Pesce crudo: i rischi –
- Ingerire pesce crudo che non è stato sottoposto ai necessari trattamenti per la sicurezza alimentare può provocare il rischio di contrarre infezioni e patologie, alcune con risvolti molto gravi.
- Il pesce infatti può essere contaminato con virus, batteri, larve e parassiti che normalmente vivono al suo interno interno o che si sviluppano a causa di microrganismi, tossine e alghe.
- Ciò vale sia per i pesci che per i frutti di mare, molluschi e crostacei.
Tra le patologie che possono generarsi dall’assunzione di pesce crudo contaminato ricordiamo l’epatite virale, la salmonellosi e la parassitosi intestinale. Sintomi comuni dell’intossicazione da pesce crudo sono crampi addominali, vomito e febbre,
- Una delle infezioni più comuni e pericolose è la Parassitosi Anisakis, provocata dall’omonimo parassita che normalmente vive nelle viscere del pesce.
- Quando quest’ultimo è in vita, il parassita non ha la possibilità di migrare nella carne, ma quando il pesce muore e deperiscono anche le difese immunitarie ecco che riesce a contaminare tutto ciò che finisce nel nostro piatto.
- Se colpisce in forma aggressiva o se non curata adeguatamente, la parassitosi può arrivare ad ostruire l’intestino o sfociare in peritonite.
- Per evitare di contrarre qualsiasi infezione dovuta alla contaminazione del pesce, il Ministero della Sanità ha emanato una legge che impone ai ristoratori di servirlo crudo solo se è stato precedentemente abbattuto ad almeno -20° e per un periodo minimo di 60 ore prima del consumo.
Le larve Anisakis, infatti, muoiono ad una temperatura superiore ai 60° ma anche a temperature molto basse. Nello specifico servono almeno 12 ore di abbattitura se la temperatura è -30°, mentre sono sufficienti 9 ore se congelato a -40°.
Cosa succede se mangi sushi crudo?
Video Anisakis Laboratorio Ispezione degli alimenti IZSM Portici Quali sono i rischi associati al consumo di pesce crudo? Mangiare pesce crudo comporta sicuramente un alto rischio malattie alimentari causate da batteri patogeni, oppure da parassiti. Il rischio maggiore per chi consuma pesce crudo si chiama Anisakidosi.
Cos’è l’Anisakidiosi? L’anisakidosi è una parassitosi che può colpire l’uomo, causata da vermi tondi (nematodi), appartenenti alla famiglia degli Anisakidae, composta da quattro generi: Anisakis, Pseudoteranova, Contracaecum e Hysterothylacium. Di questi, i primi tre generi sono responsabili di zoonosi mentre il genere Hysterothylacium non è patogeno, data la termolabilità del parassita (muore alla temperatura di 30°C).
Il genere Anisakis, il più diffuso, è il principale responsabile di parassitosi, in quanto è in grado di sopravvivere a trattamenti di affumicatura a freddo, a trattamenti di marinatura con basso tenore di sale ed alle temperature di refrigerazione. Viene ucciso con temperature superiori a 60°C per 10 minuti e dal congelamento (almeno 24 ore a – 20°C).
Nei pesci le larve, che misurano circa 4 mm, si localizzano sulle sierose di fegato, ovaio, stomaco e intestino, dove tendono a incistarsi e assumere una caratteristica forma a spirale. Quali sono i prodotti ittici maggiormente a rischio per l’Anisakidosi? I prodotti ittici dei mari italiani più frequentemente parassitati sono: sardine, aringhe, acciughe, sgombri, gadidi, sparidi, lophidi, pesci S.
Pietro, pesci sciabola (quasi sempre infestati), totani, calamari. Il rischio è legato al consumo dei prodotti ittici crudi, marinati o affumicati a freddo, sushi e sashimi, ultime tendenze provenienti dall’Oriente, semiconserve domestiche a base di pesce azzurro. Il parassita adulto vive nello stomaco di vari cetacei (balene, delfini). Questi eliminano attraverso le feci le uova da cui si sviluppano le larve, dette di secondo stadio, che infestano piccoli crostacei marini, divenendo larve di terzo stadio. Quando questi crostacei vengono ingeriti dall’ospite definitivo, la larva diventa di quarto stadio e il ciclo ricomincia.
- Pesci e cefalopodi che si cibano di questi crostacei possono fungere da ospiti intermedi, dove la larva rimane di terzo stadio e tende a migrare in cavità celomatica.
- Se il pesce parassitato viene ingerito dall’ospite definitivo, il ciclo si chiude.
- In che modo l’uomo può contrarre l’Anisakidosi? L’uomo può comportarsi da ospite accidentale contraendo l’infezione cibandosi degli ospiti intermedi naturali (pesci e cefalopodi: come acciughe, sardine, sgombri, totani e calamari).
Sono a rischio le popolazioni che maggiormente si cibano di pesce crudo (Paesi Scandinavi, Giappone). Come si manifesta l’infezione da Anisakis? Quali sono i principali sintomi? Nella migliore delle ipotesi, una volta ingerita, la larva muore o non dà sintomi.
- In alcuni casi, soprattutto quando vengono ingerite più larve, in seguito all’assunzione di pesce infetto crudo, non completamente cotto o in salamoia, le larve possono impiantarsi sulla parete dell’apparato gastrointestinale, dallo stomaco fino al colon.
- Per difendersi dai succhi gastrici, attaccano le mucose con grande capacità perforante, determinando una parassitosi acuta o cronica.
La parassitosi acuta da Anisakis insorge già dopo poche ore dall’ingestione di pesce crudo e si manifesta con intenso dolore addominale, nausea, vomito ed occasionalmente febbre. Le forme croniche sono diverse, possono mimare svariate malattie infiammatorie e ulcerose del tratto intestinale oppure coinvolgere altri organi come fegato, milza, pancreas, vasi ematici e miocardio.
E l’allergia ad Anisakis? Da alcuni anni, Anisakis è stato riconosciuto anche come possibile causa di allergia. I soggetti sensibili possono avere reazioni allergiche non solo ingerendo il pesce infetto ma anche manipolandolo o respirando allergeni diffusi nell’aria. Si tratta di un rischio prevalentemente legato alla lavorazione del pesce (malattia professionale che riguarda i lavoratori nel settore della trasformazione dei prodotti ittici).
