Come Capire Se Il Pesce È Avariato?

Come Capire Se Il Pesce È Avariato
L’odore: il pesce avariato ha un odore fetido, a volte sa di ammoniaca. La pelle: il pesce in cattivo stato di conservazione ha la pelle molto morbida, le squame e la carne si staccano facilmente. Gli occhi: gli occhi sono infossati, la cornea lattiginosa e le pupille grigie, come se il pesce avesse le cataratte.

Cosa succede se si mangia pesce avariato?

L’intossicazione da pesci e da molluschi coinvolge una delle numerose tossine che possono causare manifestazioni gastrointestinali, neurologiche o istaminate. L’intossicazione da ciguatera è dovuta al consumo di qualsiasi tra > 400 specie di pesci presenti nelle barriere coralline tropicali della Florida, Indie Occidentali, o Pacifico, dove un dinoflagellato produce una tossina che si accumula nella carne dei pesci erbivori. I pesci carnivori più vecchi e grandi (p. es., cernie, dentice, sgombro reale, barracuda) che sono al vertice della catena alimentare contengono una maggior quantità di tossina. Non esiste alcun procedimento, inclusa la cottura, che protegga dalla tossina, il sapore non ne viene modificato. L’intossicazione può verificarsi dopo aver mangiato pesce fresco o congelato. Non esiste in commercio un test per la ricerca della ciguatossina nel pesce. I sintomi iniziano da 2 a 8 h dopo l’ingestione. Coliche addominali, nausea, vomito, diarrea durano da 6 a 17 h; poi, insorgono prurito, parestesie, cefalea, mialgia, inversione della sensazione di caldo e freddo e dolori al volto. Dopo mesi, insoliti fenomeni di alterata sensibilità e nervosismo possono essere debilitanti. È stata proposta una terapia con mannitolo EV, ma non sono stati dimostrati chiari effetti benefici. L’intossicazione sgombroide è causata dagli alti livelli di istamina presenti nella polpa del pesce e derivati dalla decomposizione batterica dopo la cattura. Specie comunemente colpite sono

Tonno Sgombro reale Bonito (o tombarello) Tonnetto striato Lampuga (o corifena cavallina)

Il pesce può avere un sapore piccante o amaro. Si manifestano dopo pochi minuti dall’ingestione flushing del volto, nausea, vomito, dolore epigastrico e orticaria che si risolvono entro 24 h. I sintomi vengono spesso scambiati con quelli di un’allergia al pesce. A differenza di altre intossicazioni da pesci, questa può essere prevenuta mediante un’appropriata conservazione del pesce dopo la cattura. L’intossicazione da tetrodotossina è solitamente dovuta all’ingestione del pesce palla (fugu), una raffinatezza giapponese, ma un numero > 100 di specie di acqua dolce e salata contengono la tetrodotossina. I primi sintomi comprendono parestesie al volto e agli arti, seguite da aumento della salivazione, nausea, vomito, diarrea e dolore addominale. Potenzialmente si può sviluppare anche una paralisi respiratoria fatale. Il trattamento prevede terapia di supporto con assistenza ventilatoria fino all’escrezione della tossina, che può richiedere giorni. La tossina non viene distrutta mediante la cottura o il congelamento. L’intossicazione paralizzante da molluschi si manifesta nel periodo da giugno a ottobre, specialmente sulle coste del Pacifico e del New England, quando cozze, molluschi, ostriche e cappesante vengono contaminate da un dinoflagellato velenoso responsabile della marea rossa. Questo dinoflagellato produce la neurotossina sassitossina, che è resistente alla cottura. Dopo 5-30 minuti dall’ingestione compaiono parestesie periorali. Poi si manifestano nausea, vomito, crampi addominali, cui segue astenia muscolare. Il trattamento è di supporto. La paralisi respiratoria non trattata può risultare fatale; la guarigione è di solito completa. NOTA: Questa è la Versione per Professionisti. CLICCA QUI CONSULTA LA VERSIONE PER I PAZIENTI Copyright © 2023 Merck & Co., Inc., Rahway, NJ, USA e sue affiliate. Tutti i diritti riservati.

Come capire se pesce è andato a male?

3 Modi per Capire se il Pesce È Andato a Male Il pesce tende a preservarsi bene nel congelatore o in frigorifero e può essere conservato in entrambi prima di venire consumato. Tuttavia con il tempo andrà a male e mangiarlo può diventare pericoloso per la salute.

  1. 1 Butta il pesce conservato in frigo due giorni dopo la data di scadenza. Il pesce crudo non dura a lungo in frigorifero e inizia ad andare a male subito dopo la data di scadenza. Cerca la data riportata sulla confezione: se sono passati più di uno o due giorni, buttalo via.
    • Se vuoi prolungare la conservazione di un pesce, mettilo nel congelatore.
    • Se il pesce ha una data di scadenza nella forma “Entro e non oltre”, non conservarlo oltre quella data. Le date di scadenza di quel tipo indicano che il pesce inizierà a marcire se non viene mangiato entro i limiti consigliati.
  2. 2 Tieni il pesce cotto in frigo per 5-6 giorni oltre la data di scadenza. Se hai acquistato un pesce già cotto o l’hai cucinato tu, puoi conservarlo più a lungo di quello crudo se lo metti in frigorifero in un contenitore ermetico. Tuttavia, dovrai buttarlo dopo 5-6 giorni.
    • Se sai già che non riuscirai a mangiare il pesce cotto prima che vada a male, mettilo nel congelatore per conservarlo più a lungo.
    • Se hai intenzione di buttare via la confezione originale del pesce una volta cotto, annota la data di scadenza, in modo da non rischiare di dimenticarla.
    • Puoi scrivere la data di scadenza su un post-it da attaccare al contenitore in cui conservi il pesce. In alternativa, scrivi la data su un blocco note che terrai accanto al frigorifero.
  3. 3 Conserva il pesce congelato per 6-9 mesi oltre la data di scadenza. Che sia crudo o cotto, il pesce congelato dura molto più a lungo di quello conservato in frigo. L’unica eccezione a questa regola è il salmone affumicato. Persino nel congelatore, il salmone si conserva solamente per 3-6 mesi.
    • Puoi sempre congelare il salmone, anche se l’hai comprato crudo o l’hai cotto tu. Per farlo, avvolgi i tranci nella pellicola di plastica oppure mettili in un sacchetto di plastica a chiusura ermetica.

