli individui possono muoversi con estrema rapidità e cambiare direzione ogni qualvolta lo desiderino senza alcun problema.
In Italia, le capesante che si trovano comunemente sui banchi del pesce, provengono per la maggioranza dall’acquacoltura. Proprietà nutritive Le capesante sono i molluschi più consumati al mondo dopo le ostriche e i mitili. Contengono buone percentuali di proteine, vitamine del gruppo B e pochi grassi.
La polpa è ricca di sali minerali come il ferro e il fosforo ed è una delle poche fonti disponibili in natura della vitamina B12 necessaria per metabolizzare alcune proteine. Le capesante sono molto digeribili ma non sono indicate per le donne in gravidanza e per gli ipertesi poiché contengono un elevato tasso di iodio.
- Un etto di parte edibile di questi molluschi apporta 217 kilocalorie.
- Ricette di cucina Le carni delle capesante sono molto saporite e si possono consumare sia crude che cotte.
- Ovviamente il loro consumo a curdo si può fare solo se si è sicuri della loro genuinità già che sono animali filtratori che per propria natura vivono filtrando acque con le relative impurità.
Questi molluschi si prestano bene per esser cucinati in diversi modi e il piatto più tradizionale e conosciuto è quello che prevede di passarle in forno a gratinare dopo averle cosparse di pangrattato, un trito di prezzemolo fresco, aglio e formaggio grattugiato.
Sono il piatto ideale da consumare a Natale o durante le occasioni importanti. Possono essere servite come antipasto freddo cosparse solamente di succo di limone ed un pizzico di sale oppure cucinate per realizzare deliziosi sughi per condire paste di ogni formato. Le capesante ben si prestano per esser servite insieme a verdure miste sia fresche che cotte.
Generalmente vengono portate in tavola dentro al loro guscio concavo molto decorativo. Sono la base ideale per preparare salse per condire risotti ai profumi di mare. Se questo mollusco viene cucinato è fondamentale non cuocerlo eccessivamente per evitare che diventi secco e duro perdendo così tutto il suo gusto raffinato.
Dove comprare i canestrelli a Genova?
Pasticceria La Nuova Torrigiana, vendita canestrelli a Torriglia – Guida Genova.
Come si chiama Bari?
Bari, che mistero l’origine del nome di GIGI DE SANTIS BARI – Nonostante anni e anni di studi, ricerche e approfondimenti sull’origine del nome Bari, non si è ancora riusciti a scoprire l’esatta etimologia che, fino all’inizio della seconda guerra mondiale, il popolo pronunciava in dialetto «Vare» per «BBare».
Gli ultimi approfondimenti sono del prof. Mario Cosmai e dello storico barese Vito Antonio Melchiorre 25 Settembre 2014 di Gigi De Santis * BARI – Nonostante anni e anni di studi, ricerche e approfondimenti sull’origine del nome Bari, non si è ancora riusciti a scoprire l’esatta etimologia che, fino all’inizio della seconda guerra mondiale, il popolo pronunciava in dialetto «Vare» per «BBare».
Gli ultimi approfondimenti sono del prof. Mario Cosmai (Bisceglie 22-09-1926 / 18-12-2002) e dello storico barese Vito Antonio Melchiorre (Bari 9-07-1922 / 15-10-2010). Mario Cosmai, nella pubblicazione «Antichi toponimi di Puglia e Basilicata» Levante Editore, Bari, 1991 scrive: «Il triplice stanziamento, avvenuto in età storica in Puglia, dei Messapi al sud, dei Peuceti al centro e dei Dauni a nord fu soggetto a continui spostamenti, dovuti a cause varie, come guerre, carestie, ecc.
Città peucete come Bari, Barletta, Bitonto, Salapia, Canosa, Venosa e Ruvo (che fu capitale della Peucezia), si sono rivelate, alla luce delle ricerche linguistiche, originarie sedi dei Messapi, un popolo d’origine illirica, proveniente dall’opposta sponda adriatica, nella cui lingua si trovano elementi comuni alla lingua albanese.
