Come Togliere L’Odore Al Pesce?

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Come eliminare l’odore di pesce in cucina – La prima cosa importante da fare per eliminare l’odore di pesce, è quella di rimuovere ogni traccia di cibo avanzato, ossia le lische e le teste. Gettate quindi tutti i resti in un sacchetto ben sigillato e ponetelo su un balcone, in modo da lasciare gli odori fuori casa.

A questo punto lavate le stoviglie, riempiendo la vasca del lavello con acqua ben calda, detersivo dei piatti e due cucchiai di bicarbonato di sodio, ottimo per cancellare gli odori e detergere la superficie. Qualora aveste una lavastoviglie, riponete tutto all’interno. Successivamente cospargete l’interno con una dose di bicarbonato, e infine programmate il lavaggio più lungo.

Se avete cucinato sui fornelli e avete utilizzato la cappa, dovrete necessariamente detergere quest’ultima. Smontate la cappa e sostituite il panno assorbi-odori o lavatelo bene in acqua bollente, detersivo per piatti e bicarbonato. Pulite poi, con un mix di bicarbonato, limone e una dose di detersivo le altre superfici come la piastre della cucina e i pavimenti, in quanto durante la cottura il vapore e gli odori incidono su tutto.

Infine sciacquate bene. Se ci sono incrostazioni, strofinate con una spugnetta abrasiva. Per eliminare l’odore di pesce in casa, potete anche far bollire una pentola di acqua contenente buccia di mandarino e chiodi di garofano, oppure usare qualche rametto di rosmarino. Lasciate il recipiente riposare in cucina e se serve in sala da pranzo: il profumo delle erbe eliminerà l’odore persistente di pesce.

: Come eliminare l’odore di pesce in cucina

Perché si usa l’ammoniaca nel pesce?

Come eliminare profumo di pesce in casa.

Additivi e coadiuvanti per il pesce: la chimica nel nostro piatto Il marketing commerciale è divenuto ai giorni nostri una vera e propria scienza dove la psicologia e la statistica la fanno da padroni. La pubblicità martellante in TV, con i suoi prodotti belli e colorati, ha talmente condizionato la percezione dei consumatori da indurli, loro malgrado, ad acquistare solamente alimenti perfetti nell’aspetto, con colori brillanti, gonfi, pieni di sostanza.

Per il consumatore disinformato assume poi scarsa importanza se detti prodotti hanno quell’aspetto invitante solo perché hanno subito uno o più trattamenti chimici, anche tossici; l’importante e che sulla propria tavola e sul proprio piatto siano presenti gli stessi prodotti che hanno visto sui depliants pubblicitari o in televisione.

Ad eccezione di quelli venduti nei negozi bio, attualmente il 95% degli alimenti che acquistiamo nei supermercati è trattato con additivi e conservanti che, nonostante siano consentiti dalla legge, non danno nessuna garanzia per la salute dei consumatori.

Anche il pesce, che in teoria dovrebbe avere molti trattamenti in meno delle bistecche e degli altri alimenti, visto che una volta pescato viene posto in vendita nelle pescherie nel giro di poco tempo, non è immune ai trattamenti chimici dovuti al mercato che lo vuole sempre più fresco e lucente, alla stregua della frutta che viene lucidata o della bistecca che viene colorata.

L’impatto immediato che ha il consumatore nei confronti dei prodotti ittici è prima di tutto sensoriale e si basa su alcuni parametri che gli consentono di verificare il grado di freschezza, la conservabilità e il valore commerciale. Come tutti sapranno, il valore commerciale del pesce è direttamente proporzionale a quattro paramentri: freschissimo, fresco, stantio e alterato.

  1. La tabella ufficiale dell’Unione Europea divide in quattro categorie i pesci e per ognuna di queste vengono prese in considerazione 4 percezioni sensoriali (3 visive e una olfattiva): la pelle, gli occhi, le branchie e l’odore.
  2. Purtroppo gli operatori del settore alimentare, per le esigenze di mercato precedentemente descritte, al fine di conservare il più a lungo possibile il valore commerciale del pescato, ricorrono molto spesso (e ad insaputa dei consumatori) alle sostanze chimiche, per camuffare il grado di freschezza del pesce e l’odore.
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Una regola che non viene quasi mai rispettata è che quando il pesce fresco viene trattato con additivi leciti, deve essere classificato come prodotto alimentare “trasformato”, e, quindi, non è consentito riportare in etichetta la parola “fresco”, facendo credere al consumatore che sia tale.