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  1. 1 Tocca il pesce crudo e senti se ha una patina viscida. Quando il pesce invecchia e inizia ad andare a male, la superficie esterna diventa più umida e con il tempo sviluppa un sottile strato viscido. Questo è un segno inequivocabile che il pesce sta andando a male. Quando sarà del tutto marcio, la patina sulla carne diventerà densa e scivolosa al tatto.
    • Butta il pesce fresco appena noti la comparsa di questa patina viscida.
    • Il pesce cotto non svilupperà questa patina, neppure quando va a male.
  2. 2 Senti se il pesce ha un odore pungente. Tutti i pesci, crudi o cotti, hanno lo stesso odore caratteristico. Tuttavia quelli conservati in frigo che stanno andando a male hanno un odore più pronunciato. Con il tempo l’intenso odore di pesce si trasforma nel puzzo rancido della carne marcia.
    • Man mano che il pesce va a male, il suo odore pungente diventa sempre più intenso. È meglio buttarlo appena ha un cattivo odore.
  3. 3 Nota se il pesce crudo ha un colore lattiginoso. La carne del pesce di solito è di colore rosa chiaro o bianca, con un rivestimento liquido sottile e trasparente. Quando il pesce fresco o conservato in frigo inizia ad andare a male, la carne assumerà un colore lucido e lattiginoso. Le parti lattiginose possono poi diventare blu o grigie.
    • Se hai già cotto il pesce, non diventerà lattiginoso. Questo segnale vale solo per il pesce crudo.
  4. 4 Nota la presenza di bruciature da freddo. Se hai conservato il pesce nel congelatore per più di 9 mesi può iniziare a mostrare questi segni. Cerca parti ghiacciate cristallizzate che si sono formate sulla superficie del pesce e nota tutte le zone decolorate. Butta tutti i cibi che presentano queste bruciature.
    • Il cibo in queste condizioni è tecnicamente commestibile e non ti farà stare male. Tuttavia, il pesce perde quasi tutto il proprio sapore e assume una consistenza granulosa quando resta troppo tempo nel congelatore.

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  1. 1 Nota se le linee bianche nella carne sono scomparse. Il salmone, contrariamente a molti altri tipi di pesce, è noto per le sottili linee bianche che separano gli strati della carne. Queste linee indicano che il pesce è ancora fresco e commestibile; se non le noti più, o se sono diventate grigie, probabilmente il salmone è andato a male.
  2. 2 Tocca il salmone per controllare se è sodo. Il salmone fresco e commestibile è sodo al tatto. Se il trancio che hai conservato in frigorifero è diventato spugnoso o inaspettatamente morbido, probabilmente è andato a male.
    • Le linee bianche tra gli strati del salmone indicano la sua consistenza, oltre alla freschezza. Quando sono sparite, la carne sarà quasi certamente spugnosa.
  3. 3 Ispeziona il salmone alla ricerca di parti decolorate. Contrariamente agli altri tipi di pesce, parti del salmone perdono il proprio colore quando inizia ad andare a male. Osserva la superficie della carne. Se noti macchie di colore diverso dal rosa classico, probabilmente il pesce sta marcendo.
    • Le decolorazioni più comuni sono di colore scuro. Tuttavia il salmone andato a male può presentare anche piccole macchie biancastre.

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  • Il pesce in scatola dura per anni. Il tonno, le acciughe o le sardine in scatola possono essere conservati per 2-5 anni oltre la data di scadenza indicata sulla confezione. Oltre quel limite, però, è meglio buttare il pesce in scatola.
  • Se il pesce in scatola ha una data di scadenza del tipo “entro e non oltre”, dovresti consumarlo prima della data indicata.
  • Dato che il salmone va a male molto più velocemente degli altri tipi di pesce in scatola, non dovresti conservarlo nella dispensa per più di 6-9 mesi.

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Quando hai dubbi, butta via il pesce che sospetti possa essere andato a male. Non vale la pena di rischiare un’intossicazione alimentare.

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Che odore ha il pesce marcio?

Se mai, visitando un amico svedese, doveste essere invitati ad una festa e vi offrono il tipico Surströmming, lasciate perdere, fingetevi malati: insomma fate qualsiasi cosa pur di non assaggiarlo. Questo, a meno che non vogliate davvero provare una parte della cucina autentica nel nord della Svezia.

  • Si tratta di aringhe del Baltico fermentate che producono un odore fortissimo, tanto da sembrare putrido, marcio.
  • Gli stessi svedesi definiscono il Surströmming pesce marcio ; la sua reperibilità in scatola è possibile in ogni supermercato.
  • La definizione dell’odore del Surströmming è la seguente: pungente, acetosa, di burro rancido e uova marce.

Siete già affamati? Le origini di questa pietanza dovrebbero risalire ad un fatto del XVI secolo, quando i marinai svedesi non avevano abbastanza sale per conservare le aringhe, che di conseguenza si guastarono. I marinai si imbatterono in alcuni abitanti delle isole intorno alla Finlandia e, non si sa come, riuscirono a vendere loro questo pesce marcio.

  • Ancora più misterioso è come i finlandesi abbiano potuto gradire una cosa simile, a tal punto da richiederne ancora l’anno successivo, quando gli stessi marinai svedesi si fecero nuovamente vivi da quelle parti.
  • Gli svedesi, incuriositi, decisero di provare il Surströmming e il risultato è storia nota.

Per mangiare il Surströmming si possono seguire dei consigli: innanzitutto, mai aprire una scatola in un posto chiuso, la stanza verrebbe colmata dal suo forte e pessimo odore. Gli svedesi suggeriscono di aprire la scatoletta sott’acqua, per ammortizzare l’olezzo.

  • Secondo tradizione, il Surströmming si mangia accompagnato con una varietà di pane chiamata tunnbrod, o spesso come un vero e proprio panino ( surströmmingsklämma ), soprattutto nella zona costiera nord, dove tutto ebbe inizio.
  • Il sandwich si prepara spalmando il pane di burro e inserendoci nel mezzo il pesce a fette e le patate, sempre a fette o schiacchiate.

In altre parti della nazione, le aringhe marce sono servite con cipolla a dadini, panna acida, erba cipollina e aneto tritato. Oggi i metodi di produzione sono industriali e le aringhe, dopo essere state pescate, in primavera, vengono fermentate in barili per circa due mesi.

Quanto tempo si può conservare il pesce in frigo?

Se vogliamo mangiare il pesce entro 24 ore, massimo 2 giorni, allora possiamo conservarlo in frigorifero. Come? Meglio introdurre il pesce in un contenitore chiuso, o coperto con pellicola per alimenti.