Col passare dei secoli, i Peuceti, ritenuti di stirpe italica e di carattere bellicoso, ricacciarono i Messapi nell’estremo lembo della penisola, attestandosi definitivamente nelle attuali sedi. Infatti, man mano che si procede da sud verso nord, l’influenza della lingua messapica si riduce progressivamente.
- Bari fu dapprima un abitato illirico risalente a oltre 3000 anni fa, riportato alla luce degli scavi archeologici e illustrato dal Gervasio.
- Si denominò Bayrìa, nome che significa «costruzione di case», «borgata».
- Successivamente, si ebbero le forme parallele Barion (messapica) e Barium (latina).
- Da Barium derivò e s’impose la forma letteraria Bari, con la desinenza del caso locativo latino (come dire: qui a Bari; analogamente, da Ariminum si ebbe Rimini, da Brundusium Brindisi, da Tranum Trani, da Florentia, con desinenza femminile, Firenze).
Alla base del nome Bayrìa è la radice bhau, bhu, costruire, poi ampiamente diffusa nelle lingue indoeuropee, fino all’inglse buil e al tedesco bilden. I nomi di luogo si richiamano spesso all’ambiente geografico in cui si trovano (alture, valli, laghi, fiumi, piante).
Perciò sono da rigettare come astratte e prive di basi scientifiche le altre etimologie proposte per Bari, come quella che la vuole derivata dal gr. barýs grave, pesante o un’altra che collega al greco antico barìs, specie di nave (per la forma della città vecchia, somigliante alla prua di una nave); o la derivazione del caldaico beiruth, castello.
Priva di fondamento parve al Colella (prof. Giovanni Colella, Bitetto 1867-1953, nda) anche l’etimologia da var, fiume, proposta dal Perotti (Armando Perotti, Bari 1865-Cassano delle Murge (BA) 1924, nda). Se il criterio del fiume fosse sempre valido, Parigi, Londra, Berlino, Pietroburgo e tante altre città dovrebbero denominarsi dai fiumi che le attraversano».
Fin qui il prof. Cosmai. Vito Antonio Melchiorre nel suo scritto inserito nel libro «Bari nella storia», Adda Editore, Bari, 2002, analizza con più attenzione la questione. «Le ricerche sulla origine dei nomi di luogo hanno sempre affascinato non soltanto i cultori della scienza del linguaggio, ma anche e soprattutto coloro che si occupano di memorie patrie, nessuno dei quali ha mai trascurato i tentativi onde appurare per prima cosa la derivazione del toponimo del proprio paese.
Data la tendenza, prevalente da sempre in questo campo a contraddistinguere le località con qualcuna delle sue caratteristiche più salienti, in molti casi la provenienza appare tanto evidente da non lasciar posto a dubbi di sorta; in altri, invece, l’incertezza è tale da dover necessariamente constatare, quando si vuol fare il punto della situazione, che “grammatici certant, lis est sub iudice” o, in altri termini, che non si è venuti a capo di niente.
Presso a poco così si presenta la questione a proposito di Bari perché, malgrado le dotte disquisizioni spesso svolte sull’argomento e le ipotesi per nulla infondate avanzate da persone dotate di notevole autorità e competenza, a tutt’oggi davvero non si conosce con assoluta precisione da quando e per quale ragione le sia stato attribuito il suo breve e strano nome di appena quattro lettere, raggruppate in due sillabe.
Il problema è certamente arduo e, in attesa di vedere venir fuori una qualche spiegazione convincente, non rimane, per il momento, che prendere atto delle opinioni di coloro che vi si sono cimentati. La prima interpretazione della quale si possiede notizia è probabilmente quella fornita da Stefano Bizantino, che visse nel V secolo a.C.
e fu autore di un lessico intitolato Etnica, ove riportò il significato dei toponimi del mondo antico. Egli vi incluse anche Bari, chiamandola Baris e precisando che si trattava di una città avente come aggettivo etnico il vocabolo barites ossia barese. Aggiungeva che, secondo Posidippo – un poeta del III secolo a.C.