Sono state osservate in questi casi reazioni che vanno dall’orticaria, all’angioedema, alla rinite o congiuntivite, all’asma, allo shock anafilattico. L’allergia all’Anisakis compare immediatamente dopo esserne venuti a contatto, o dopo aver consumato il pesce contaminato a causa della sensibilizzazione alle proteine antigeniche termoresistenti del parassita.
Su cosa si basa la diagnosi di Anisakidosi? La diagnosi di sospetto di Anisakidosi si basa sull’osservazione dei sintomi e sul riscontro dell’ingestione di prodotti ittici a rischio. La diagnosi di certezza è molto difficoltosa e può essere emessa solo previa identificazione del parassita nei tessuti prelevati durante biopsie o endoscopie.
Non esistono, infatti, test sierologici affidabili. Per quanto concerne invece le forme allergiche si possono utilizzare alcune prove di laboratorio e lo skin test che consente di vedere la reazione del paziente dopo contatto con gli antigeni del parassita.
Qual è la terapia per l’infezione da Anisakis? La cura dell’anisakidosi richiede molto spesso l’intervento chirurgico, per asportare la parte dello stomaco o dell’intestino invasa dai parassiti. Una volta contratta la malattia, infatti, la rimozione endoscopica della larva sembra essere la terapia di scelta, considerando che i comuni antielmintici non sono stati ritenuti fino ad ora efficaci.
Come prevenire l’infezione da Anisakis? Questi nematodi migrano dalle viscere del pesce alle sue carni se, dopo la cattura non viene prontamente eviscerato. Pertanto è importante osservare attentamente i prodotti della pesca ed eviscerarli il prima possibile dopo la cattura per evitare la migrazione delle larve nella carne.
- Risulta altresì fondamentale l’impiego di adeguati processi di preparazione del cibo.
- E’ noto infatti che le forme gastroenteriche della malattia sono riconducibili all’assunzione di prodotti ittici contenenti larve vive.
- Per questa ragione durante la lavorazione dell’alimento si dovrebbero utilizzare tutti gli accorgimenti necessari ad assicurare la morte delle stesse.
Quali trattamenti tecnologici possono eliminare o ridurre il rischio di Anisakidosi? Le larve dei parassiti appartenenti alla famiglia Anisakidae sono devitalizzate se il prodotto ittico viene congelato (-20°C per 24 ore) o cotto (almeno 60°C a cuore per 10 minuti).
Una circolare del ministero di sanità del 1992, ancora in vigore, obbliga chi somministra pesce crudo o in salamoia ad utilizzare pesce congelato (il limone e l’aceto non hanno alcun effetto sul parassita) o a sottoporre a congelamento preventivo il pesce fresco da somministrare crudo. La salagione secca, se il sale è in grado di raggiungere tutte le parti del muscolo ed è impiegato alle giuste concentrazioni, devitalizza il parassita.
L’affumicatura e la marinatura non sono in grado di uccidere con sicurezza le larve di anisakidi. La marinatura riesce ad uccidere le larve dopo circa 4 settimane nei casi in cui si proceda utilizzando il 6% di sale ed il 4% di acido acetico. Nel caso dell’ affumicatura, invece, l’87% delle larve di Anisakis presenti nel cibo resistono se la temperatura impiegata è di 28°C, mentre la devitalizzazione è completa se il procedimento prevede l’uso di una temperatura di 53 – 60°C.
Quali comportamenti si possono adottare per ridurre o evitare il rischio di Anisakiasi? o Evitare il consumo di prodotti ittici crudi; o Acquistare già eviscerati, i pesci più a rischio di infestazione o in alternativa il pescato deve venire eviscerato al più presto dal momento della cattura (con distruzione dei visceri) per allontanare i parassiti presenti, prima del loro passaggio nella muscolatura; o Cuocere in modo completo e corretto i prodotti ittici; o Se si desidera preparare piatti a base di pesce crudo o poco cotto effettuare un congelamento preventivo.
Riferimenti normativi Legge 283/1962, art.5, punto D Ordinanza Ministeriale 12 maggio 1992 Regolamento CE/853/04 Sezione VIII, Capitolo III, Capitolo V Regolamento CE/2074/05, Allegato II, Sezione I, Capitolo I, II Regolamento CE/1020/08, Allegato II Approfondimenti-http://www.orsacampania.it/wp-content/uploads/2009/12/OpusoloAnisakis.pdf Dr.ssa Eloise Peirce ORSA
Quanto dura l’intossicazione da pesce crudo?
