Come si muove il pesce pagliaccio? I pesci pagliaccio sono territoriali, ma non è insolito trovarli in piccoli gruppi tra le anemoni, piante acquatiche velenose che questi animali riescono a neutralizzare. Risultano anche particolarmente buffi, in quanto le loro pinne arrotondate, consentono loro solo di effettuare piccoli spostamenti.
Qual è l’habitat del pesce pagliaccio?
L’habitat – Presente lungo tutte le barriere coralline dell’Oceano Pacifico, Indiano e del Mar Rosso, non è però diffuso nei Caraibi, perché ha bisogno di vivere vicino ad alcuni tipi di anemoni di mare ( Heteractis, Stoichactis ) e di attinie ( Actiniaria ).
- Il pesce pagliaccio vive strettamente associato a questa pianta parte della barriera corallina, e trova rifugio tra i suoi rami.
- Grazie ad una mucosa e che gli ricopre il corpo, è immune dal liquido urticante secreto dai loro tentacoli.
- Si tratta di una relazione di simbiosi mutualistica, perché il pesce si nasconde, trova il cibo tra i residui e depone le sue uova nelle ramificazioni in queste varietà, ma al contempo le protegge e le nutre, respingendo anche gli attacchi dei pesci.
Inoltre fa da esca per i piccoli predatori che vorrebbero mangiarlo, di cui si nutrono invece le attinie e gli anemoni. Il loro liquido li avvelena e se ne possono cibare. Non da ultimo, questo pesce colorato smuove e ossigena l’acqua circostante, aiutando queste piante marine a respirare.
Come si è adattato il pesce pagliaccio?
Pesci Pagliaccio in acquario – allevamento e riproduzione Allevamento e riproduzione Svariate sono le ragioni che inducono un appassionato ad acquistare un pesce pagliaccio: la vivace e ben definita colorazione, il modo di nuotare, l’affascinante rapporto simbiotico con alcuni anemoni marini e la complessa gerarchia sociale.
Partendo da osservazioni effettuate in natura dagli stessi autori e conoscenze in merito alla biologia delle specie in questione,verranno trattati argomenti concernenti l’allevamento, l’acquisto dei pesci, la riproduzione e l’accrescimento delle larve. La vasca In natura, i pesci pagliaccio si allontanano raramente e solo per qualche metro dai tentacoli dell’anemone simbionte alla ricerca di eventuali prede.
In ogni caso, il reale volume d’acqua che occupano non è poi tanto superiore alla capacità di un acquario. Questo consente di utilizzare vasche non troppo capienti, variano a seconda della specie che si intende allevare. Si va dai 60-70 litri consigliati per e Amphiprion clarkii o Premnas biaculeatus. Anemoni e pesci pagliaccio Uno degli aspetti più affascinanti nella biologia di questi animali è l’interazione simbiotica strettamente specifica con alcuni anemoni di mare. Dieci sono le specie di attinie note che vivono in simbiosi con i pesci pagliaccio, ma occorre precisare che ogni anemone ospita solo alcune delle 28 specie esistenti di pesci pagliaccio.
Il fattore che sta alla base della simbiosi e della sua specificità è di natura biochimica; i pesci vengono infatti attratti da determinate molecole presenti all’interno dal muco prodotto dall’anemone. Si prenda come esempio Stichodactyla gigantea, il cui muco contiene la tyramina, una molecola che attrae una delle specie più note agli hobbisti, Amphiprion ocellaris.
Tale associazione animale presenta ancora dei lati oscuri, ma si è certi che sia il pesce pagliaccio ad adattarsi all’anemone e ai suoi tentacoli urticanti. Quest’ultimo viene attirato nelle vicinanze dell’anemone da una determinata molecola come l’esempio sopra accennato.
- Segue un lento avvicinamento all’attinia ed il tutto si conclude con il completo adattamento del pesce che modifica il proprio muco al fine di impedire le punture delle nematocisti presenti soprattutto sui tentacoli.
- L’anemone di fatto non percepisce la presenza dell’ospite ma la sua sopravvivenza in natura è strettamente legata alla convivenza con il pesce che lo difende da predatori di qualsiasi dimensione inclusi subacquei o snorkelisti invadenti, contro i quali non esita a scagliarsi.