– il nome stava per casa e che, secondo Eforo – uno storico del IV secolo a.C. – esso alludeva ad un insieme di case, ossia al paese per antonomasia. Di diverso avviso fu lo storico barese secentesco Antonio Beatillo il quale scrisse che Bari si chiamò in origine Iapige, dal nome del suo mitico fondatore, e in un secondo momento Bari, dal nome del capitano Barione, altro mitico personaggio che l’avrebbe conquistata ed ingrandita, dandole il proprio nome.
- Opinò inoltre che il toponimo Bari discendesse dal greco baris, un tipo di imbarcazione usata sul Nilo e che i sacerdoti egiziani usavano consacrare ogni anno alla dea Iside.
- In maniera quasi analoga si espresse Michele Garruba, verso la metà dell’Ottocento, nell’osservare che, su parecchie antiche monete baresi, figurava appunto impressa la prora di una nave.
Nel secolo precedente però l’erudito barese Emanuele Mola, rifacendosi al pensiero degli esperti nelle lingue orientali, aveva ipotizzato un possibile collegamento con la voce caldaica beiruth, derivante a sua volta dal nome di quelle fortificazioni che i Palestinesi chiamavano bareis.
- La città dimostrava peraltro di possedere un glorioso passato guerriero, simboleggiato dal tiro della freccia effigiato su alcune sue monete.
- Oltre ottant’anni fa, la diatriba fu ripresa da quell’acuto e infaticabile studioso che fu Armando Perotti, il quale approfondì l’indagine da par suo, sostenendo che, in età protostorica o perlomeno nella preistoria, Bari era stata lambita da un corso d’acqua, contraddistinto da una voce equivalente a bar o var, da cui la città medesima aveva finito con l’assumere il nome, per cui questo significherebbe il luogo sul fiume, anzi il fiume medesimo.
L’intuizione, suffragata da un lungo ragionamento e da una stringata logica, non venne condivisa da molti, tanto è vero che quasi nessuno ne ha fatto più cenno. Nel 1932, lo scrittore Tommaso Piscitelli, confutando una tesi secondo la quale Bari sarebbe derivata dalla espressione greca bareis oinon (ricca di vini), sostenne invece la provenienza dalla radice mediterranea bar, molto simile all’altra car; da queste sarebbero scaturiti vocaboli come barca, bara, carro, casa, cassa, capo, ecc., aventi tutti il significato di cosa chiusa che custodisce.
Secondo Piscitelli Bari sarebbe, in sostanza, sinonimo di luogo sicuro di rifugio. Per quanto apprezzabili, però, opinioni tanto disparate non possono che rimanere tali e, allo stato delle cose, i Baresi ancora non conoscono, con attendibile fondatezza, per quale ragione la loro città si chiami Bari».
* Centro studi «Don Dialetto» © RIPRODUZIONE RISERVATA
Perché Bari?
Origine del nome Bari secondo lo storico Vito Antonio Melchiorre Origine del nome Bari secondo lo storico Vito Antonio Melchiorre LIVALCA – Molti scrivono in redazione per avere notizie su una sicura origine del nome Bari. In verità da sempre circolano notizie – alcune fantasiose – che hanno un riscontro storico ma nessuna appare definitiva.
Abbiamo ritenuto opportuno riportare integralmente quello che scrisse al riguardo il notissimo e stimatissimo storico Vito Antonio Melchiorre (Bari 1922-2010) nel 2001 su un libro pubblicato da Levante dal titolo «Note storiche su Bari». Le ricerche sulla origine dei nomi di luogo hanno sempre affascinato non soltanto i cultori della scienza del linguaggio, ma anche e soprattutto coloro che si occupano di memorie patrie, nessuno dei quali ha mai trascurato i tentativi onde appurare per prima cosa la derivazione del toponimo del proprio paese.