Cosa fare se un pesce sta male?

Sottoporre il pesce malato a bagni in soluzione salina (ca.1 cucchiaio per 1 l di acqua) per 15-30 minuti. Effettuare bagni in soluzione di permanganato di potassio (1 g per 100 l di acqua) per ca.30 minuti (Importante: NON effettuarli in acquario, ma in un recipiente).

Cosa succede se mangio pesce che sa di ammoniaca?

La spigola che ho acquistato emana un forte odore di ammoniaca, perchè?

  • Buongiorno,
  • grazie anticipatamente per la risposta, ho comperato del pesce venduto per fresco in una nota catena di supermercati, il pesce era una spigola, non direi tanto economico, ma nel cucinarlo emanava un forte odore nauseabondo di ammoniaca, inimmangiabile, e odore, non profumo, in tutta la casa.
  • E’ stato restituito cotto, mi hanno fatto un rimborso, ma non ho avuto una risposta adeguata, potrei sapere da voi cosa può essere realmente successo?
  • Cordiali saluti,Simonetta

Ciao Simonetta Hai fatto bene a non mangiarlo e a restituirlo. L’odore di ammoniaca è un segnale che il pesce è poco fresco e si è deteriorato. Non sparisce con la cottura, ma anzi in alcuni casi (come nei crostacei) si accentua.

  1. L’odore di ammoniaca che hai sentito non è dovuto all’uso di questa sostanza per la conservazione del pesce, ma allo sviluppo di composti maleodoranti che si formano in modo naturale quando il pesce fresco si deteriora o quando quello surgelato viene conservato in modo scorretto.
  2. Il pesce deve sempre avere un odore buono, di alghe e di mare, segno che è fresco ed è stato ben conservato.
  3. Un caro saluto,Barbara

: La spigola che ho acquistato emana un forte odore di ammoniaca, perchè?

Cosa fare quando un pesce sta male?

Scarica PDF Scarica PDF Se possiedi un pesce rosso e ami averlo come animale da compagnia, può essere angosciante se mostra segnali che sta morendo. Sono molte le cause che possono portarlo a questo stato, dalle malattie alla depressione, ma prendendo alcune misure tempestive, puoi salvarlo dalla morte e godere della sua compagnia per 10-20 anni.

  1. 1 Separa il pesce malato dagli altri. Se hai un esemplare che non sta bene, è importante tenerlo lontano dagli altri pesci rossi affinché non vengano contagiati; se hai invece un solo pesciolino, puoi lasciarlo nell’acquario.
    • Se lo trasferisci in una vasca “ospedale”, utilizza un sacchetto di plastica all’interno di uno di carta, in modo che l’animale non si stressi.
    • Potresti decidere di riempire il nuovo contenitore con la stessa acqua dell’acquario; tieni però presente che potrebbe essere la responsabile delle precarie condizioni di salute del pesce e potrebbe quindi aggravare la situazione. Se decidi di trasferirlo in una vasca con acqua nuova, metti semplicemente il sacchetto all’interno del recipiente per 15-20 minuti per bilanciare la temperatura e non provocare uno shock all’animale.
  2. 2 Controlla la qualità dell’acqua. La maggior parte dei pesci morenti può essere recuperata facilmente cambiando l’acqua; garantirne la qualità è un aspetto essenziale per mantenere il tuo pesciolino sano e felice, oltre che vivo!
    • Puoi acquistare un kit per l’analisi dell’acqua presso i principali negozi per animali.
    • Si tratta di uno strumento in grado di rilevare eventuali fattori problematici dell’acqua, come un livello eccessivo di ammoniaca.
    • Misura la temperatura per assicurarti che sia compresa tra 10 e 25 °C.
    • Testa l’acidità dell’acqua; la maggior parte dei pesci predilige un pH neutro, intorno a 7.
    • Se l’ambiente è troppo acido, puoi acquistare un prodotto chimico neutralizzante che trovi in quasi tutti i negozi per animali.
    • Misura anche l’ossigenazione per assicurarti che il livello di saturazione sia superiore al 70%.
  3. 3 Pulisci l’acquario e cambia l’acqua. Il pesce rosso produce molte feci e l’acqua si sporca facilmente, riempiendosi di ammoniaca, batteri e alghe. Una semplice pulizia e il cambio dell’acqua possono far recuperare rapidamente la salute al tuo piccolo amico.
    • Tieni il pesce in una seconda vasca mentre pulisci la prima e sostituisci l’acqua.
    • Dovresti provvedere alla pulizia una volta a settimana per evitare che si sviluppino colonie di batteri.
    • Togli il 15% dell’acqua, tutta la ghiaia ed eventuali alghe.
    • Non usare alcuna sostanza chimica; è sufficiente risciacquare la ghiaia ed eliminare i prodotti chimici che evaporando si sono depositati sulle pareti dell’acquario; anche una minima quantità di prodotto chimico o detersivi può uccidere il pesce.
    • Riempi la vasca con nuova acqua fresca di rubinetto, aggiungendo un prodotto abbattitore di cloro per eliminare quello in eccesso.
  4. 4 Controlla il pesce. Una volta pulito l’acquario e cambiata l’acqua, monitoralo per alcuni giorni per capire se queste misure lo aiutano a stare meglio; così facendo, puoi capire qual era o qual è la causa del suo malessere.
    • Potresti notare dei risultati immediati, per esempio se la vasca non conteneva abbastanza ossigeno, oppure potrebbero volerci alcuni giorni prima che il pesce si adatti all’acqua e all’acquario rinnovati.
    • Aspetta un giorno o due prima di tentare altri rimedi per assicurarti di non trattare il pesce per delle malattie che non ha, peggiorando potenzialmente la situazione.