L’intossicazione da pesci e da molluschi coinvolge una delle numerose tossine che possono causare manifestazioni gastrointestinali, neurologiche o istaminate. L’intossicazione da ciguatera è dovuta al consumo di qualsiasi tra > 400 specie di pesci presenti nelle barriere coralline tropicali della Florida, Indie Occidentali, o Pacifico, dove un dinoflagellato produce una tossina che si accumula nella carne dei pesci erbivori. I pesci carnivori più vecchi e grandi (p. es., cernie, dentice, sgombro reale, barracuda) che sono al vertice della catena alimentare contengono una maggior quantità di tossina. Non esiste alcun procedimento, inclusa la cottura, che protegga dalla tossina, il sapore non ne viene modificato. L’intossicazione può verificarsi dopo aver mangiato pesce fresco o congelato. Non esiste in commercio un test per la ricerca della ciguatossina nel pesce. I sintomi iniziano da 2 a 8 h dopo l’ingestione. Coliche addominali, nausea, vomito, diarrea durano da 6 a 17 h; poi, insorgono prurito, parestesie, cefalea, mialgia, inversione della sensazione di caldo e freddo e dolori al volto. Dopo mesi, insoliti fenomeni di alterata sensibilità e nervosismo possono essere debilitanti. È stata proposta una terapia con mannitolo EV, ma non sono stati dimostrati chiari effetti benefici. L’intossicazione sgombroide è causata dagli alti livelli di istamina presenti nella polpa del pesce e derivati dalla decomposizione batterica dopo la cattura. Specie comunemente colpite sono
Tonno Sgombro reale Bonito (o tombarello) Tonnetto striato Lampuga (o corifena cavallina)
Il pesce può avere un sapore piccante o amaro. Si manifestano dopo pochi minuti dall’ingestione flushing del volto, nausea, vomito, dolore epigastrico e orticaria che si risolvono entro 24 h. I sintomi vengono spesso scambiati con quelli di un’allergia al pesce. A differenza di altre intossicazioni da pesci, questa può essere prevenuta mediante un’appropriata conservazione del pesce dopo la cattura. L’intossicazione da tetrodotossina è solitamente dovuta all’ingestione del pesce palla (fugu), una raffinatezza giapponese, ma un numero > 100 di specie di acqua dolce e salata contengono la tetrodotossina. I primi sintomi comprendono parestesie al volto e agli arti, seguite da aumento della salivazione, nausea, vomito, diarrea e dolore addominale. Potenzialmente si può sviluppare anche una paralisi respiratoria fatale. Il trattamento prevede terapia di supporto con assistenza ventilatoria fino all’escrezione della tossina, che può richiedere giorni. La tossina non viene distrutta mediante la cottura o il congelamento. L’intossicazione paralizzante da molluschi si manifesta nel periodo da giugno a ottobre, specialmente sulle coste del Pacifico e del New England, quando cozze, molluschi, ostriche e cappesante vengono contaminate da un dinoflagellato velenoso responsabile della marea rossa. Questo dinoflagellato produce la neurotossina sassitossina, che è resistente alla cottura. Dopo 5-30 minuti dall’ingestione compaiono parestesie periorali. Poi si manifestano nausea, vomito, crampi addominali, cui segue astenia muscolare. Il trattamento è di supporto. La paralisi respiratoria non trattata può risultare fatale; la guarigione è di solito completa. NOTA: Questa è la Versione per Professionisti. CLICCA QUI CONSULTA LA VERSIONE PER I PAZIENTI Copyright © 2023 Merck & Co., Inc., Rahway, NJ, USA e sue affiliate. Tutti i diritti riservati.
Quando scatta la penale al sushi?
Come ti occulto il sushi: i mille modi per non pagare il sovrapprezzo agli All you can eat BARI – «È quasi la normalità: ordinano troppo sushi ma poi non vogliono pagare il sovrapprezzo e quel punto le pensano tutte pur di occultare gli avanzi». Sono le parole del proprietario di uno dei di Bari che adottano lo ” All you can eat” (mangia quanto puoi).
- Si tratta di una formula che permette di ordinare un numero illimitato di piatti a un costo fisso, che varia dai 20 ai 30 euro, con il compromesso però di mangiare tutto,
- Se invece i clienti si fanno prendere la mano richiedendo più cibo di quanto la loro pancia possa contenere, scatta una “penale” per ogni pietanza non consumata, che di solito si aggira sui 5 euro.
Parliamo quindi di un vero e proprio “patto culinario” che però nel capoluogo pugliese fatica a essere rispettato. Soprattutto i più giovani infatti, pur di non pagare la “multa”, mettono di volta in volta in atto una serie di stratagemmi tesi a nascondere il nigiri, l’uramaki e il sashimi lasciati sulla tavola.
Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione) «Il modo più facile è quello di portarsi da casa uno zaino capiente con all’interno un contenitore per alimenti – illustra la 18enne Alessia –. Lì dentro ripongo, senza farmi vedere, ciò che lascio nel mio piatto così da terminarlo una volta tornata a casa».
Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione) Ma non tutti arrivano così preparati. «Mi è capitato di sedermi senza avere con me borse e vaschette – racconta la 21enne Giorgia –, perciò nel momento di difficoltà ho avvolto i “roll” nel tovagliolo e li ho schiacciati nella tasca dei jeans, anche se avevo paura che qualcuno potesse notare la poltiglia».
- Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione) «In quel caso – aggiunge l’amico Davide – il sushi lo si può anche sbriciolare così da trasformarlo in tanti piccoli chicchi di riso da distribuire nei vari piatti: è una tecnica molto veloce e sempre utile.
- E se proprio gli avanzi sono tanti, li si può occultare nelle lattine delle bevande».
Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione) «Invece io e i miei amici “conserviamo” il sushi in bocca per poi recarci in bagno per sputare il contenuto nella pattumiera o nel gabinetto », ammette la 17enne Roberta.
Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione) Uno scherzetto di cattivo gusto che trova la conferma dei ristoratori. «Capita spessissimo di trovare i wc intasati a fine serata – dichiara un cameriere –. E ormai sappiamo quali sono i posti più gettonati dove vengono nascosti gli avanzi: la toilette, gli spazi tra i cuscini dei divanetti, sotto le sedie o direttamente per terra,
Per non parlare poi del delirio che troviamo all’esterno del locale, soprattutto sul marciapiede, sul quale spesso giace inerme il sushi che abbiamo preparato con le nostre mani». Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione) «Buttare i resti fuori è la cosa più semplice – sottolinea il 22enne Paolo –.
- Io spesso adotto la tecnica della sigaretta: esco con la scusa di fumare e cerco un cassonetto dove gettare ciò che avevo in precedenza arrotolato nel fazzoletto.
- Un giorno però non riuscii a trovare i bidoni e fui costretto a fare tutto il giro dell’isolato per liberarmi del “peso” in un tombino».
- Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione) E dopo coloro che trasportano il sushi a casa nei contenitori, quelli che li “scaricano” nel bagno, quelli che li spargono sulle sedie dei locali e quelli che li portano a passeggio, c’è anche la categoria di clienti che li fa semplicemente sparire nel nulla,
Dei veri e propri illusionisti insomma. Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione) «Una sera non sapevo più dove nascondere il cibo – ci dice il 22enne Stefano – quando arrivò al tavolo una barchetta di roll colma di ghiaccio: ebbi quindi l’illuminazione di seppellire tutto sotto lo strato gelato».
- Simile è l’idea attuata dal 21enne Federico.
- «Il segreto – ci svela – è quello di ordinare sempre una zuppa, perché contiene tanto liquido ottimo per occultare interi pezzi di sushi che praticamente si “sciolgono” al suo interno ».
- Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione) Ma c’è anche chi, non riuscendo a liberarsi in tempo delle pietanze è costretto ad affrontare il fatidico momento del conto, spesso adducendo scuse pur di non pagare,
Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione) «È un classico – racconta il titolare di un locale –. Il culmine lo raggiungemmo quando un signore, giunto dinanzi alla cassa assieme alla moglie, ci accusò di aver lasciato tutto il cibo perché non si era sentito bene a causa della nostra cucina,
Quante volte si può mangiare pesce crudo?