I pesci pagliaccio, d’altra parte, non sono buoni nuotatori e, nel corso dell’evoluzione, si sono adattati a vivere tra tentacoli dell’anemone; un esemplare senza anemone è destinato ad essere predato. È questo il motivo per cui l’interazione che lega questi due animali è definita simbiosi mutualistica obbligata, in quanto la vita di un animale è strettamente correlata alla presenza dell’altra.
Merita un discorso diverso l’allevamento in cattività. Si tenga presente che l’anemone di mare è un animale secolare e data la sua alta capacità rigenerativa, può teoricamente vivere all’infinito. Spesso, durante il corso della sua esistenza, un anemone ospita diverse generazioni di pesci pagliaccio, i quali possono vivere fino a trent’anni! Si è a conoscenza dell’esistenza in Nuova Zelanda di un anemone di piccole dimensioni di 300 anni di vita.
Tale longevità non si riscontra in cattività,dove la maggior parte degli anemoni di mare muore nel giro di un paio di mesi. Questi animali,le cui difficoltà di allevamento sono spesso sottovalutate, sono molto delicati, hanno bisogno di molta luce,temperatura costante e forte movimento dell’acqua che deve essere di ottima qualità.
- Non devono dunque essere considerati come un qualcosa che abbellisca l’acquario o migliori la vita dei pesci, ma come animali secolari alla stregua di alberi pluricentenari.
- Si consiglia quindi di non utilizzare mai l’anemone nell’allevamento dei pesci pagliaccio che adotteranno in alternativa vasi di terracotta, piccole anfore, conchiglie, coralli molli o duri, come “surrogati” di anemone, difendendoli con la stessa decisione e veemenza con le quali proteggerebbero un vero anemone simbionte.
In ogni caso, l’assenza dell’attinia in acquario non influirà negativamente nella vita dei pesci, né tanto meno precluderà loro la possibilità di riprodursi. La scelta degli esemplari e la formazione della coppia Sempre più spesso si possono trovare, dai rivenditori specializzati, pesci marini di allevamento.
Questo grazie alla ricerca scientifica applicata ai campi dell’acquacoltura e dell’acquariologia che, utilizzando ceppi planctonici appropriati, ha ottimizzato lo sviluppo larvale di alcune specie di pesci marini tropicali tra taglio figurano quasi tutte le 28 specie di pesci pagliaccio. In generale, un pesce di allevamento è più resistente di una cattura e quasi mai risulta essere affetto da agenti patogeni.
Per questo ed altri motivi di carattere ecologico è consigliabile acquistare animali nati in cattività, che hanno oltremodo essere abituati sin dalla nascita alla vita in acquario e non hanno subito traumi quali la cattura e i viaggi transoceanici. In natura si possono osservare diverse condizioni.
Uno, a volte anche due anemoni, possono ospitare una persona di adulti o un gruppo di giovani esemplari. Si rinvengono di sovente anche popolazioni di decine o centinaia di pesci ospiti di intere colonie di anemoni simbionti, ma molto di rado individui solitari. Anche in acquario quindi è consigliabile al di là di un esemplare, considerando sempre la capacità dell’acquario.
Alla fine di evitare litigi che spesso terminano con la morte degli individui più piccoli, si suggerisce di acquistare esemplari che finiranno con il formare una coppia. Una domanda molto frequente tra gli appassionati riguarda la determinazione del sesso degli animali allevati.
- I pesci pagliaccio sono ermafroditi proterandrici.
- A metamorfosi avvenuta, tutti i giovanili sono maschi non fertili; in un gruppo di giovani individui, l’esemplare più forte e più grande, raggiunta una certa taglia che varia a seconda della specie, diventa femmina.
- Il secondo individuo nella scala gerarchica matura diventando un maschio fertile; la coppia è cosi formata.
In ogni caso e per nessuna delle 28 specie l’evento è reversibile; una volta femmina, l’esemplare non può più invertire il proprio sesso. Tenendo presente ciò, al fine di ottenere la formazione di una coppia si sconsiglia acquisire di individui che hanno raggiunto la taglia massima,in quanto, considerata anche la spiccata territorialità di queste specie, due femmine in acquario combatterebbero sino alla morte della più debole.