Data la tendenza, prevalente da sempre in questo campo a contraddistinguere le località con qualcuna delle sue caratteristiche più salienti, in molti casi la provenienza appare tanto evidente da non lasciar posto a dubbi di sorta; in altri, invece, l’incertezza è tale da dover necessariamente constatare, quando si vuol fare il punto della situazione, che ‘Grammatici certant et adhuc lis est sub iudice’ o, in altri termini, che non si è venuti a capo di niente.
Presso a poco così si presenta la questione a proposito di Bari perché, malgrado le dotte disquisizioni spesso svolte sull’argomento e le ipotesi per nulla infondate avanzate da persone dotate di notevole autorità e competenza, a tutt’oggi davvero non si conosce con assoluta precisione da quando e per quale ragione le sia stato attribuito il suo breve e strano nome di appena quattro lettere, raggruppate in due sillabe.
Il problema è certamente arduo e, in attesa di veder venir fuori una qualche spiegazione convincente, non rimane, per il momento, che prendere atto delle opinioni di coloro che vi si sono finora cimentati. La prima interpretazione della quale si possiede notizia è probabilmente quella fornita da Stefano Bizantino, che visse nel V secolo a.C.
E fu autore di un lessico intitolato ‘Etnica’, ove riportò il significato dei toponimi del mondo antico. Egli vi incluse anche Bari, chiamandola ‘Baris’ e precisando che si trattava di una città avente come aggettivo etnico il vocabolo ‘barites’ ossia barese. Aggiungeva che, secondo Posidippo – un poeta del III secolo a.C.
– il nome stava per ‘casa’ e che, secondo Eforo – uno storico del IV secolo a.C. – esso alludeva ad un insieme di case, ossia al paese per antonomasia. Di diverso avviso fu lo storico barese del seicento Antonio Beatillo, il quale scrisse che Bari si chiamò in origine Japige, dal nome del suo mitico fondatore, e in un secondo momento Bari, dal nome del capitano Barione, altro mitico personaggio che l’avrebbe conquistata ed ingrandita, dandole il proprio nome.
Opinò inoltre che il toponimo Bari discendesse dal greco ‘baris’, un tipo di imbarcazione usata sul Nilo e che i sacerdoti egiziani usavano consacrare ogni anno alla dea Iside. In maniera quasi analoga si espresse Michele Garruba, verso la metà dell’Ottocento, nell’osservare che, su parecchie antiche monete baresi, figurava appunto impressa la prora di una nave.
Nel secolo precedente però l’erudito barese Emmanuele MOLA, rifacendosi al pensiero degli esperti nelle lingue orientali, aveva ipotizzato un possibile collegamento con la voce caldaica ‘beiruth’, derivante a sua volta dal nome di quelle fortificazioni che i Palestinesi chiamavano ‘bareis’.
La città dimostrava peraltro di possedere un glorioso passato guerriero, simboleggiato dal tiro della freccia effigiato su alcune sue monete. Oltre ottant’anni fa, la diatriba fu ripresa da quell’acuto e infaticabile studioso che fu Armando Perotti, il quale approfondì l’indagine da par suo, sostenendo che, in età protostorica o perlomeno nella preistoria, Bari era stata lambita da un corso d’acqua, contraddistinto da una voce equivalente o ‘bar’ o ‘var’, da cui la città medesima aveva finito con l’assumere il nome, per cui questo significherebbe il luogo sul fiume, anzi il fiume medesimo.
L’intuizione, suffragata da un lungo ragionamento e da una stringata logica, non venne condivisa da molti, tanto è vero che quasi nessuno ne ha fatto più cenno. Nel 1932 lo scrittore Tommaso Piscitelli, confutando una tesi secondo la quale Bari sarebbe derivata dalla espressione greca ‘bareis oinon’ (ricca di vini), sostenne invece la provenienza dalla radice mediterranea ‘bar’, molto simile all’altra ‘car’; da queste sarebbero scaturiti vocaboli come ‘barca, bara, carro, casa, cassa, capo, ecc., aventi tutti il significato di ‘cosa chiusa che custodisce’.