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  1. 1 Individua i sintomi. Ci sono molti segnali differenti di malattia, ma identificandoli precocemente e correttamente puoi salvare il pesce dalla morte.
    • Il momento migliore per controllare eventuali segni di malattia o sintomi che possono far pensare a una morte imminente è prima dei pasti.
    • Disturbi respiratori: controlla se si comporta come se avesse “fame d’aria”, se respira rapidamente, rimane sulla superficie dell’acqua o si distende sul fondo dell’acquario, sono tutti segni che possono indicare malattie o scarsa qualità dell’acqua;
    • Parassiti interni: questo pesce è per natura molto affamato e se noti che non mangia o dimagrisce, potrebbe soffrire di una parassitosi interna;
    • Malattia della vescica natatoria: controlla se nuota in modo irregolare, capovolto o se si strofina contro le superfici; questo comportamento potrebbe indicare diversi disturbi, dalla vescica natatoria a un’alimentazione inadatta;
    • Malattie micotiche: se il pesce rosso mostra segni come pinne rotte e piegate, zone del corpo macchiate, bozzi o noduli, protrusione oculare, branchie pallide o gonfiore, potrebbe soffrire di qualche infezione fungina;
    • Corrosione delle pinne: si tratta di una delle malattie micotiche più diffuse nei pesci e si manifesta con delle aree bianche-lattiginose sulle pinne o sulla coda, le pinne sembrano inoltre sfilacciate.
  2. 2 Controlla i sintomi negli altri pesci. Una volta identificati i segni di malessere nel pesce morente, verifica se anche gli altri animali presenti nell’acquario manifestano caratteristiche simili; in questo modo, puoi capire meglio la causa di fondo della malattia.
  3. 3 Togli il filtro e tratta l’acqua. Puoi curare malattie come le infezioni micotiche e la corrosione della coda rimuovendo il filtro correttamente e facendo un trattamento dell’acqua; questa accortezza può salvare il pesce dalla morte.
    • Togli il filtro a carboni attivi e usa un prodotto commerciale, come la minociclina per la corrosione delle pinne o il blu di metilene se soffre di infezioni micotiche.
    • Se non conosci con certezza la malattia di cui soffre il pesce, non usare queste sostanze; se versi nell’acqua un prodotto per un problema che in realtà non esiste, puoi provocare gravi danni all’animale.
  4. 4 Tratta l’acqua con il metodo del calore e del sale. Se ti accorgi che il pesce ha delle macchie bianche sul corpo, probabilmente soffre della malattia dei puntini bianchi (ictioftiriasi) causata dai parassiti Ichthyophthirius multifiliis; con il calore e il sale puoi però curarla e salvare l’animale.
    • Aumenta lentamente la temperatura dell’acqua fino a 30 °C per più di 48 ore per fermare la riproduzione dei parassiti e mantienila tale per 10 giorni;
    • Aggiungi un cucchiaio di sale per ogni 20 litri d’acqua;
    • Cambia l’acqua della vasca ogni paio di giorni;
    • Riduci gradualmente la temperatura riportandola a 18 °C;
    • Puoi usare tale metodo se all’interno dell’acquario ci sono dei pesci sani; questa procedura aiuta inoltre a eliminare i singoli parassiti che possono aver infettato gli esemplari in buona salute.
  5. 5 Nutri il pesce con alimenti vegetali e poveri di proteine. Alcuni pesci potrebbero soffrire della malattia della vescica natatoria che non è possibile curare con il cambio dell’acqua; se questo è anche il tuo caso, puoi nutrire il tuo piccolo amico con verdure come piselli congelati e altro cibo povero di proteine per alleviare il malessere.
    • I piselli congelati rappresentano un’ottima scelta, perché sono ricchi di fibre e cadono sul fondo dell’acquario, così il pesce non deve cercarli sulla superficie.
    • Non alimentare troppo un esemplare malato; dagli del nuovo mangime solo quando ha finito il pasto precedente. Se non rispetti questa regola, la quantità di ammoniaca può aumentare a livelli pericolosi e farlo ammalare.
  6. 6 Recidi i parassiti con delle pinzette. Se noti dei parassiti sul corpo del pesce, come la Lernea (verme ancora), puoi rimuoverli con questo strumento; fai attenzione e procedi con estrema cautela per non ferire o uccidere il tuo piccolo amico.
    • Alcuni parassiti scavano in profondità nella pelle del pesce rosso; in questo caso, devi intervenire associando all’escissione l’uso di prodotti chimici per uccidere gli agenti patogeni.
    • Assicurati di afferrare i parassiti quanto più vicino possibile alle ferite del pesce, in modo da rimuoverli completamente.
    • Rimetti il pesce nell’acqua ogni minuto circa per permettergli di respirare.
    • Possono essere necessarie alcune settimane prima di debellare completamente l’infestazione parassitaria dalla vasca.
    • Segui questo metodo solo se sai con certezza che il pesce ha i vermi o i parassiti e se sei in grado di maneggiarlo delicatamente per non ucciderlo.
  7. 7 Usa un medicamento commerciale per pesci. Se non hai individuato la malattia che affligge l’animale, puoi tentare un rimedio che trovi in commercio; questo potrebbe curarlo da possibili malattie o da infestazioni parassitarie.
    • Puoi acquistare tale tipo di prodotti presso i principali negozi per animali o grandi supermercati.
    • Tieni presente che non sempre si tratta di prodotti regolamentati o riconosciuti come farmaci per uso veterinario e potrebbero quindi essere inutili o addirittura pericolosi per l’animale.
  8. 8 Porta il pesce dal veterinario. Se con i rimedi casalinghi non hai riscontrato risultati positivi, devi farlo visitare dal medico, il quale può diagnosticare l’origine della sintomatologia e impostare una terapia.
    • Assicurati di portare il pesce in un sacchetto di plastica avvolto in un altro di carta, in modo da non causargli stress.
    • Sappi che il veterinario potrebbe non essere in grado di aiutare il tuo piccolo amico che potrebbe morire nonostante le cure.