- Al contrario, due esemplari di diversa taglia o di piccole dimensioni, dopo un breve periodo di ambientamento e innocui litigi, formeranno la coppia desiderata.
- Un secondo modo, ma molto più dispendioso del primo, è quello di procurarsi un gruppo di giovani, tra i quali, come sopra descritto, verrà a formarsi una coppia.
È consigliabile quindi allontanare gli altri pesci che, in vasche non sufficientemente capienti, verrebbero uccisi dai due esemplari dominanti. La riproduzione Non di rado è possibile pesci pagliaccio intenti alla cura degli embrioni all’interno di magnifiche vasche popolate da coralli e invertebrati di ogni genere. Infatti, una buona qualità dell’acqua, fattore determinante nella riuscita dell’allevamento degli invertebrati, può indurre una coppia a deporre.
Ancora più importante è invece l’alimentazione che deve essere la più varia e ricca possibile. Un buon mangime secco integrato con del surgelato è prerogativa essenziale per una buona qualità delle uova e, successivamente, delle larve. Da evitare l’uso di Artemia, cibo estremamente povero dal punto di vista nutrizionale, alla quale si possono preferire invece mysis o krill, ottima fonte questi ultimi di carotenoidi e acidi grassi polinsaturi della serie omega 3.
Esistono determinati segnali che possono far presagire una imminente deposizione; in una coppia ben affiatata e adattata all’ambiente ricreato in vasca, la femmina risulta molto aggressiva, scagliandosi contro qualsiasi cosa si avvicini all’anemone o al surrogato adottato dalla coppia, non esitando a mordere le mani dell’appassionato intento alla pulizia della vasca.
Inoltre, qualche giorno prima della deposizione, è spesso visibile un vistoso rigonfiamento dell’addome della femmina, segno dell’avvenuta maturazione degli oociti. Spesso la coppia risulta in questo periodo molto nervosa, talvolta è possibile anche osservare il maschio nuotare freneticamente davanti alla femmina, nella quale, già qualche ora della deposizione, è visibile l’ovopositore, organo stretto e lungo 2 mm circa.
L’avvenuta maturazione degli oociti nell’ovario della femmina induce, mediante stimoli biochimici, l’idratazione dello sperma nel maschio, il quale risulta così pronto per la fecondazione. La riproduzione è tipica della famiglia Pomacentridae; è il maschio a pulire il substrato di deposizione dopodiché è possibile assistere all’accoppiamento durante il quale la femmina depone file di uova immediatamente fecondate dal partner.
Il tutto può durare fino a due ore dopodiché la femmina torna a difendere il territorio, lasciando al compagno il compito di accudire gli embrioni in sviluppo è decisamente determinato dalla temperatura e dalle qualità dell’acqua. La schiusa avviene dopo 7-10 giorni dalla deposizione; il maschio facilita l’evento con un caratteristico movimento delle pinne pettorali e caudale.
Le larve si disperdono per tutto l’acquario e da questo momento, se non isolate, rappresentano un’ottima fonte di cibo per tutti i pesci presenti in vasca, genitori compresi. Se si offrono un ambiente ed un alimentazione adeguati, la coppia continuerà a deporre ogni due settimane per diversi anni senza mai arrestarsi.
Da qui l’esigenza di ottimizzare una dieta prevalentemente a base di cibo fresco in grado di fornire, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, tutti gli elementi necessari per la produzione di gameti di buona qualità. Lo svezzamento delle larve e l’accrescimento dei giovanili I pesci pagliaccio, come d’altronde tutti gli appartenenti alla famiglia Pomacentridae, curano la prole sino alla schiusa.
Rotta la membrana corionica che avvolge e protegge gli embrioni sino alla nascita, le larve, già in grado di nuotare, si disperdono andando a costruire il meroplancton. La schiusa avviene dopo qualche ora dallo spegnimento delle luci; tale strategia permette in natura maggiori opportunità di sopravvivenza data la ridotta pressione predatoria nelle ore notturne.
Occorre innanzitutto, precisare che l’allevamento delle larve dei pesci pagliaccio, sebbene richieda più attenzione e tempo rispetto alle specie di acqua dolce, non dovrebbe essere considerato proibitivo per il vero appassionato. Grazie ai giganteschi passi compiuti dalla ricerca applicata in questo campo, è ora possibile ottenere riproduzioni di successo anche a casa.