Il pesce è un alimento ottimo per la nostra salute: è una valida fonte proteica, le sue proteine contengono tutti gli aminoacidi nelle giuste proporzioni; i suoi grassi sono tra quelli i più salutari, e forniscono gli omega 3; negli ultimi anni il consumo di pesce crudo in italia è aumentato enormemente ha un apporto calorico decisamente limitato in assenza di condimenti aggiuntivi e rappresenta una delle poche fonti alimentari naturali di vitamina D.
- Proprio per le sue proprietà ne è raccomandato il consumo di almeno 2 porzioni a settimana, che possono essere tranquillamente aumentate per i grandi vantaggi dati dal loro valore nutrizionale.
- Negli ultimi anni in Italia è aumentato il consumo di pesce crudo e, da una parte, ciò è dovuto all’aumentata consapevolezza delle proprietà benefiche del pesce e al suo scarso apporto calorico (eccetto per alcune specie grasse ), dall’altra alla globalizzazione culinaria e alla diffusione di nuove mode alimentari (es.
sushi, sashimi) che ne hanno rafforzato il consumo.
Perché il pesce crudo fa venire la diarrea?
Possibili infezioni batteriche dovute al consumo di pesce crudo – Un altro motivo per cui il pesce viene spesso cotto prima di essere consumato è scongiurare il rischio, mangiandolo crudo, di andare incontro a intossicazioni alimentari date dai batteri.
- I principali sintomi di intossicazione di questo tipo sono mal di stomaco, nausea, vomito e diarrea, e i batteri rilevati nel pesce crudo e che possono provocarli appartengono ai generi: Listeria, Vibrio, Clostridium e Salmonella,
- Se per le persone sane il rischio di intossicazione alimentare derivante dal consumo di pesce crudo è generalmente basso, chi ha un sistema immunitario debole come gli anziani, i bambini piccoli e i malati di HIV, è più suscettibili a tale avvenimento.
Consumare il pesce crudo, inoltre, è particolarmente sconsigliato alle donne incinte, a causa del rischio di un’infezione da Listeria, che potrebbe causare problemi serissimi a madre e feto,
Cosa contiene il pesce crudo?
Inoltre il consumo crudo consente l’assunzione di calcio, che rinforza le ossa prevenendo l’osteoporosi, di ferro che toglie la stanchezza e di fosforo, iodio, sodio e fluoro. Il pesce crudo è un alimento ricco anche di proteine e vitamine come la vitamina B1, B2, B5 e la vitamina E.
Che malattie porta il sushi?
Infezione da Anisakis o Anisakiasi: sintomi, diagnosi e cura Anisakis è un genere di nematodi di diversi organismi. Nel dettaglio, il genere Anisakis comprende alcune specie di parassiti che popolano abitualmente l’ di certi pesci, e mammiferi marini. Gli Anisakis sono nematodi patogeni per l’uomo, responsabili di un’infezione che prende il nome di anisakidosi o anisakiasi,
- Le malattie veicolate da Anisakis vengono contratte dopo l’ingestione di o poco cotto contaminato dal parassita.
- Oltre alle anisakiasi, questi nematodi possono essere i protagonisti di allergie.
- Dopo l’ crudo infettato da Anisakis, l’organismo di alcune persone produce (); ne consegue una reazione allergica che può essere anche molto grave.
L’anisakis è un nematode appartenente alla famiglia degli Anisakidae, composta da 5 generi, di cui 4 causano malattie nell’uomo e in altri animali:
Anisakis, tra cui Anisakis simplex e Anisakis physeteris ; Pseudoterranova ; Contracaecum ; Phocascaris,
Tra questi appena elencati, i nematodi appartenenti al genere Anisakis sono probabilmente i più frequenti parassiti trasmessi dai prodotti ittici all’uomo. L’anisakis presenta tutte le caratteristiche tipiche dei nematodi: il corpo è cilindrico e vermiforme, a sezione circolare, che ben si differenzia da quello dei ( piatti).
Cuticola pluristratificata, formata da collagene. Per insidiarsi nello dell’ospite, la cuticola è indispensabile al parassita: questa, infatti, funge da scudo ai acidi. Strato epidermico intermedio. Strato muscolare longitudinale.
Gli anisakis sono organismi proctodeati, ovvero dotati di bocca per l’assunzione di e di ano per l’emissione di feci. Gli anisakis sono parassiti di grosse dimensioni se rapportati ad altri tipi di parassiti. Difatti, essi possono essere visibili ad occhio nudo; spesso raggomitolati su se stessi, questi nematodi – dalla cromia biancastra o rosata – misurano da 1 a 3 cm di lunghezza.
Generalmente, il riconoscimento del parassita avviene durante la procedura di pulizia ed eviscerazione del crudo. Di norma, gli anisakis si trovano nell’apparato digerente del pesce, ma se questo non viene eviscerato prontamente poco dopo la cattura, le larve del parassita possono migrare dalla mucosa gastroenterica ai tessuti muscolari del pesce.
Similmente alla stragrande maggioranza dei parassiti, gli anisakis presentano un complesso ciclo vitale. Numerosi sono gli ospiti intermedi, e l’uomo – in questo specifico caso – non è l’ospite definitivo come si potrebbe credere; al contrario, può essere considerato come una sorta di “ospite accidentale”.