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  1. 1 Ricorda che la prevenzione è la migliore medicina. Prevenire possibili malattie del pesce è il modo migliore di salvarlo dalla morte; prendendotene adeguatamente cura, occupandoti della pulizia regolare dell’acquario fino a un’alimentazione varia, puoi ridurre notevolmente il rischio di morte.
  2. 2 Garantisci la qualità dell’acqua. Per mantenere vivo il pesce, è estremamente importante che l’ambiente in cui nuota rimanga pulito; non devi assicurarti solo che l’acqua abbia la temperatura ottimale, ma che ci sia anche una quantità di ossigeno sufficiente.
    • Il pesce rosso predilige un ambiente con una temperatura compresa tra 10 e 25 °C; più l’acqua è fredda e più alto è il contenuto di ossigeno.
    • Questo pesce produce molti rifiuti che a loro volta innalzano i livelli di ammoniaca nell’acquario, incrementando di conseguenza il rischio di malattie e morte.
    • Analizza l’acqua ogni settimana per assicurarti che soddisfi i requisiti di qualità.
  3. 3 Pulisci regolarmente l’acquario. Rispettando correttamente questo impegno, non solo mantieni una buona qualità dell’acqua, ma rimuovi i batteri o le alghe che possono mettere a rischio la vita del pesce. Una pulizia settimanale può essere di grande aiuto per prevenire possibili malattie.
    • Cambia diversi litri d’acqua ogni settimana per eliminare le sostanze chimiche in eccesso;
    • Pulisci la ghiaia e le pareti dell’acquario per rimuovere le alghe o la sporcizia che si sono accumulate;
    • Pota eventuali piante che sono cresciute troppo;
    • Pulisci o sostituisci il filtro a carbone una volta al mese;
    • Ricorda di non usare alcun prodotto chimico o detergente, perché potresti uccidere il pesce.
  4. 4 Offrigli un’alimentazione varia. Una delle maniere migliori per evitare che muoia consiste nel garantirgli una dieta variegata e ben bilanciata. Un altro aspetto altrettanto importante è non eccedere con le porzioni, altrimenti non solo potrebbe ammalarsi, ma la qualità dell’acqua verrebbe compromessa.
    • Puoi dargli del mangime specifico commerciale che viene venduto in forma di fiocchi essiccati e che gli assicurano un’alimentazione equilibrata.
    • Puoi offrirgli diversi cibi, come piselli, gamberetti in salamoia, vermi americani (Glycera) e vermi dei fanghi (Tubifex).
    • Puoi anche garantirgli degli spuntini a base di alghe lasciandole crescere in un angolo della vasca, in modo che possa rosicchiarle quando vuole.
    • Non sovralimentarlo, ha bisogno di mangiare solo una volta al giorno; tutto il cibo che avanza cade sul fondo sporcando l’acqua.
  5. 5 Separa il pesce malato dagli esemplari sani. Se solo uno o pochi animali sono malati o morenti, allontanali da quelli in buona salute per prevenire la possibilità di contagio.
    • È una buona idea tenere un acquario “ospedale” in cui mettere i pesci malati.
    • Rimetti il pesce nell’acquario solo quando è perfettamente sano.

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Che sapore ha il pesce andato a male?

Asciugatelo per bene e poi mettetelo in frigo. Infine, potete verificare se il pesce è fresco o avariato quando lo mangiate. Valutate il sapore : se non è amaro né acido o altro, significa che è fresco. Il palato è in grado di identificare del pesce andato a male.

Come togliere il cattivo odore dal pesce?

Via i cattivi odori da casa 02 ottobre 2019 15:28 Cucinare un buon menù di pesce è sempre un piacere ed è chiaro, sul momento il profumo di una buona frittura o di un cremoso risotto è davvero buonissimo. Meno buono è invece l’ostinato odore che lascia nelle nostre cucine. Tutte le volte che lo preparate resta per ore. Come rimediare allora? I 6 step per dire addio all’odore di pesce.

Rimedi per il pesce fritto: quella che stiamo per svelarti è una vera e propria pozione magica. Stai per cucinare del pesce fritto? Aggiungi all’olio di frittura della scorza d’arancia e una fetta di mela. Saranno due preziosissimi alleati per evitare di diffondere il cattivo odore. Rimedi per il pesce al forno : fai bollire in acqua una buccia di limone e poi lascia il recipiente all’interno del forno per qualche ora; l’odore verrà catturato. Via subito gli avanzi: rimanere un po’ a tavola post cena è molto piacevole. Vero, ma non quando devi vincere la battaglia contro l’odore di pesce. Non perderti in chiacchiere e getta subito tutti gli avanzi nel contenitore dell’umido. Lische, pelle, teste e interiora vanno subito chiuse in un sacchetto ben sigillato e spedito fuori dalla tua cucina. Più aspetti, più l’odore rischierà di diffondersi. Lava per bene tutte le stoviglie : tutte le posate, pentole e piatti utilizzati per preparare il tuo pesce, magari con un detersivo agli agrumi che grassa e deodora. Persino questo fortissimo odoraccio sarà neutralizzato già al primo lavaggio. Pulisci l’intera cucina : sembra eccessivo, ma non lo è. Detergi con sgrassatore o e limone le superfici della cucina, come il piano cottura, il forno e la cappa. Durante la cottura il vapore e l’odore si infiltrano ovunque. Elimina l’odore post cena : fai bollire una pentola d’acqua con buccia di mandarino e chiodi di garofano oppure con qualche rametto di rosmarino. Se il pesce era fritto metti in ebollizione alcune foglie di alloro. Lascia riposare in cucina la bacinella, dirai addio per sempre all’odore persistente di pesce.

: Via i cattivi odori da casa

A quale temperatura muore la salmonella?

Il nesso tra rischio di infezione e stagione estiva si riferisce soprattutto a errori che si commettono nella manipolazione e nella conservazione degli alimenti. A quanti gradi muore la salmonella? Il batterio non sopravvive a temperature maggiori di 70°C. Mentre prolifera tra gli 8 e i 45°C.

Cosa succede se non si cura la salmonella?

I sintomi dell’infezione – I sintomi della salmonellosi esordiscono bruscamente e interessano il tratto gastrointestinale, con dolori addominali e crampi, nausea, vomito e diarrea, febbre, La loro comparsa avviene in genere tra 12 e 48 ore dopo il contagio, con una incubazione che può arrivare a una settimana.

  • In alcuni casi, negli adulti l’infezione può essere asintomatica, mentre le forme più gravi si verificano negli anziani, nei bambini e nelle persone con deficit del sistema immunitario.
  • In genere l’infezione ha un decorso benigno e si risolve spontaneamente nell’arco di una decina di giorni.
  • In molti casi non viene richiesto il parere del medico, per questo si ritiene che il numero di casi effettivi sia molto superiore a quello segnalato.

In ogni caso è necessario rivolgersi a un medico quando sono presenti diarrea e vomito persistenti, segnali di disidratazione, sangue nelle feci, incapacità di assumere liquidi, febbre e cefalea, Per quanto riguarda le complicanze, una percentuale di adulti variabile tra il 10 e il 30% può sviluppare, a distanza di settimane dalla fine della fase acuta, l’ artrite reattiva, un disturbo che provoca dolore e gonfiore a livello di fianchi, ginocchia e tendine di Achille.

Quante persone muoiono all’anno per il botulino?

L’Istituo Superiore di Sanità ha rese note le regole per produrre conserve fatte in casa in modo da ridurre il rischio di infezioni da botulino. Infatti la tossina botulinica può essere letale: basti pensare che un grammo di tossina può uccidere 14mila persone. Come Capire Se Il Pesce È Avariato Secondo l’ISS, che ha lanciato le nuove linee guida, quando si preparano delle conserve fatte in casa bisogna porre l’attenzione al lavaggio degli utensili e delle mani con sapone. Gli ingredienti scelti devono essere di prima qualità, di stagione e se possibile freschi di raccolta e biologici.