Alcune ore prima della schiusa, il substrato di deposizione viene rimosso per spostarlo in una vasca adatta alla crescita di larve e giovanili. L’acqua deve avere le stesse caratteristiche chimico-fisiche di quella presente nell’acquario dei genitori.
Considerando le dimensioni, i nauplii di Artemia sono eccessivamente grandi a causa dell’apertura della bocca della larva. Vengono quindi utilizzati i Rotiferi, cibo scadente dal punto di vista nutrizionale, ma di cui è possibile ottenere grandi quantità in spazi e tempi ridotti. Considerando l’importanza assoluta dell’alimentazione in questa fase molto delicata della vita del pesce, è necessario fornire ai Rotiferi, prima dell’alimentazione, un alimento adeguato come le alghe unicellulari tra le quali ricordiamo Chlorella spp, Isochrysis spp, Nannochloropsis spp.
Inoltre, è consigliabile arricchire la cultura dei rotiferi con speciali miscele di vitamine e acidi grassi polinsaturi, composti essenziali di questi ultimi nel controllo dello sviluppo del sistema nervoso e visivo delle larve. Nell’arco di una giornata si effettueranno più somministrazioni al fine di mantenere nella vasca una concentrazione pari a 20 rotiferi/millilitro.
- Adottando tali accorgimenti nel giro di 6-10 giorni è possibile passare gradualmente ai naupli di Artemia salina.
- A seconda della specie, dopo 10-14 giorni dalla schiusa, le larve, sotto l’effetto degli ormoni tiroidei, metamorfosano, cambiando nel giro di qualche giorno morfologia, colorazione e abitudini comportamentali.
I giovanili si spostano verso il fondo della vasca e da questo momento iniziano combattimenti ricorrenti, ma del tutto innocui, per la definizione della gerarchia sociale. È possibile ora somministrare anche cibo secco polverizzato per poi passare agli stessi tipi di mangime utilizzati per i genitori.
L’ottenimento di un gruppo di giovani pesci pagliaccio riprodotti in casa deve rappresentare per l’appassionato un grosso successo poiché,oltre a ripagare sforzi e sacrifici, contribuisce alla salvaguardia della specie. Si ricordi che per ogni pesce pagliaccio frutto della riproduzione in cattività, un altro esemplare continua a nuotare tra i tentacoli dell’anemone simbionte nel mare tropicale di origine.
: Pesci Pagliaccio in acquario – allevamento e riproduzione
Quanti anni vive un pesce pagliaccio?
L’aspettativa di vita In natura, i Pesci pagliaccio possono raggiungere i dieci anni di età, mentre in acquario arrivano solitamente a circa cinque anni.
Come dormono i pesci pagliaccio?
Come dormono i pesci? Continuano a nuotare o dormono da qualche parte? In questo articolo cercheremo di rispondere a questa domanda che spesso viene posta dai più piccoli. Quasi tutti gli animali dormono e i pesci fanno parte di quelli che ” dormono “. Noi umani per addormentarci chiudiamo le palpebre, i pesci al contrario non ne dispongono (in quanto non ne hanno bisogno, sott’acqua la polvere non può entrare nei loro occhi) ma si “addormentano” ugualmente.
Perché il pesce pagliaccio si chiama pesce pagliaccio?
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Come leggere il tassobox Pesci pagliaccio | |
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Amphiprion ocellaris Amphiprion ocellaris | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Sottoregno | Eumetazoa |
Superphylum | Deuterostomia |
Phylum | Chordata |
Subphylum | Vertebrata |
Infraphylum | Gnathostomata |
Classe | Actinopterygii |
Sottoclasse | Neopterygii |
Infraclasse | Teleostei |
Superordine | Acanthopterygii |
Ordine | Perciformes |
Sottordine | Labroidei |
Famiglia | Pomacentridae |
Sottofamiglia | Amphiprioninae |
Genere | 2 ( Amphiprion, Premnas ) |
Specie | 30 |
Nomi comuni | |
Pesci pagliaccio, pesci anemone, amfiprioni | |
Areale | |
La sottofamiglia Amphiprioninae ( Pomacentridae ) comprende un gruppo di pesci teleostei comunemente chiamati pesci pagliaccio o pesci anemone, e in passato amfiprioni, Uno di questi pesci, Amphiprion ocellaris, è probabilmente uno dei pesci più conosciuti al mondo, grazie al film d’animazione Alla ricerca di Nemo che lo ritrae come protagonista.