Gli esemplari adulti di Anisakis vivono in grappoli all’interno dello stomaco di mammiferi marini (delfini, foche, balene, ecc.) e, più precisamente, a livello della mucosa. Le femmine adulte producono uova non embrionale che vengono espulse attraverso le feci dei mammiferi marini ospiti ( step 1 dell’immagine sotto ). Una volta rilasciate in acqua, le uova embrionano e al loro interno si formano le larve L2 ( step 2a ). Le larve L2 si schiudono dalle uova e possono quindi essere libere di nuotare ( step 2b ). Le larve così liberate vengono quindi ingerite dai, All’interno di questi ospiti le larve L2 maturano in larve di terzo stadio L3, migrando dall’intestino del nuovo ospite alla cavità peritoneale ( step 3 ). I crostacei infettati vengono mangiati da pesci e, migrano verso i tessuti muscolari e – attraverso la predazione che avviene in natura – avviene il trasferimento da pesce a pesce ( step 4 ). All’interno di pesci e calamari, le larve rimangono nello stadio L3, ossia quello infettivo per i mammiferi marini e per gli esseri umani ( step 5 ). Se i pesci o i calamari infetti vengono ingeriti da mammiferi marini, qui le larve si trasformeranno in vermi adulti ; le femmine produrranno quindi uova che verranno espulse con le feci dei nuovi ospiti e il ciclo vitale dei parassiti ricomincia ( step 6 ). Gli esseri umani possono venire infettati dalle larve L3 di Anisakis attraverso il consumo di pesce crudo o poco cotto, Dopo l’ingestione, i parassiti penetrano nella mucosa gastrointestinale dando origine alla sintomatologia tipica dell’infezione ( step 7 ).
Come abbiamo visto, i vermi anisakis nella loro forma infettiva per l’essere umano che ricordiamo essere il terzo stadio larvale (L3), si possono trovare all’interno di pesci e calamari. Fra i pesci destinati al consumo umano che possono ospitare le larve L3 del parassita ricordiamo: In alcuni luoghi, l’anisakis è anche noto con i nomi comuni di “verme delle “, “verme delle foche” o “verme del merluzzo bianco”.
L’anisakiasi che può scatenare viene, di conseguenza, chiamata “malattia del verme delle aringhe”, “malattia del verme delle foche” o “malattia del verme del merluzzo bianco. Le anisakiasi sono emergenti, a causa della rapida diffusione di nematodi Anisakis : l’assunzione di pesce crudo o poco cotto contaminato da larve di Anisakis può scatenare un’infezione gastrointestinale.
La specie più coinvolta nelle anisakiasi sembra essere Anisakis simplex. Quando le larve penetrano nella parete dello stomaco o dell’intestino provocano una reazione di tipo granulomatoso, con infiltrazione di e e tendenzialmente muoiono. Tuttavia, la loro presenza può dare origine a diversi sintomi.
in sede epigastrica; ; ; ;,
In caso di interessamento dell’intestino, l’organismo può rispondere con una grave risposta granulomatosa eosinofila, causando sintomi simili a quelli indotti dal, In questi casi, la sintomatologia tende a manifestarsi dopo 1-2 settimane. La diagnosi di Anisakis avviene tramite del tratto superiore, ossia attraverso l’esecuzione di una durante la quale è possibile osservare il parassita.
L’, generalmente, non ha un grande valore diagnostico. La cura risolutiva per l’anisakiasi consiste sostanzialmente nella rimozione del parassita del corpo dello sfortunato ospite. L’eliminazione delle larve può essere fatta tramite endoscopia, oppure per via chirurgica, Tuttavia, per alcuni individui la risoluzione dell’infezione parassitaria può avvenire spontaneamente dopo diverse settimane, eventualmente in associazione a una terapia sintomatica e di supporto,
Talvolta, può essere utile l’utilizzo di un da assumersi per : l’ albendazolo, Tuttavia, il trattamento farmacologico non è indicato ed efficace in tutti i pazienti. Pertanto, sarà il medico a stabilire, caso per caso, quale approccio terapeutico è meglio intraprendere per ciascun paziente,
Cottura a temperature superiori a 63°C. Congelamento a -20°C per 7 giorni. Congelamento a -35°C o inferiore, fino al raggiungimento dello stato solido, quindi conservazione a -35°C per un periodo di tempo uguale o superiore a 15 ore o a -20°C per 24 ore.
Per i congelatori che non sono in grado di raggiungere le suddette temperature, l’EFSA (European Food Safety Authority – l’Autorità europea per la ) suggerisce un congelamento a -15°C per un tempo minimo di 96 ore (la comunicazione dell’EFSA è consultabile cliccando ).
Affumicazione, salatura e NON inattivano le larve di Anisakis, ma al contrario, esse sono in grado di resistere a questi metodi di conservazione. Da oramai alcuni anni, l’Anisakis è riconosciuto come un possibile vettore di allergopatie. I soggetti particolarmente sensibili possono sviluppare allergia mediante la semplice manipolazione di pesci infetti.
Le allergie da Anisakis possono essere contratte anche semplicemente inalando allergeni diffusi nell’aria durante la lavorazione di prodotti ittici infetti. Nei pazienti sensibili, neppure l’adeguato trattamento termico garantisce l’immunità da queste allergie.
Il soggetto ipersensibile od allergico, a contatto con queste sostanze, sviluppa di gravità variabile: le più frequenti si manifestano con, e, talvolta accompagnate da sintomi gastrointestinali.Meno frequenti sono gli, le e le dopo l’inalazione/assunzione di pesce contaminato da larve di Anisakis,Il e la ricerca di anticorpi specifici contro le larve di questi parassiti sono indagini diagnostiche utili per accertare il sospetto di allergia da Anisakis,L’ipersensibilità a questi parassiti è valutata dal rapido incremento dei livelli di IgE nei giorni immediatamente successivi al consumo di pesce contaminato da Anisakis,
Pesce, Molluschi, Crostacei Acciughe o Alici Aguglia Alaccia Anguilla Aragosta Aringa Astici Bianchetti Bottarga Branzino (Spigola) Calamari Canocchie Capesante Canestrelli (Pettini di Mare) Capitone Caviale Cefalo Coda di Rospo (Rana Pescatrice) Cozze Crostacei Datteri di Mare Farina di Pesce Fasolari Frutti di Mare Fumetto di pesce Gamberi Granchi Granseola (Granceola) Halibut Insalata di mare Lanzardo Leccia Lumache di mare Mazzancolle Merluzzo Molluschi Moscardini Nasello Ombrina Ostriche Orata Palamita Pangasio Paranza Pasta di acciughe Pesce Fresco di Stagione Pesce azzurro Pesce palla Pesce persico Pesce spada Platessa Polpo (Piovra) Riccio di Mare Ricciola Salmone Sardine Sarde Scampi Seppie Sgombro Sogliola Stoccafisso Surimi Sushi Telline Tonno Tonno in scatola Triglia Trota Uova di pesce Verdesca Vongole ALTRI ARTICOLI PESCE Categorie Alimenti Alcolici Carne Cereali e derivati Dolcificanti Dolci Frattaglie Frutta Frutta secca Latte e Derivati Legumi Oli e Grassi Pesce e prodotti della pesca Salumi Spezie Verdura Ricette della salute Antipasti Pane, Pizza e Brioche Primi piatti Secondi piatti Verdure e Insalate Dolci e Dessert Gelati e sorbetti Sciroppi, Liquori e grappe Preparazioni di Base – In Cucina con gli Avanzi Ricette di Carnevale Ricette di Natale Ricette dietetiche Light Ricette festa donna, mamma, papà Ricette Funzionali Ricette Internazionali Ricette Pasquali Ricette per Celiaci Ricette per Diabetici Ricette per le Festività Ricette per San Valentino Ricette per Vegetariani Ricette proteiche Ricette Regionali Ricette Vegane : Infezione da Anisakis o Anisakiasi: sintomi, diagnosi e cura
Quanto dura un’intossicazione da sushi?
