Cerchiamo di spiegare il perché un delfino sia un mammifero e non un pesce, Questo perché sono ancora in molti a non conoscere questa differenza e c’è ne accorgiamo durante le nostre conferenze. Un errore non fatto solamente da bambini ma anche da adulti.
- Il delfino è un cetaceo come la balena o l’orca,
- Sebbene la forma assomigli vagamente a quella di uno squalo, questo mammifero marino è imparentato più con l’uomo che con i pesci.
- I pesci sono apparsi sulla terra circa 500 milioni di anni fa.100 milioni di anni dopo, alcuni di loro sviluppano degli arti e pian piano escono dall’acqua.
Poi 50 milioni di anni fa, l’antenato comune dei cetacei, chiamati archeoceti, ripartì alla conquista degli oceani. In tutti i pesci, la pinna caudale è in posizione dritta. Lo agitano da destra a sinistra per spingersi in acqua. Le pinne pettorali fungono da timone.
- Nel delfino, la pinna caudale è posizionata diversamente, è orizzontale.
- Lo muove su e giù per muovers i.
- A differenza dei pesci, i delfini devono risalire regolarmente in superficie per respirare.
- È un bisogno vitale per lui poiché il suo respiro dipende da esso.
- Come tutti i mammiferi, il delfino respira attraverso i polmoni e non attraverso le branchie.
Rinnova il suo ossigeno in superficie respirando da piccolo foro situato nella parte superiore della testa. I pesci hanno invece le branchie che permettono di estrarre l’ossigeno direttamente dall’acqua. Come tutti i mammiferi, il delfino è un omeoterma (animale a sangue caldo).
- La temperatura del suo corpo è differente dalla temperatura dell’ambiente che lo circonda.
- Quindi non importa se l’acqua è fredda o calda, la manterrà stabile.
- I pesci sono invece ectotermi, o animali a sangue freddo.
- La loro temperatura interna varia in base a quella dell’acqua.
- Questo è il motivo per cui troviamo specie di pesci in alcuni luoghi e non in altri.
L’acqua troppo fredda o troppo calda può ucciderli. Come tutti i cetacei, il delfino è viviparo. Porta il suo cucciolo nel suo utero e lo alimenta attraverso un cordone ombelicale e poi con il suo seno alla nascita. Al contrario, la maggior parte dei pesci è ovipara ovvero depongono le uova.
Che pesce è il delfino?
I Cetacei – Balene, delfini e orche, insieme a focene, beluga e narvali, fanno parte del gruppo di marini chiamati Cetacei. Questo gruppo di animali strettamente imparentati tra loro comprende 85 specie delle più diverse dimensioni, dalla focena che pesa circa 100 kg ed è lunga 2 m, alla balenottera azzurra che è il più grande animale vivente, pesante anche 100.000 kg e lungo fino a 33 m.
I Cetacei si dividono in due sottogruppi. Del primo, quello degli Odontoceti, fanno parte tutte quelle specie ‒ delfini, orche e capodogli ‒ che possiedono denti, con cui possono mangiare anche grandi prede. Al secondo sottogruppo, quello dei Misticeti, appartengono invece balene e balenottere che al posto dei denti hanno fanoni, frange di pelle indurita (tessuto corneo) che pendono dalla mascella superiore.
I fanoni vengono usati per filtrare l’acqua e trattenere le minuscole prede costituite da animaletti planctonici.
Che tipo di animale è un delfino?
Con il termine ‘ delfino ‘ ci si riferisce generalmente a un gruppo appartenente ai Cetacei Odontoceti (letteralmente ‘con i denti’) che complessivamente comprendono 70 specie.
Come viene classificato il delfino?
Con il termine delfino si indica comunemente un gruppo di mammiferi marini, appartenenti all’ordine dei cetacei, sottordine degli Odontoceti, famiglie Delphinidae (delfini oceanici) e Platanistoidea (delfini di fiume), i cui membri sono in genere di piccole dimensioni.
Quanti stomaci hanno i delfini?
I delfini hanno infatti piu’ di 1 stomaco e questo ci ricorda la loro origine.
Perché i delfini sono intelligenti?
GLI ANIMALI PIÙ INTELLIGENTI AL MONDO – Nella classifica degli animali più intelligenti al mondo, il delfino appare al terzo posto, dopo lo scimpanzé (numero uno) e il maiale (secondo classificato). L’altissimo livello dell’intelligenza del delfino dipende proprio dalle sue alte capacità comunicative e quindi dall’ efficacia del suo linguaggio,
Come si chiama la femmina del delfino?
S.f.
Come fanno i delfini a dormire?
Ma come dormono i delfini, l’Acquario va in tv Come dormono i delfini? Riescono a fermarsi per riposare o continuano a nuotare ininterrottamente? Erika Esposti, addestratrice dell’Acquario di Genova, svela i segreti delle abitudini delfini nella puntata di Geo, la trasmissione di Rai 3 dedicata alla natura, in onda oggi su raitre dalle 16.40.
Da 8 a 12 ore al giorno. E’ il tempo di cui hanno bisogno per riposarsi a seconda dell’età. Non aspettatevi di vederli fermi nelle vasche perché i delfini letteralmente non dormono: si limitano a rallentare moltissimo il nuoto, non compiono alcuna attività fisica e fanno riposare metà cervello per volta.