- Sono detti pesci pagliaccio per via delle loro livree estremamente colorate, tendenti al rosso-arancio e striate di bianco o azzurro, che ricordano i trucchi da clown.
- L’appellativo di pagliacci è però anche usato per ricordare il goffo e buffo modo di nuotare (possiedono infatti grandi pinne arrotondate e adatte solo a piccoli spostamenti).
Vengono altrimenti detti, anche se meno comunemente, pesci anemone per via del loro famoso rapporto di simbiosi mutualistica con una decina di specie di anemoni di mare, Sono diffusi in quasi tutte le calde barriere coralline tropicali, una grande eccezione è l’assenza di specie nelle coste caraibiche,
Come si muovono i pesci?
MOVIMENTO DEI PESCI – In generale, la velocità dipende dal corpo e dalla tecnica di nuoto, ma le tipologie di movimenti degli animali marini più diffuse sono cinque. La spinta delle pinne. I pesci riescono a muoversi grazie alle contrazioni dei muscoli e alla spinta che arriva dalla pinna di coda.
- Le altre pinne invece fanno da timone.
- Il cavalluccio marino è l’unico pesce che nuota in verticale, molto lentamente e con piccole pinne.
- I serpenti marini.
- In questo caso il movimento nel mare è molto diverso, e ricorda da vicino quello di questi animali sulla terra.
- I serpenti marini e le anguille, infatti, nuotano, e quindi avanzano nell’acqua, muovendo il corpo con scatti veloci a forma di S.
Stile delfino. Non è un caso se nella disciplina sportiva del nuoto esista anche lo stile delfino: è preso proprio dai movimenti nel mare di alcuni animali che lo popolano. Delfini, foche, balene e tartarughe si muovono appunto con lo stile delfino. Che cosa significa? Sono dotati di pinne molto larghe, simili a remi, e perfette per nuotare anche con molta energia e buona velocità.
- Il movimento da aspirazione.
- Le maestre, in questo tipo di movimenti, sono le meduse,
- Aspirano l’acqua e con questo movimento che riguarda bocca e fiato, riescono a spingersi in avanti.
- Motore a getto.
- Il polpo invece si muove grazie all’acqua che risucchia e poi espelle attraverso un tubo detto “sifone”.
In questo modo e con questo esercizio avanza molto velocemente e riesce a sfuggire ai cacciatori trascinando i suoi tentacoli.
Che cosa indossa un pagliaccio?
Ispirazioni per il tuo costume da clown – Abbiamo molte opzioni se abbiamo intenzione di vestirci da pagliaccio. Un’idea grandiosa sarebbe trovare i costumi per tutta la famiglia per bambini, uomo, donna e persino costumi da pagliaccio per bebè. Quello che conta è scegliere il costume che ti piace di più e ti proponiamo diversi tipi:
Il costume da clown del circo : è il tipo di clown più conosciuto. Il clown del circo è vestito con abiti di vari colori molto suggestivi e con pantaloni e maglietta molto larghi. Possono indossare giacche, bretelle, papillon, cappelli e naturalmente grandi scarpe e altri accessori come una parrucca colorata o un grande naso rosso. Questo costume da pagliaccio elegante o questo costume da pagliaccia per bambina, sono due buoni esempi di clown del circo.
Costume da Arlecchino : Gli Arlecchini sono personaggi apparsi nella “Commedia dell’arte” italiana del XVI secolo. Erano personaggi vestiti con abiti realizzati a partire dai resti di tessuti differenti. A poco a poco il loro vestito è stato convertito in abiti in bianco e nero in cui predominavano i rombi.
Costume da giullare : un concetto simile all’Arlecchino, anche se con un look più divertente e dinamico. Erano i pagliacci del Medioevo, che intrattenevano le corti dei re e dei nobili dell’epoca. Di solito indossavano abiti dai colori vivaci e sgargianti assieme a grandi cappelli con sonagli, molto divertenti.