L’olio deve essere di primissima qualità e l’aceto bianco di vino. I prodotti possono essere lavati in acqua corrente e immersi in acqua con bicabornato di sodio. I contenitori devono essere bolliti a 100 C per 5-6 ore per essere perfettamente sterilizzati. Non vanno riempiti fino all’orlo in modo da poter creare il vuoto.

Le conserve devono essere poi pastorizzate: cioè i contenitori vanno immersi in acqua che bolle. Dopo la pastorizzazione va verificato sentendo il Click-Clack del barattolo che vi sia effettivamente il vuoto all’interno di ogni singolo barattolo.

Quanto tempo ci vuole per sviluppare il botulino?

Mediamente nell’arco di 1-3 giorni, ma sono noti casi con un tempo d’incubazione variabile tra le 6 ore e i 10 giorni.

Quali alimenti sono a rischio botulino?

Botulino : alimenti a rischio nel mondo Verdure conservate a basso contenuto di acidità come barbabietole, spinaci, funghi e fagiolini. Tonno in scatola. Pesce fermentato, affumicato e salato. Prodotti a base di carne come prosciutto e salsiccia.

Cosa fare se ho mangiato pesce scaduto?

Cosa mangiare – La prima cosa da fare per riprendersi dopo un’intossicazione alimentare è rimanere a digiuno, Bisogna lasciare lo stomaco per un po’ a riposo e non mangiare nulla né di liquido, né di solido. Non è difficile perché generalmente non si ha fame. Il cibo può essere reintrodotto un po’ alla volta. All’inizio meglio mangiare alimenti secchi, facili da digerire:

pane tostato fette biscottate crackers banane mele

Successivamente potete introdurre riso e pasta ma conditi con un filo d’olio crudo e carni bianche. Per riprendervi del tutto, seguite un periodo più o meno lungo di dieta disintossicante, accompagnata da fermenti lattici per riequilibrare l’intestino. Inoltre, la può essere d’aiuto per contrastare la sensazione di nausea e vomito.

Cosa fare in caso di intossicazione alimentare da pesce?

In caso di intossicazione alimentare è consigliato chiamare tempestivamente un centro antiveleni o il pronto soccorso, riferendo che cosa si è mangiato e in quali quantità.

Cosa fare se si mangia cibo avariato?

iStock – di Serena Allevi Succede molto spesso e i sintomi, a volte, possono essere confusi o mal interpretati. Le intossicazioni alimentari sono comuni e più frequenti di quanto si creda: la maggior parte delle intossicazioni è dovuta al consumo di carne e pesce crudo non freschissimi o conservati male.

  1. Ma non solo, gli agenti causa di intossicazione sono molto numerosi.
  2. L’intossicazione alimentare consiste proprio nell’ingestione di cibo contaminato da agenti patogeni: dalla salmonella all’ Escherichia coli,
  3. Compresi tutti quei ceppi virali che possono essere trasmessi dagli alimenti.
  4. SINTOMI I sintomi dell’intossicazione alimentare possono essere diversi e anche manifestarsi in modo differente, a seconda della causa dello stato di intossicazione e del livello di quest’ultima.

I primi sintomi a fare capolino sono normalmente nausea (anche molto forte) e mal di stomaco, associati spesso a dolore addominale crampiforme e a dissenteria (con conseguente pericolo di disidratazione soprattutto per i bambini, per gli anziani e per i soggetti immunodepressi).

Al disturbo gastrointestinale, si somma un altro tipo di sintomatologia che interessa anche il livello di energia dell’organismo, Infatti, in caso di intossicazione alimentare, si può avere mal di testa associato a vertigini ( emicranie dolorose e anomale) così come sentirsi estremamente spossati, A volte, compaiono anche febbre e brividi di freddo o tremori e non è raro che si percepiscano dolori muscolari abbastanza simili a quelli causati dalle diverse forme influenzali.

Il tutto associato quasi sempre a inappetenza, Un tale quadro di sintomi può far pensare, quindi, anche a uno stato influenzale comune causato da virus che colpiscono l’apparato gastrointestinale. Solo una valutazione attenta del medico ed eventualmente esami di laboratorio potranno confermare la diagnosi di intossicazione alimentare così come le sue specifiche cause (agente patogeno).

  • Per fortuna, la maggior parte delle intossicazioni alimentari non dura molto a lungo e si risolve spontaneamente e senza l’uso di farmaci.
  • Bensì facendo attenzione alla dieta e avendo un po’ di pazienza, soprattutto per quanto riguarda l’impatto dei sintomi correlati allo stato di irritazione di stomaco e intestino.

INTOSSICAZIONE ALIMENTARE: LE CAUSE Ma perché alcuni alimenti arrivano a causare tali intossicazioni alimentari ? I motivi possono essere diversi, c’è da sottolineare che la maggior parte delle intossicazioni di tipo alimentare è causata dall’ingestione di cibi di origine animale crudi o conservati male,

Non è necessario che un alimento sia scaduto, infatti, perché possa sviluppare una carica batterica o virale anche molto pericolosa. La cottura tende a diminuire notevolmente il rischio di intossicazione alimentare. Così come è necessario conoscere bene i modi di conservazione dei diversi cibi (compresi quelli precotti e surgelati) per non incorrere in errori e pericoli di contaminazione.

Uno dei maggiori rischi di contaminazione riguarda anche la preparazione casalinga di conserve, confetture e marmellate, Infatti, non sempre “fatto in casa” è sinonimo di sano. La produzione industriale può risultare meno appetibile dal punto di vista del gusto e della scelta delle materie prime ma deve rispondere a normative ben precise e rigide riguardo la sicurezza e l’igiene dell’alimento in ogni sua fase di preparazione.

In casa, invece, si possono commettere errori in grado di generare contaminazioni anche tra diversi alimenti o sviluppo di batteri molto pericolosi (pensiamo, per esempio, alla salmonella). Dunque, quando si ha voglia di preparare una conserva è necessario seguire step by step tutte le indicazioni in merito alla corretta sterilizzazione e conservazione di cibi e contenitori.

Deleterio è anche toccare i cibi con le mani sporche (sembra banale, ma sono ancora in molti a non lavarsi le mani prima di cucinare e poi prima di consumare gli alimenti), così come non lavare accuratamente taglieri e utensili usati per lavorare carne, uova e pesce crudi.