L’intossicazione da pesci e da molluschi coinvolge una delle numerose tossine che possono causare manifestazioni gastrointestinali, neurologiche o istaminate. L’intossicazione da ciguatera è dovuta al consumo di qualsiasi tra > 400 specie di pesci presenti nelle barriere coralline tropicali della Florida, Indie Occidentali, o Pacifico, dove un dinoflagellato produce una tossina che si accumula nella carne dei pesci erbivori. I pesci carnivori più vecchi e grandi (p. es., cernie, dentice, sgombro reale, barracuda) che sono al vertice della catena alimentare contengono una maggior quantità di tossina. Non esiste alcun procedimento, inclusa la cottura, che protegga dalla tossina, il sapore non ne viene modificato. L’intossicazione può verificarsi dopo aver mangiato pesce fresco o congelato. Non esiste in commercio un test per la ricerca della ciguatossina nel pesce. I sintomi iniziano da 2 a 8 h dopo l’ingestione. Coliche addominali, nausea, vomito, diarrea durano da 6 a 17 h; poi, insorgono prurito, parestesie, cefalea, mialgia, inversione della sensazione di caldo e freddo e dolori al volto. Dopo mesi, insoliti fenomeni di alterata sensibilità e nervosismo possono essere debilitanti. È stata proposta una terapia con mannitolo EV, ma non sono stati dimostrati chiari effetti benefici. L’intossicazione sgombroide è causata dagli alti livelli di istamina presenti nella polpa del pesce e derivati dalla decomposizione batterica dopo la cattura. Specie comunemente colpite sono
Tonno Sgombro reale Bonito (o tombarello) Tonnetto striato Lampuga (o corifena cavallina)
Il pesce può avere un sapore piccante o amaro. Si manifestano dopo pochi minuti dall’ingestione flushing del volto, nausea, vomito, dolore epigastrico e orticaria che si risolvono entro 24 h. I sintomi vengono spesso scambiati con quelli di un’allergia al pesce. A differenza di altre intossicazioni da pesci, questa può essere prevenuta mediante un’appropriata conservazione del pesce dopo la cattura. L’intossicazione da tetrodotossina è solitamente dovuta all’ingestione del pesce palla (fugu), una raffinatezza giapponese, ma un numero > 100 di specie di acqua dolce e salata contengono la tetrodotossina. I primi sintomi comprendono parestesie al volto e agli arti, seguite da aumento della salivazione, nausea, vomito, diarrea e dolore addominale. Potenzialmente si può sviluppare anche una paralisi respiratoria fatale. Il trattamento prevede terapia di supporto con assistenza ventilatoria fino all’escrezione della tossina, che può richiedere giorni. La tossina non viene distrutta mediante la cottura o il congelamento. L’intossicazione paralizzante da molluschi si manifesta nel periodo da giugno a ottobre, specialmente sulle coste del Pacifico e del New England, quando cozze, molluschi, ostriche e cappesante vengono contaminate da un dinoflagellato velenoso responsabile della marea rossa. Questo dinoflagellato produce la neurotossina sassitossina, che è resistente alla cottura. Dopo 5-30 minuti dall’ingestione compaiono parestesie periorali. Poi si manifestano nausea, vomito, crampi addominali, cui segue astenia muscolare. Il trattamento è di supporto. La paralisi respiratoria non trattata può risultare fatale; la guarigione è di solito completa. NOTA: Questa è la Versione per Professionisti. CLICCA QUI CONSULTA LA VERSIONE PER I PAZIENTI Copyright © 2023 Merck & Co., Inc., Rahway, NJ, USA e sue affiliate. Tutti i diritti riservati.
Come eliminare i vermi nello stomaco?
iStock – Di recente è stata l’ attrice americana Kristen Bell a portarli alla ribalta, Ospite di un programma televisivo, ha raccontato di aver preso i vermi contagiata dal figlio piccolo. «In effetti, anche se non sono così frequenti come nei bambini, i parassiti intestinali possono colpire anche gli adulti », spiega Paolo Usai Satta, gastroenterologo dell’Azienda ospedaliera Giuseppe Brotzu di Cagliari e consigliere nazionale dell’Associazione italiana gastroenterologi ospedalieri.
- I rischi se hai un cane o un gatto «Alcuni vermi degli animali domestici sono trasmissibili all’uomo », spiega la dottoressa Elisabetta Colloca, veterinaria a Roma.
- «Il più pericoloso è l’ Echinococco, un parassita che vive nell’intestino del cane, le cui uova finiscono nelle feci.
- Se si ingeriscono dei residui, portando per esempio le mani alla bocca dopo aver toccato il pavimento sporco, ci si può contagiare,
Stessa modalità di trasmissione anche per gli ascaridi, vermi dei cani le cui larve possono danneggiare gli organi umani. Infine il Dipylidium, che si prende più di rado perché la trasmissione avviene solo con l’ingestione di una pulce del cane o del gatto».
- Come difendersi? «Se si ha un cane, basta sottoporlo ogni 6 mesi a una terapia che elimina i vermi,
- Se si possiede un gatto il problema maggiore è un parassita pericoloso per le donne incinte, il toxoplasma.
- Per evitare il contagio si deve pulire spesso la lettiera, mai a mani nude».