Secondo Piscitelli Bari sarebbe, in sostanza, sinonimo di luogo sicuro di rifugio. Per quanto apprezzabili, però, opinioni tanto disparate non possono che rimanere tali e, allo stato delle cose, i Baresi ancora non conoscono, con attendibile fondatezza, per quale ragione la loro città si chiama Bari.
: Origine del nome Bari secondo lo storico Vito Antonio Melchiorre
Dov’è nata Aurelia canestrelli?
CI HA LASCIATO AURELIA CANESTRELLI NOCK Il 5 ottobre si è spenta negli Stati Uniti Aurelia Canestrelli Nock all’età di 86 anni, una vera e propria leggenda del circo. Aurelia nacque in Italia, nel 1936, al Circo Canestrelli, e girò l’Europa con i numeri della propria famiglia. Aurelia è figlia di Elena Lentini e di Giuseppe “Pepo” Canestrelli. Nel 1955 i Canestrelli vennero scritturati al Circus Rebernigg, Dal 1956 al Ringling Bros Barnum & Bailey negli Stati Uniti dove lavorarono nei grandi palazzetti. Nel 1956 il matrimonio con Eugene Nock Sr. Aurelia entrerà a far parte dei Nerveless Nock e dal matrimonio con Eugene nasceranno Eugene Jr., John, Michelangelo e Bello Nock, SERVIZIO DEL 1982 SUI “THE NERVELESS NOCK” Aurelia con il marito Eugene Sr. e i figli Intorno al 1970 la troupe è scritturata nello show statunitense Disney On Parade che tre anni dopo arriverà anche in alcuni palazzetti dello sport del nostro Paese, in un tour italiano prodotto da Enis Togni, Aurelia e Eugene Sr. a Disney On Parade La famiglia Nock-Canestrelli pianterà poi le sue radici negli Stati Uniti dove ancora oggi figli e nipoti di Eugene Sr e Aurelia portano avanti spettacoli di esibizioni mozzafiato: dalla moto sul filo, alla ruota della morte, al trapezio sospeso su di un elicottero alle pertiche oscillanti. Nei giorni scorsi, nell’annunciare il lento e graduale abbandono alla vita della madre, Bello raccontava di come nelle sue ultime ore le parlasse in italiano, suscitando in lei maggiori reazioni. Aurelia, che aveva lasciato definitivamente il nostro Paese quasi 70 anni fa, non lo aveva mai dimenticato, anzi coccolava l’idea di ritornarvi. Nei prossimi giorni dovremmo vedere Bello Nock e sua figlia a Tu si que vales in una esibizione che avrà un po’ il sapore di una dedica alla madre, dal Paese a cui lei era tanto legata. Ogni volta che ci capitava di vederla al Festival di Monte Carlo accanto al figlio, traspariva tutto l’amore per lui e l’orgoglio di madre e di donna di circo, elegante e dal cuore d’oro. 1956. Il matrimonio di Aurelia Canestrelli ed Eugene Nock Le foto di questo servizio sono tratta dagli archivi della famiglia Nock. nervelessnocks.com Visita le nostre sezioni
Che cosa sono le cozze pelose?
Cozza Pelosa – Centro Agroalimentare Roma Cozza Pelosa Cozza Pelosa Caratteristiche La cozza pelosa è un mollusco bivalve dalla conchiglia solida, la cui parte posteriore esterna è pelosa e mostra dei filamenti più o meno lunghi e fitti, che possono essere presenti anche sulla parte anteriore.
- La colorazione esterna è bruno-rossastra, quella interna è madreperlacea, con riflessi violacei.
- Al massimo raggiunge una lunghezza di 6 cm, ma è frequente di 4.5 cm; rispetto alle altre specie è di dimensioni minori.
- E’ presente in tutto il Mediterraneo.
- E’ una specie pregiata con carni gustose e saporite.