  1. COSA FARE E COSA MANGIARE In caso di intossicazione alimentare, o sospetta tale, è necessario rivolgersi al medico curante che deciderà in merito alla necessità di esami di laboratorio specifici.
  2. Ma non solo, è sempre il medico a indicare terapia e regime alimentare consigliati.
  3. Di norma, l’intossicazione alimentare tende a risolversi da sé in circa 3-4 giorni,

La prima cosa da fare è lasciare riposare lo stomaco, quindi non ingerire cibi (né solidi né in forma liquida). Il digiuno, in questi casi agevolato anche dallo stato di inappetenza, è la prima cura per risolvere l’intossicazione alimentare. Fondamentale è, però, mantenersi sempre idratati bevendo acqua a piccoli sorsi e spesso: la disidratazione, a causa di diarrea o vomito, è infatti dietro l’angolo e può portare a pericolose conseguenze soprattutto i soggetti più deboli come bambini, anziani, donne in stato di gravidanza e soggetti immunodepressi,

Piano piano, poi, si potranno reintrodurre alcuni cibi, Preferibilmente alimenti “secchi” e comunque di semplice digestione : fette biscottate, pane tostato, cracker, mela o banana (quest’ultima efficace per contrastare la dissenteria). Bisognerà, invece, aspettare ben più a lungo prima di consumare alimenti grassi come formaggi stagionati, uova o salumi.

Lo stesso discorso vale per alcolici e caffè, davvero molto irritanti e intossicanti per stomaco e intestino già provati da un’intossicazione. Consigliato anche il riposo, dato lo stato di debilitazione generale dell’organismo con possibile abbassamento delle difese immunitarie,

Quanto ci mette un intossicazione alimentare?

Informazioni generali – Esistono oggi al mondo più di 250 tossinfezioni alimentari, che si manifestano con differenti sintomi e sono causate da diversi agenti patogeni, perlopiù batteri, virus e parassiti. Con il passare degli anni, vengono identificati continuamente nuovi patogeni (i cosiddetti patogeni emergenti, come Campilobacter jejuni, Escherichia coli 157:H7, Listeria monocytogenes, Yersinia enterocolitica, etc), alcuni dei quali si diffondono anche per effetto dell’incremento di scambi commerciali, di ricorso alla ristorazione collettiva, di grandi allevamenti intensivi e di viaggi.

Infezione Le tossinfezioni alimentari possono derivare dall’infezione con microorganismi patogeni che colonizzano le mucose intestinali oppure dall’ingestione di alimenti contaminati da questi microorganismi o anche dalla presenza nei cibi di tossine di origine microbica, che causano malattia anche quando il microrganismo produttore non c’è più.

Oltre alle tossine di origine biologica, possono causare contaminazioni del cibo anche sostanze chimiche ad azione velenosa, come ad esempio i pesticidi utilizzati in agricoltura. Per evitare questo genere di problemi, la distribuzione di queste sostanze è strettamente regolamentata.

Esistono poi categorie di alimenti naturalmente tossici, come ad esempio i funghi velenosi o alcune specie di frutti di mare. La contaminazione dei cibi può avvenire in molti modi. Alcuni microrganismi sono presenti negli intestini di animali sani e vengono in contatto con le loro carni (trasmettendosi poi a chi le mangia) durante la macellazione.

Frutta e verdura possono contaminarsi se lavate o irrigate con acqua contaminata da feci animali o umane. Fra gli altri, la Salmonella può contaminare le uova dopo aver infettato il sistema ovarico delle galline. I batteri del genere Vibrio, normalmente presenti nelle acque, vengono filtrati e concentrati dai frutti di mare, come ostriche e mitili, e quindi possono causare infezioni se gli alimenti vengono ingeriti crudi.

Le infezioni possono essere trasmesse al cibo, da parte degli operatori, anche durante la fase di manipolazione e preparazione degli alimenti (è il caso del batterio Shigella, del virus dell’ epatite A, e di molti altri patogeni) sia per contatto con le mani che con gli strumenti della cucina, utilizzati ad esempio nella preparazione di diversi alimenti e non disinfettati a dovere.

Un cibo cotto e quindi sicuro (la maggior parte dei microrganismi non resiste a temperature superiori ai 60-70 gradi) può contaminarsi per contatto con cibi crudi. Inoltre, grande importanza rivestono le condizioni in cui i cibi sono mantenuti durante le varie fasi di conservazione: la catena del freddo, ad esempio, previene lo sviluppo e la moltiplicazione di alcuni microrganismi, che per essere tossici necessitano di una popolazione molto numerosa.

  1. Sintomi e diagnosi Normalmente, il sistema interessato dalle tossinfezioni alimentari è quello gastrointestinale con manifestazione di nausea, vomito, crampi addominali e diarrea, e con una insorgenza dei sintomi in un arco di tempo relativamente breve (da ore a giorni).
  2. Nel caso di ingestione di alimenti contaminati, viene solitamente colpita la prima parte dell’apparato gastroenterico e i sintomi (nausea e vomito più che diarrea e molto più raramente febbre e brividi) si manifestano in tempi più brevi.

Nel caso invece di tossinfezioni causate da microrganismi che tendono a diffondersi anche nel sistema sanguigno, i tempi di manifestazione possono essere più lunghi, e il sintomo più frequente è la diarrea, accompagnata da febbre e brividi. Tuttavia, vi sono casi in cui i sintomi interessano altri apparati corporei e il decorso della malattia è molto diverso.

Nel caso del prione legato alla malattia di Creutzfield-Jacob, ad esempio, il periodo di incubazione può essere anche di molti anni e le manifestazioni sintomatiche non interessano il sistema gastrointestinale, ma quello neurale. La diagnosi di una tossinfezione è possibile solo attraverso test di laboratorio che identificano l’agente patogeno.

Tuttavia, in molti casi, una diagnosi non viene effettuata perché non c’è una denuncia alle autorità sanitarie dell’infezione. Inoltre, uno dei problemi in termini di gestione delle tossinfezioni alimentari è chiarire l’origine della malattia, soprattutto quando questa si trasforma in epidemia.

  1. Dato che molti microrganismi patogeni possono diffondersi anche attraverso canali diversi dal cibo (ad esempio attraverso l’acqua, l’aria o per contatto diretto), non sempre è facile per le autorità identificare la fonte dell’infezione e intervenire.
  2. Nel corso dell’ultimo secolo, le malattie di origine alimentare sono cambiate molto, soprattutto nei paesi industrializzati.