Costumi dei clown famosi : nella storia del cinema e della televisione, abbiamo avuto modo di conoscere molti pagliacci, come Pennywise di “It”, Krusty il clown dei Simpson o il celebre Joker che hanno segnato la nostra infanzia e adolescenza. Potrai trovare il costume di “It The Movie”, con l’abito bianco e rosso, simile a quello di un Arlecchino, o il classico costume Pennywise, con il costume giallo e il gilet nero, viola e verde. Lo stesso vale per Joker, abbiamo il costume Joker ne Il Cavaliere Oscuro, nel suo famoso abito viola con gilet verde, o il costume di Joker in Suicide Squad, con un look più da strada e capelli verdi corti tirati indietro.
Qual è il femminile di pagliaccio?
Femm.) pagliaresca (s. femm.) pagliaresco (agg.)
Come si chiama il naso rosso dei clown?
Teoria e genealogia del clown Il progetto di ricerca “Teoria e genealogia del clown” si concentra sulla natura paradossale del clown e sulla “empia trinità” – costituita dai tipi “bianco”, “rosso” e “nero” – di questa figura. L’obiettivo è quello di fornire un’analisi completa del clown con le sue molteplici implicazioni sociologiche, filosofiche e antropologiche al di là del suo sviluppo e della sua proliferazione nelle arti.
La Scuola Teatro Dimitri è stata co-fondata dal clown Dimitri e continua a portare il nome di questo artista anche da quando è stata ribattezzata Accademia Teatro Dimitri, mentre parti dei programmi dei suoi corsi di laurea Bachelor e Master sono dedicate alla clownerie: in tale contesto è stato naturale sviluppare una linea di ricerca dedicata specificamente al clown, a completare il più ampio quadro dedicato al physical theatre.
L’idea di base è stata di fornire materiale per integrare il lavoro pratico con indagini storiche e teoriche. Queste ultime assumono particolare importanza se si pensa che il clown in diverse enciclopedie teatrali non figura nemmeno. Storicamente il tema delle clownerie spesso non è stato considerato un argomento all’altezza di esplorazioni da parte degli istituti di Studi teatrali delle università, come se il clown fosse una proprietà esclusiva del circo.
Gli studi teatrali sembrano aver seguito per lungo tempo le disposizioni della riforma napoleonica dei teatri di Parigi all’inizio del XIX secolo, quando i funzionari divisero le varie forme teatrali in due categorie: i “grandes théâtres” (basati sul discorso letterario e sul canto lirico, cioè il dramma o la partitura basati sul “teatro letterario”) e i “théâtres secondaires” (basati sulla performance, sull’azione, sulla commedia, sullo spettacolo, cioè su forme di “teatro fisico”).
Il circo, non considerato una forma di teatro, non figurava in questa distinzione. Ai clown era proibito l’uso del dialogo, per cui erano costretti a recitare come figure mute. Essendo questa figura legata al circo dal XIX secolo in poi, le origini del clown nel teatro inglese del XVI secolo sono state dimenticate, mentre il termine “clown” è stato adottato nella maggior parte delle lingue europee per indicare il personaggio del circo.
Il circo ha creato due tipi distinti di clown: il “bianco” e il “rosso”. Essi costituiscono una coppia simbiotica. Il clown rosso – quello con il naso rosso (noto come “Augusto”) – rappresenta la goffaggine, la ridicolaggine, il fallimento, la disorganizzazione, la trasgressione, l’anarchia, l’emotività, il bambino, la pancia.
Il suo contrario, il clown bianco, sta per l’ordine, le regole, l’autorità, le norme, la disciplina, la razionalità, la genitorialità, la testa. Il loro rapporto non è altro che l’esternalizzazione dei conflitti interiori dell’essere umano, espressi nella configurazione di due figure separate.
Nei giochi di contraddizione del clown bianco e del rosso riconosciamo la nostra stessa natura. Non è il clown che inciampa, è l’umanità a essere rappresentata dal clown. Il clown accetta e celebra la follia della specie umana, la scissione tra ragione ed emozione, tra capacità razionali e convinzioni irrazionali.