  1. La cosa grave è che i trattamenti, nonostante gli obblighi previsti dalla legge, non vengono elencati nel cartellino dei prodotti e, ancora più grave, è che, spesso, le sostanze utilizzate sono tossiche per la salute.
  2. Le sostanze maggiormente usate Il pesce che ha perso la sua naturale freschezza viene lavato con acqua, sale e aceto; le branchie possono essere colorate con anilina e ammoniaca; per ravvivarne il colore viene spesso usato il nitrato di potassio.

Accanto a questi trattamenti “soft”, ce ne sono altri ben più pesanti come il cafados, il perossido di idrogeno e il cloro. Il cafados è sicuramente il più pericoloso perché è praticamente irrintracciabile. Si tratta di un additivo non commerciabile in Italia, di provenienza spagnola, che viene utilizzato da solo o con acqua ossigenata per conservare i caratteri di freschezza del pesce, che così si presenta apparentemente vivo.

Il Cafados è salito agli onori della cronaca nell’estate 2010, quando un’operazione dei NAS, a Bari, ha condotto al sequestro di grosse partite di pescato trattate con questo prodotto chimico. L´additivo veniva acquistato direttamente dalla Spagna prevalentemente tramite Internet. Il cafodos ha un´azione sbiancante e non aggiunge nessun tipo di odore o sapore.

I danni che può procurare all’organismo umano sono consistenti. Secondo Alberto Mantovani, tossicologo e ricercatore del dipartimento di Sanità Alimentare ed Animale dell’ Istituto superiore della sanità, il cafados «Può dare avvelenamento acuto, però non serio.

  1. Diciamo un’allergia violenta.
  2. Certo nei casi di pazienti particolari, come per esempio i cardiopatici, i problemi possono essere molto più gravi».
  3. Altra sostanza utilizzata comunemente anche se vietata dalla legge è il Perossido di idrogeno o acqua ossigenata.
  4. Nei pesci questa sostanza ha il ruolo di sbiancante, ovvero di “metterli a lucido” per farne risaltare la caratteristica brillantezza.

Anche se il perossido di idrogeno non è pericoloso sull’alimento, costituisce comunque una frode commerciale, poiché nasconde la scarsa qualità del prodotto, camuffandone i caratteri di freschezza. Questa sostanza viene spesso utilizzata sul pesce di importazione che viene prima scongelato, trattato con H2O2, lavorato e poi ricongelato.

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In etichetta viene descritto come “additivo e/o coadiuvante tecnologico”, allo scopo di eludere il consumatore; tuttavia è da evidenziare che, per definizione, “l’additivo è una sostanza che persegue un fine tecnologico” e “il coadiuvante rispetta un determinato obiettivo tecnologico”. Nel nostro caso l’H2O2 persegue il fine tecnologico di conservare, sbiancare e far brillare l’alimento, ma essendo volatile, non può essere considerato un ingrediente (e quindi elencato nell’etichetta commerciale del pesce).

Ed ecco come, elegantemente, è possibile aggirare la legge! E’ da evidenziare che nel 2010 il Ministero della Salute, al fine di eviatare interpretazioni futili o ambigue, ha diramato la nota chiarificatrice n.13093, del 29 aprile 2010, nella quale viene rimarcato il divieto di utilizzo di acqua ossigenata nei prodotti della pesca destinati al consumo alimentare umano.

  • Nella nota viene evidenziato che gli unici additivi utilizzati nei prodotti alimentari di origine animale sono quelli contemplati dal Decreto Ministeriale del 27 febbraio 1996 n.209.
  • Un altro prodotto utilizzato abusivamente per prolungare la vita commerciale del pescato è il cloro, che, a differenza dell’acqua ossigenata, figura tra gli additivi consentiti e viene utilizzato come decolorante e sbiancante.

Ma l’elenco dei prodotti chimici utilizzati per prolungare la vita commerciale del pesce non finisce qui, perché in internet esistono siti, come lo spagnolo, che vendono prodotti chimici di ultima generazione, alla luce del sole, in barba alle varie Polizie europee.

In un attimo si avrebbe il quadro completo dei commercianti “furbi” italiani!Ma la soluzione è troppo semplice e per questo nessuno l’adotterà mai!Piero Nuciari

(Fonte: www.ssica.it) (Visited 8.021 times, 1 visits today) : Additivi e coadiuvanti per il pesce: la chimica nel nostro piatto

Perché quando mangio pesce puzza l’urina?

Sindrome da odore di pesce, di cosa di tratta – La Trimetilaminuria (Tmau), nota anche come “sindrome dell’odore di pesce”, è dovuta all’alterazione nel metabolismo della trimetilammina (TMA), un’ammina terziaria maleodorante. Questo composto organico “è normalmente ossidato dalla monoossigenasi-3 contenente la flavina (FMO3) in trimetilammina-N-ossido (TMAO), inodore” si legge sul sito dell’UniMe,

Che puzza di pesce marcio?