Da una prevalenza di febbre tifoidea e di colera, infatti, grazie all’implementazione di migliori pratiche di gestione degli alimenti, si è passati a malattie più recenti. Negli Stati Uniti sono stati identificati come agenti patogeni a metà degli anni ’90 il parassita Cyclospora e il batterio Vibrio parahemolyticus che ha infettato le ostriche.

  1. Negli stessi anni, l’Europa si trovava ad affrontare l’emergenza Bse, che nella versione capace di infettare gli esseri umani, la malattia di Creutzfield-Jacob, costituisce ancora oggi una delle principali preoccupazioni nel campo della sicurezza alimentare.
  2. Gli agenti patogeni Le infezioni più note sono quelle causate dai batteri Campylobacter, Salmonella, e Escherichia coli e dai virus del gruppo dei calicivirus.

Campylobacter genera febbre, crampi addominali ed è la causa più comune di diarrea al mondo. Si trova soprattutto nelle carni di volatili e pollame, che quindi dovrebbero sempre essere ben cotti. La Salmonella è uno dei batteri più comunemente diffusi come origine di una tossinfezione alimentare, e si trova negli intestini di rettili, uccelli e mammiferi.

  • I sintomi della salmonellosi sono diarrea, vomito e crampi addominali, ma in soggetti immunodepressi può causare condizioni anche molto serie.
  • I ceppi di Escherichia coli produttori di verocitotossina o Shiga-tossina (VTEC oppure STEC) sono patogeni enterici che producono una potente tossina responsabile di gravi forme morbose nell’uomo.

Esistono numerosi sierotipi VTEC, individuati attraverso gli antigeni somatico O e flagellare H. Sebbene si conoscano oltre 100 sierotipi VTEC, solo alcuni sono stati associati frequentemente a malattia grave nell’uomo sono. Tra questi, il più noto e diffuso è il sierogruppo O157 seguito da O26, O145, O111, O121, O103.

  1. Questi sierogruppi sono generalmente caratterizzati dalla presenza di fattori di virulenza aggiuntivi alla VT, in particolare la capacità di aderire e colonizzare la mucosa intestinale (gene eae ), e vengono chiamati entero-emorragici (EHEC) in relazione alla malattia clinica che causano nell’uomo.
  2. La manifestazione clinica associata a infezione da VTEC varia dalla diarrea acquosa, alla colite emorragica e alla Sindrome Emolitico Uremica (SEU).

Quest’ultima è la manifestazione più grave delle infezioni da VTEC e colpisce soprattutto i bambini. È generalmente legata agli stipiti VTEC produttori di vero tossina di tipo 2 (portatori del gene vtx2). La SEU rappresenta la causa più importante di insufficienza renale acuta nell’età pediatrica, in particolare nei primi anni di vita.

  • È caratterizzata da anemia emolitica, piastrinopenia e insufficienza renale acuta di grado variabile, sino alla necessita di trattamento dialitico sostitutivo.
  • Il 25-30% dei pazienti colpiti da SEU può essere interessato da complicazioni neurologiche.
  • Nella fase acuta, la SEU può essere fatale nel 3-5% dei casi e una percentuale simile può sviluppare insufficienza renale cronica.

I VTEC sono considerati agenti di zoonosi poiché i ruminanti, in modo particolare il bovino, sono portatori asintomatici di questi batteri e costituiscono il loro reservoir naturale. L’infezione all’uomo si trasmette attraverso l’ingestione di alimenti o acqua contaminati o per contattato diretto con gli animali.

  • Tra gli alimenti contaminati più a rischio ci sono la carne cruda o poco cotta, il latte non pastorizzato formaggi e altri derivati a base di latte non pastorizzato.
  • Anche i vegetali (frutta e ortaggi e germogli) e i succhi possono veicolare l’infezione, come dimostrato dalle numerose epidemie legate a questi tipi di alimento (spinaci, lattuga, germogli alfa-alfa).

La contaminazione dei vegetali avviene soprattutto attraverso pratiche di fertirrigazione e comunque attraverso la contaminazione con reflui zootecnici. Un’altra via di trasmissione delle infezioni da VTEC è quella oro-fecale da persona a persona. Questa via necessita di un contatto stretto tra gli individui ed è quindi molto spesso riportata nell’ambito familiare e scolastico (scuole d’infanzia e comunità).

La gravità della malattia dipende dalle caratteristiche di virulenza del ceppo infettante, dall”età e condizioni generali del paziente e dalla dose infettante, che può essere anche molto bassa (inferiore a 100). Il tempo d’incubazione di circa 3 / 4 giorni, può variare tra i 2 e gli 8 giorni. Anche nei casi complicati dalla SEU l’esordio sintomatologico è generalmente caratterizzato da diarrea spesso ematica, accompagnata da dolore addominali intenso e vomito.

La febbre, se presente, raramente supera i 38°C. Nei casi non complicati la malattia ha carattere autolimitante con una durata compresa tra 2 e 4 giorni. Le complicanze tipiche della SEU si manifestano a seguito del passaggio nel torrente circolatorio della tossina liberata nel lume intestinale.

  • Non esiste terapia specifica nei confronti dei VTEC e le infezioni vengono trattate con terapie di supporto (reidratazione, emo-dialisi e/o dialisi peritoneale, plasmaferesi, emotrasfusioni).
  • La terapia antibiotica è sconsigliata o addirittura controindicata poiché potrebbe favorire il rilascio della tossina con peggioramento delle manifestazioni cliniche.

I Calicivirus sono molto comuni ma non facilmente diagnosticati in quanto non ci sono test di laboratorio disponibili. Causano acute infezioni gastrointestinali con vomito più che diarrea, che si concludono nel giro di un paio di giorni. Si ritiene che questi virus si passino principalmente da persona a persona e che quindi un cuoco o un operatore infetto che lavori in cucina possa facilmente contaminare il cibo che tocca.

  • Altre tossinfezioni sono causate da patogeni che possono infettare l’uomo anche attraverso altre vie, come il batterio Shigella, il virus dell’epatite A e diversi parassiti.
  • In altri casi invece, la malattia non deriva dall’ingestione diretta di agenti patogeni, ma piuttosto dall’alimentazione con cibo contaminato da una tossina di origine microbica che agisce anche in assenza del microrganismo produttore.

È questo il caso del batterio Staphylococcus aureus che produce tossine in grado di causare vomito violento. A questa categoria appartiene anche il temutissimo batterio Clostridium botulinum che produce una tossina in grado di causare una paralisi mortale nel giro di 24-36 ore.