Nomi dialettali Mussolo peloso, Muzzolo, Peocio peloso, Pedocchio peloso (Veneto); Pidocchio barbato, Mussolo col pel, (Venezia G.); Dattero peloso (Toscana); Peocio pelosom Pidocchio barbato (Marche); Cozzeca pelosa (Campania, Puglie); Catacuzzulu pilusa, Cossa pilusa (Sicilia); Cocciola pilosa, Musculu pilusu (Sardegna).
- Quando si trova La specie allevata presenta maggiore accrescimento nei mesi primaverili, durante i quali viene raccolta in notevoli quantitativi.
- Varietà Cozza spagnola; Cozza comune.
- Come sceglierla e conservarla Deve essere commercializzata ancora viva per assicurarne la freschezza ed il prodotto deve essere obbligatoriamente accompagnato dall’etichetta, che riporta la data di confezionamento e la provenienza.
Per conservarle possono essere messe in un recipiente, con acqua fredda e salata. Perché fa bene alla salute E’ ricco di sali minerali, soprattutto di Zinco, Ferro e Magnesio, indispensabili per la formazione delle ossa, per l’attività nervosa e muscolare.
Inoltre ha molte vitamine (A, B, C ed E). Come trattarla Raschiare le cozze con un coltello per togliere le incrostazioni e passarle sotto l’acqua corrente. Staccare il residuo del filamento che spunta da ogni conchiglia, metterle in una larga pentola, a fuoco vivo, sino a che si aprono le valve, ricordandosi che se alcune cozze non si aprono sono da buttare via perché il mollusco all’interno può essere nocivo.
Ricetta: Cozze al sugo (4 persone) Lavate 2 kg di cozze, raschiatele e privatele delle “barbe”, soffrigete uno spicchio d’aglio in un tegame con dell’olio, unite 500 g di pomodori pelati a pezzetti e cuoceteli per 5 minuti. Unitevi le cozze, coprite e fatele aprire a fuoco vivo.
Come si dice vongole in Veneto?
Caparossoli – Nel dialetto veneto con questo nome si indicano le comuni vongole veraci e le cozze, molto diffuse nella costa veneziana e facilmente reperibili soprattutto durante i mesi estivi. I caparossoi che provengono dalla Laguna hanno un caratteristico colore scuro e sono molto più cari ma anche più saporiti dei molluschi simili e sono riconoscibili per i due sifoni che sembrano occhi staccati tra loro.
Come si formano le vongole?
Le vongole sono molluschi molto diffusi in tutto il mondo e ne esistono circa 400 specie differenti. Tutti questi molluschi però sono accomunati da una caratteristica di natura anatomica ovvero la presenza di una “cerniera” che unisce le due valve. Le vongole hanno il guscio a forma ovoidale e sono note per la prelibatezza delle loro carni e per il loro basso apporto energetico.
– Specie diverse e abitudini di vita differenti: la vongola adriatica ad esempio, colonizza fondali sabbiosi a largo delle coste, la vongola verace e la vongola filippina (di origine indopacifica), colonizzano i fondali vicini alle coste. Tuttavia la loro ampia richiesta sul mercato induce ad una pesca intensiva in apposite acquacolture dove vengono rispettati i naturali cicli di riproduzione.
Sono organismi filtratori (purificano l’acqua), di sessi separati e a fecondazione esterna. Per gran parte della loro vita non si può distinguere se queste siano maschi o femmine poiché iniziano la loro vita come maschi e muoiono da femmine. Le vongole raggiungono la maturità sessuale dopo i primi 12 mesi di vita.
- Solitamente tendono a riprodursi nel periodo che va dalla primavera all’estate, durante il quale, liberano milioni di uova che, a loro volta, originano larve planctoniche.
- Queste ultime, passati i primi 15/20 giorni di vita, si depositano sui fondali marini iniziando il loro processo di crescita.
- Come le cozze, anche le vongole, in quanto filtratrici, sono portatrici di batteri e virus che possono colpire l’uomo (colera, salmonella o tifo).