Nel circo il clown è l’umano che, nel modo di giocare, riesce a sospendere questa scissione in una paradossale unità di opposti. Se il clown dal naso rosso è diventato l’immagine iconica del clown nel corso del XX secolo, questa immagine è stata recentemente messa in crisi da un nuovo tipo di personaggio.
Dopo Pennywise, il clown della versione cinematografica del romanzo “It” di Stephen King apparso nel 1990, seguito dal violento e criminale Joker del film di Christopher Nolan “Il cavaliere oscuro” del 2008, è emerso nella cultura popolare il “clown malvagio”, variamente definito “horror clown” o “clown killer”.
In linea con l’idea di rosso e di bianco, si può definire questo tipo di clown “nero”. Piuttosto che ridere di sé stesso, questo ride degli altri, è lui che si diverte. Il cinema, però, ha reso popolare in questo caso solo il lato oscuro del clown, che d’altra parte è sempre presente in modo latente in figure come l’imbroglione Mefistofele o anche come Arlecchino, il cui nome deriva forse da “piccolo diavolo” (“helleken, hellekîn”).
Perché il pesce pagliaccio si chiama pesce pagliaccio?
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Amphiprion ocellaris Amphiprion ocellaris | |
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Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Sottoregno | Eumetazoa |
Superphylum | Deuterostomia |
Phylum | Chordata |
Subphylum | Vertebrata |
Infraphylum | Gnathostomata |
Classe | Actinopterygii |
Sottoclasse | Neopterygii |
Infraclasse | Teleostei |
Superordine | Acanthopterygii |
Ordine | Perciformes |
Sottordine | Labroidei |
Famiglia | Pomacentridae |
Sottofamiglia | Amphiprioninae |
Genere | 2 ( Amphiprion, Premnas ) |
Specie | 30 |
Nomi comuni | |
Pesci pagliaccio, pesci anemone, amfiprioni | |
Areale | |
La sottofamiglia Amphiprioninae ( Pomacentridae ) comprende un gruppo di pesci teleostei comunemente chiamati pesci pagliaccio o pesci anemone, e in passato amfiprioni, Uno di questi pesci, Amphiprion ocellaris, è probabilmente uno dei pesci più conosciuti al mondo, grazie al film d’animazione Alla ricerca di Nemo che lo ritrae come protagonista.
Sono detti pesci pagliaccio per via delle loro livree estremamente colorate, tendenti al rosso-arancio e striate di bianco o azzurro, che ricordano i trucchi da clown. L’appellativo di pagliacci è però anche usato per ricordare il goffo e buffo modo di nuotare (possiedono infatti grandi pinne arrotondate e adatte solo a piccoli spostamenti).
Vengono altrimenti detti, anche se meno comunemente, pesci anemone per via del loro famoso rapporto di simbiosi mutualistica con una decina di specie di anemoni di mare, Sono diffusi in quasi tutte le calde barriere coralline tropicali, una grande eccezione è l’assenza di specie nelle coste caraibiche,
Quale vantaggio riceve il pesce pagliaccio vivendo nel anemone?
Al riparo tra i tentacoli – Se si è un piccolo pesce in un ambiente pericoloso come una barriera corallina, quale migliore difesa che vivere in una fortezza di cellule urticanti? È proprio quello che fanno i pesci pagliaccio, un gruppo di pesci tropicali dell’Indo-Pacifico resi famosi dal film d’animazione “Alla ricerca di Nemo” della Pixar Animation Studios.
Questi pesci vivono in simbiosi con le anemoni, invertebrati imparentati con le meduse. I pesci pagliaccio riescono a evitare le punture perché sono rivestiti da un muco protettivo che impedisce ai tentacoli dell’anemone di rilevarli come nemici. Per il pagliaccio il vantaggio è ovvio e, infatti, questi pesci sono molto gelosi delle loro “anemoni personali”.
anemoni e pagliacci simbiosi perfetta – Puerto Galera 2016
In cambio l’anemone riceve un servizio di sorveglianza contro i pesci farfalla che possono attaccare le sue parti non protette. In un’unica anemone s’incontrano solitamente più pesci: quella più grande è la femmina, di solito accompagnata da un maschio maturo e spesso da altri maschi giovani.