News in Medicina – Cos la trimetilaminuria, la sindrome che ci fa odorare come il pesce marcio Conosciuta col nome di sindrome da odore di pesce, la trimetilaminuria una malattia metabolica che colpisce prevalentemente le donne e come suggerisce il nome fa emettere uno sgradevole odore di pesce marcio, da urine, sudore e alito.

Pu essere di origine genetica o svilupparsi in seguito a disturbi ormonali e metabolici. Ad oggi non esiste una cura La sindrome da odore di pesce, il cui nome scientifico trimetilaminuria (TMAU), una patologia caratterizzata dall’emissione di un odore molto sgradevole, simile a quello del pesce marcio.

La variante pi nota quella congenita, cio presente sin dalla nascita, ma pu svilupparsi anche in seguito a disturbi ormonali o deficit metabolici. Nella forma genetica (autosomica recessiva) si manifesta durante lo svezzamento e l’odore emesso non costante, ma si intensifica consumando determinati alimenti o in specifiche fasi della vita.

L’incidenza maggiore nelle donne, forse perch pi influenzata da estrogeni e progesterone. In base a quanto indicato dall’autorevole portale orpha.net, non si tratta di una malattia rara in Europa. Ecco cosa c’ da sapere. sommari. Cos’ la trimetilaminuria Sintomi e complicanze della trimetilaminuria Diagnosi e cura Cos’ la trimetilaminuria La trimetilaminuria (TMAU) una malattia metabolica che comporta l’emissione di un forte e sgradevole odore paragonabile a quello del pesce marcio, per questo nota col nome comune di sindrome da odore di pesce.

La malattia pu scaturire da due percorsi differenti: il primo, pi noto e diffuso, legato a mutazioni del gene monoossigenasi-3 contenente la flavina, che alterano l’enzima in grado di metabolizzare e convertire l’ammina trimetillamina (TMA) un composto maleodorante legato alla decomposizione nella inodore trimetilamina N-ossidata.

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In parole semplici, il composto nauseabondo si accumula nell’organismo a causa della mancata trasformazione e viene emesso all’esterno tramite urine, sudore e alito. Nel secondo percorso l’odore provocato da un’eccessiva escrezione di trimetillamina, che pu essere dovuta a malattie del fegato, alterazioni intestinali e ormonali.

Sintomi e complicanze della trimetilaminuria. Al di l dell’emissione del cattivo odore, la patologia non comporta altre disfunzioni fisiche. Come indicato, l’odore emanato pu essere pi forte in determinate circostanze e fasi della vita, ad esempio durante la pubert, durante il ciclo mestruale e nei giorni appena precedenti nelle donne, dopo uno sforzo fisico o aver mangiato determinati alimenti che contengono i precursori della trimetillamina, alla stregua della lecitina, della colina e della carnitina.

  • L’impatto pi devastante della patologia a livello psicologico, dato che la trimetilaminuria spesso conduce i pazienti verso solitudine, isolamento sociale, ansia e depressione, con tutto ci che ne consegue.
  • Molti malati giovani spesso abbandonano la scuola, e le difficolt nel trovare e mantenere un lavoro li spingono a una vita ai margini della societ, acuendone la condizione psicologica.

Anche coltivare relazioni intime per chi soffre di questa sindrome pu essere complicato. Diagnosi e cura La patologia viene normalmente diagnosticata attraverso la misurazione delle concentrazioni di trimetillamina nelle urine e successivamente confermata con test genetici ad hoc, laddove possa sussistere la forma ereditaria.

  1. Ad oggi non esiste una cura efficace per debellare la condizione, tuttavia i pazienti possono adottare dei comportamenti per ridurre l’intensit del cattivo odore emesso.
  2. Al di l delle continue docce con saponi a uno specifico Ph e dei deodoranti utilizzati in grande quantit, spesso in maniera ossessiva come nel caso della giovane britannica Kelly Fidoe-White affetta dalla condizione, i pazienti possono seguire una dieta ad hoc per limitare l’introduzione dei precursori della sostanza.

Tra i cibi da evitare vi sono pesce, uova, fagioli, piselli, fegato, frutti di mare e altri ancora. Fondamentale il supporto della terapia psicologica. continua su: https://scienze.fanpage.it/cose-la-trimetilaminuria-la-sindrome-che-ci-fa-odorare-come-il-pesce-marcio/ http://scienze.fanpage.it/ : News in Medicina – Cos la trimetilaminuria, la sindrome che ci fa odorare come il pesce marcio