- I rimedi green «Alcuni oli essenziali a base di erbe possono dare una mano nel combattere le parassitosi», spiega Luca Bertini, medico esperto di cure naturali a Pisa.
«Sono molto efficaci i chiodi di garofano, ideali per creare un ambiente ostile ai parassiti intestinali, ma anche l’anice, l’aglio, la menta, l’origano e il timo ». Si prendono per almeno 1-3 mesi, valutando di volta in volta col medico i risultati, finché il problema non è definitivamente risolto. Giardia: diagnosticarla non è facile Causa la parassitosi da protozoi più diffusa al mondo. Invisibile a occhio nudo, la giardia si trasmette soltanto per via oro-fecale : si può ingerire mangiando cibo contaminato come frutta e verdura non lavate accuratamente oppure sciacquate con acqua già infestata da uova o larve del parassita.
«Una volta assunta con il cibo, la giardia attraversa l’apparato digerente resistendo anche all’ambiente molto acido dello stomaco, per andare a sistemarsi nel primo tratto dell’intestino: il duodeno», spiega Paolo Usai Satta. Provoca un’ infiammazione delle mucose che distrugge i villi intestinali, quei piccoli rilievi fondamentali per favorire l’assorbimento delle sostanze indispensabili alla crescita e alla sopravvivenza delle cellule.
La parassitosi da giardia non dà sintomi precisi, anzi: «Può far pensare a una qualunque infezione virale o batterica, perché si verificano astenia, perdita di peso, disturbi digestivi, carenza di vitamine e ferro, Ma può anche essere confusa con la celiachia, che si caratterizza per lo stesso tipo di danno ai villi», aggiunge Usai Satta.
- «Solo qualche volta si verifica il segnale che più deve insospettire, una diarrea che dura diversi giorni,
- In questo caso il primo passo è l’esame delle feci.
- Ma spesso non basta, per cui il medico può prescrivere anche una gastroscopia con biopsia : durante l’esame viene cioè prelevata una minuscola porzione di duodeno da esaminare al microscopio».
Eliminare la giardia non è complicato: basta prendere antibiotici specifici per circa 7-10 giorni e il problema si risolve senza ulteriori conseguenze. Ossiuri: causano un prurito insopportabile Il responsabile è un parassita che si chiama Enterobius Vermicularis. Più grande della giardia, è visibile a occhio nudo (misura circa mezzo centimetro) sotto forma di filamenti bianchi nelle feci. Come si prendono gli ossiuri? «Negli adulti è frequente infettarsi attraverso il cibo contaminato con le uova del parassita », precisa il gastroenterologo.
«Ma è anche possibile che il contagio avvenga, quando in famiglia c’è un bambino che ne è affetto, se l’adulto entra in contatto con le sue feci». Gli ossiuri si posizionano di solito nell’ultimo tratto dell’intestino : «Da qui si muovono fino a fuoriuscire dall’ano. Ecco spiegato perché provocano un sintomo tipico, il prurito nella zona perianale e nella vagina, e perché è facile individuarli nelle feci rendendo superfluo anche l’esame parassitologico».
In ogni caso non c’è motivo di preoccuparsi: si tratta di un’ infezione che si vince facilmente, L’unico problema da non sottovalutare è la facilità di contagio : nei giorni in cui si è infetti è molto importante fare attenzione all’igiene, usando asciugamani separati, lavando con cura (ad almeno 55 °C) la biancheria e gli indumenti intimi. Tenia: riconoscerla di solito è facile È il parassita attorno al quale è nato un famoso falso mito : si diceva che, ingerito intenzionalmente, potesse aiutare a dimagrire “sottraendo” buona parte del cibo ingerito. Ma non è vero. «Di colore bianco tendente al giallastro, ha una forma piatta che può ricordare un nastro e soprattutto avere dimensioni notevoli, da alcuni centimetri fino a diversi metri di lunghezza », dice il dottor Usai Satta.
Di solito si colloca, arrotolato, tra l’ intestino tenue e il colon, Anche in questo caso è il cibo contaminato la fonte dell’infezione. La tenia si prende mangiando carne cruda o non ben cotta, soprattutto quella di maiale, di origine non controllata dal punto di igienico e sanitario. Ma il contagio può accadere anche mangiando frutta o verdura non lavate oppure sciacquate con acqua infetta.
Come si manifesta la parassitosi? «Può essere del tutto asintomatica oppure causare sintomi come nausea, diarrea, dolore addominale e astenia », spiega il nostro esperto. Ma ci si può accorgere di averla contratta anche con i propri occhi, perché non è raro individuarne delle parti nelle feci, Anisakis: lo scopri con la gastroscopia Si è diffuso con il boom del pesce crudo, L’Anisakis è un parassita che può infestare l’apparato digerente di moltissimi pesci e molluschi, E non sono solo le specie esotiche a essere a rischio, ma anche triglie, merluzzi, tonno, alici e salmone.
«Il pesce, se contaminato e mangiato crudo, permette alle larve ingerite di impiantarsi nelle pareti dell’apparato gastrointestinale, E poiché sono in grado di difendersi dai succhi gastrici e hanno una grande capacità perforante, possono causare gravi danni all’organismo : i sintomi vanno da un intenso dolore allo stomaco, seguito da nausea e vomito, fino all’occlusione intestinale», precisa Usai Satta.
L’Anisakis è bianco tendente al rosato, ha una forma cilindrica ed è visibile a occhio nudo. «Predilige il tratto digestivo superiore, ma può sistemarsi ovunque, ancorandosi alla mucosa dell’intestino. Per diagnosticare il problema, il medico può prescrivere una gastroscopia (se sospetta che il parassita sia nel tratto più alto dell’intestino) o una colonscopia (se è in quello finale) durante le quali è anche possibile, contestualmente, eliminare il fastidioso parassita,
Che succede se mangi troppo sushi?
Sushi-mania: buono si, ma fa male L’ultima invenzione è il donut sushi: una ciambellina di riso guarnita con salse e verdure che ora spopola tanto che tutti vogliono mangiarlo, replicarlo, postarlo. E’ l’era della sushi-mania, una passione irrefrenabile per una cucina che, almeno in Italia, di orientale ha davvero poco.
- Entrata nella vita di tutti gli occidentali, la cucina giapponese è diventata davvero una sorta di malattia.