Per essere sicure, al momento dell’acquisto devono avere il marchio di garanzia e sicurezza. Le vongole sono un alimento di origine animale, dunque contengono colesterolo. È consigliabile consumarle di rado e con porzioni medie non eccessive. Le vongole sono alimenti che possono causare allergie quindi se ne sconsiglia l’assunzione in stato di gravidanza o allattamento.
Come togliere le lische dal pesce?
La sfilettatura dei pesci tondi – Una volta pulito il pesce da interiora, squame, testa e pinne, si può procedere con la sfilettatura. Con l’aiuto del coltello va rimossa la lisca centrale e le pinne laterali, mentre quelle interne vanno ricercate con più attenzione, anche aiutandosi con i polpastrelli.
Come pulire le squame del pesce?
Se siete abituati a farvi pulire gli acquisti in pescheria, questo articolo probabilmente non fa per voi. Ma se amate pescare, pulire il pesce da soli o se semplicemente non volete più rischiare una forchettata di orata e squame, allora è importante saper eseguire una squamatura corretta.
Si tratta di una delle prime e fondamentali operazioni per la pulizia del pesce, ma è spesso sottovalutata, forse perché non tutti i pesci hanno le squame, o perché non tutte le cotture la richiedono : la squamatura in effetti è controindicata per la cottura alla griglia, e inutile per quella al sale.
Per molte altre preparazioni è però un passaggio essenziale: non farla a dovere comporta disagi a tavola o in cucina, dove potreste passare le settimane successive a staccare squame dai pensili e dalle pareti. Ecco alcuni accorgimenti fondamentali, passo dopo passo,
- Partite dagli utensili adatti : l’ideale è uno squamapesce, Ne esistono di diverse forme e materiali, ma l’essenziale è che abbia una lama poco affilata (spesso è seghettata), per far presa sulle squame ma non danneggiare la pelle, e un serbatoio che raccolga le squame evitando che si disperdano, leggere, coriacee e trasparenti, per tutta la stanza.
- Alcuni ritengono però lo squamapesce un attrezzo superfluo, e preferiscono l’uso di un normale cucchiaio da tavola, Questo eviterà sicuramente di incidere la pelle e raccoglierà parte delle squame rimosse. L’assenza di seghettatura e di qualsiasi lama rende però il compito un po’ più complicato.
- La costa del coltello è infine uno strumento rustico, ma senza dubbio alla portata di chiunque. Tenete la parte affilata della lama verso l’alto e usate quindi la costa per rimuovere le squame, che si poseranno sul pesce, sul tagliere, su di voi e sulla cucina, richiedendo un’accurata pulizia.
- Limitate i danni squamando il pesce direttamente dentro il lavello, o avvolgendo pesce e mani in un ampio sacchetto di plastica trasparente.
- Una volta scelto il vostro utensile, prendete il pesce appena acquistato o pescato e preparatelo per una squamatura a regola d’arte. È utile che il pesce sia ancora intero : il volume delle viscere all’interno vi aiuterà a non incidere la pelle per errore.
- Sciacquate il pesce sotto l’acqua corrente e tagliate le pinne con le forbici, per non rischiare di pungervi o tagliarvi.
- Tenetelo quindi ben fermo su un tagliere e fate scorrere lo squamapesce, il cucchiaio o il coltello dalla coda verso la testa, facendo una leggera pressione e ripetendo più volte il movimento. Fate attenzione a non tralasciare le zone verso la coda, le pinne e la testa.
- Quando ritenete di aver staccato tutte le squame, sciacquate di nuovo il pesce sotto l’acqua corrente e fate un’ulteriore verifica. Se trovate ancora squame ben salde al loro posto, ripetete la squamatura.
- IMMAGINE
- Huffington Post
- HowToBasics
- The Field
- Bluemoon Fish
Come si puliscono i pesci latterini?
Visto le ridotte dimensioni di questo pesce, la pulizia risulta essere molto semplice; con il dorso di un coltellino si tolgono le piccole squame e poi si elimina, come per l’acciuga, la testa e le interiora.