- I grandi fissati frequentano sushi corner, ristoranti o take away fino a 5 giorni su 7.
- Poi ci sono i puristi della cucina giapponese che frequentano solo le vere cucine nipponiche.
- E infine ci sono i wiki-japan, coloro che conoscono tutto le portate esistenti al mondo di questa cucina piace e che conquista.
Fa male mangiare troppo sushi? Il pericolo dell’anisakis Quali ombre nasconde il fenomeno ormai diventato “di culto” del sushi? Quali sono i rischi e i pericoli legati al suo consumo? Quali le precauzioni da adottare nella scelta del cibo e del locale dove mangiarlo? Il sushi è un piatto della tradizione giapponese a base di riso e pesce crudo; il pesce preso separatamente, invece, prende il nome di sashimi.
Qualsiasi prodotto di origine animale consumato crudo, come ad esempio – banalmente – le uova nel tiramisù, il latte crudo non pastorizzato, la carne in carpaccio o le alici marinate, nascondono inevitabilmente un rischio per il consumatore. Batteri, vibrioni e parassiti, se presenti nel prodotto, possono causare problemi anche seri per la salute di chi si nutre di cibo non cotto.
Il sashimi non fa eccezione e, purtroppo, anche in Italia si registrano casi di infezione da Anisakis ed altri parassiti. L’Anisakis (Pseudoterranova decipiens) è un nematode parassita di colore biancastro, che può raggiungere la lunghezza di diversi centimetri.
- Il ciclo vitale di questo organismo passa attraverso diverse fasi, che prevedono come ospiti organismi superiori ben definiti.Le uova di questo parassita si schiudono in mare, dando origine a diversi stadi larvali.
- Le larve vengono ingerite da crostacei di piccole dimensioni, come i gamberetti, che a loro volta vengono predati dalla fauna ittica.
I pesci che si sono cibati di questi crostacei infetti vengono parassitizzati dall’Anisakis, e così tutti gli organismi che di essi si cibano: uccelli, rettili, mammiferi marini. La fase adulta del parassita vive stabilmente all’interno di questi organismi superiori, ed in essi si riproduce: le uova, espulse con le feci, vanno a finire in mare dove il ciclo ricomincia.
- Gli esseri umani che si cibano di pesci infetti (crudi o poco cotti) vengono inevitabilmente parassitizzati dall’Anisakis, con conseguenze ben poco piacevoli.
- Il pericolo maggiore? L’assunzione di metalli pesanti I pericolosi livelli di metilmercurio rilevati nel pesce come il tonno, con cui si prepara il sushi sashimi, possono aumentare seriamente il rischio di malattie cardiovascolari, deficit cognitivo e alterare lo sviluppo cerebrale.
Esistono documentazioni scientifiche di persone che, mangiando sushi ogni giorno, hanno avuto seri problemi ai reni, spesso irreversibili. Ma non ci hanno sempre detto che il pesce fa bene? Si, il pesce fa bene ma se si tratta di grossi predatori che appartengono a una scala in alto nella catena alimentare è meglio evitare un consumo eccessivo; non tutti sanno che l’inquinamento atmosferico e marino hanno dato gravi problemi ai pesci nel mare, perché tutti i metalli pesanti (come piombo e mercurio) sono finiti proprio lì: se ne sono impregnate le alghe, i pesci più piccoli e gli organismi ancora più piccoli di cui si cibano i pesci.
Se il pesciolino è mangiato da un pesce più grosso, quest’ultimo avrà dentro di sé il doppio di quantità di metalli. Se un altro pesce lo mangia, ne avrà il triplo, finchè non si arriva più in alto come per il salmone e il tonno, e provate a immaginare quanto mercurio contengono questi alla fine. Esistono norme specifiche sui limiti di metalli pesanti che può contenere il pesce commercializzato, ma ovviamente non vengono rispettati in 9 casi su 10, ed è un problema che riguarda tutti i pesci del mondo indipendentemente dalla provenienza.
Quindi, sushi sì, ma attenzione a mangiarlo troppo spesso! Ricordo che la cottura dei cibi non elimina questo tipo di problema. Articolo scritto in data 19/07/2016 : Sushi-mania: buono si, ma fa male
Cosa fare per intossicazione da pesce crudo?
Cosa mangiare – La prima cosa da fare per riprendersi dopo un’intossicazione alimentare è rimanere a digiuno, Bisogna lasciare lo stomaco per un po’ a riposo e non mangiare nulla né di liquido, né di solido. Non è difficile perché generalmente non si ha fame. Il cibo può essere reintrodotto un po’ alla volta. All’inizio meglio mangiare alimenti secchi, facili da digerire:
pane tostato fette biscottate crackers banane mele
Successivamente potete introdurre riso e pasta ma conditi con un filo d’olio crudo e carni bianche. Per riprendervi del tutto, seguite un periodo più o meno lungo di dieta disintossicante, accompagnata da fermenti lattici per riequilibrare l’intestino. Inoltre, la può essere d’aiuto per contrastare la sensazione di nausea e vomito.
Perché bisogna abbattere il pesce crudo?
Pesce crudo, quali sono i rischi? – I pericoli in agguato per chi mangia pesce crudo sono molti. Innanzitutto, è bene sapere che il pesce non può essere consumato crudo senza subire prima dei processi termici, sia a casa sia al ristorante. Deve essere cotto per almeno un minuto a 60 gradi oppure deve essere abbattuto cioè viene congelato a una temperatura non superiore a – 20 gradi per almeno 24 ore nei ristoranti (grazie ad appositi strumenti) e per almeno 96 ore nel freezer di casa,
Le procedure di abbattimento sono efficaci per distruggere ogni presenza di parassiti, in particolare di anisakidosi, che sono normalmente presenti in numerose specie marine e che possono essere pericolosi per l’uomo se vengono ingeriti sottoforma di larve; essi provocano infatti sintomi come nausea, vomito, diarrea perché attaccano le mucose gastrointestinali o possono causare una reazione allergica.
Tra gli altri tipi di batteri e tossine che si possono trovare nel pesce crudo c’è inoltre la Listeria, l’Escherichia coli, la Salmonella, il Virus dell’Epatite A, tutti più o meno nocivi per la salute.