Non a caso riposo si muovono in coppia, guardandosi, per sincronizzare i movimenti, mantenersi vicini, e collaborare nel controllo dell’area intorno per individuare eventuali pericoli durante la fase di relax.Sono i risultati dei ricercatori dell’Acquario che hanno osservato e analizzato i comportamenti dei mammiferi, in particolare dei cuccioli “Anche se non smettono di nuotare nei primi mesi di vita possono dormire persino 12 ore al giorno- spiegano- Poi pian piano si stabilizzano e trovano un nuovo equilibrio, riposano in media 7 ore proprio come gli essere umani”.
Intanto dalle vasche dell’Acquario i riflettori restano accesi su mamma Naù e la piccola delfina nata lo scorso settembre, ancora in attesa di un nome che sarà scelto dai visitatori dell’acquario : davanti alla vasca nursery del Padiglione Cetacei, mentre il piccolo mammifero si riposa, si può votare tra cinque nomi Trilly, Lavinia, Goccia, Stella, Maya,
(In palio 3 tablet iPad Air, regolamento su ) : Ma come dormono i delfini, l’Acquario va in tv
Cosa non può fare il delfino?
Delfino Il delfino è senza alcun dubbio il mammifero acquatico più conosciuto e amato. Le specie che si possono più facilmente incontrare nelle acque delle Galapagos sono il delfino a “naso di bottiglia”( Tursiops Truncatus ) e il delfino comune ( Delphinus Delphis ).
Lunghezza media : 200-250 cm Peso medio : 70-130 kg Longevità : 25-30 anni |
CARATTERISTICHE FISICHE Il corpo di un delfino, o di un qualsiasi altro Cetaceo, si presenta estremamente idrodinamico, in modo da consentirgli di nuotare agilmente. La pelle, estremamente liscia e senza peli, contribuisce a ridurre la resistenza dell’acqua secernendo olio o muco.
- Infatti è dotata, all’ interno, di speciali creste cutanee che contrastano la formazione di vortici, così come particolari secrezioni oleose eliminano la turbolenza dell’acqua ed ne agevolano lo scivolamento sulla superficie.
- Riescono quindi a raggiungere velocità massima di circa 45 km/h e navigare per lunghi periodi ad una velocità di 18-20km/h.
Lo scheletro è assai debole dal momento che non hanno alcun bisogno di sostenere il loro corpo.
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Una mamma-delfino con il suo cucciolo |
Le vertebre del cervicali sono corte e spesso fuse in modo da conferire una grande forza al collo, impedendogli di flettersi e quindi costituire un ostacolo per il nuoto. Gli arti anteriori si sono trasformati in due natatoie ben sviluppate, mentre gli arti posteriori sono scomparsi e gli unici residui di osso pelvico sono due ossicini dietro ai muscoli.
- Le natatoie e la pinna dorsale servono a mantenere la direzione e l’equilibrio, mentre i lobi della coda spingono il corpo dentro l’acqua.
- La coda rappresenta una delle caratteristiche anatomiche peculiari dei Cetacei, in quanto si differenzia da quelle dei pesci poiché si è sviluppata in senso orizzontale.
Il cranio è “telescopico”, cioè spinto all’indietro a partire dalla fronte, ha occhi indipendenti e posizionati in modo tale da consentire una vista frontale (cosa che non accade nelle balene), ha molti denti sottili e appuntiti(il numero varia a seconda delle specie considerate: ad esempio il delfino comune ne ha circa 200), infine sulla sommità, leggermente spostato a sinistra ha lo sfiatatoio: l’unica narice chiusa da un lembo di pelle.
- La pinna caudale è priva di struttura ossea, ma provvista di una robusta muscolatura e resistenti fasci fibrosi.
- Imprime un’eccezionale propulsione al nuoto grazie alle potenti battute verticali dei suoi lobi.
- I muscoli della loro coda sono dieci volte più potenti di quanto non lo siano quelli degli altri mammiferi.
Il movimento verso l’alto genera il moto, il ritorno passivo verso il basso riconduce alla posizione iniziale. Questa dinamica sembra consentire al flusso laminare di separarsi alla fine del corpo dell’animale senza provocare attriti, che invece la muscolatura di un Cetaceo non sarebbe in grado di vincere.
- Senza utilizzare la forza muscolare i delfini sono abilissimi a cavalcare le onde sfruttando i flussi prodotti dal vento o dalla prua delle navi, ma è “pinneggiando” con vigore e girandosi su un fianco che riescono a raggiungere le loro incomparabili velocità.
- I delfini sono, inoltre, animali a sangue caldo e devono quindi essere in grado di conservare il calore del corpo.
Per questo motivo hanno dimensioni maggiori rispetto agli animali a sangue freddo (i delfini oceanici sono lunghi mediamente 220 cm, mentre quelli di fiume 215 cm ). Il calore è prodotto all’interno dell’animale, e si disperde attraverso l’epidermide: essi creano più calore di quanto in realtà ne perdano rimanendo così caldi.
- Inoltre lo spesso strato di grasso sotto la loro pelle (adipe) isola il corpo e ne conserva il calore.
- Ancora, il loro apparato circolatorio contribuisce al risparmio di calore; il sangue, infatti, si raffredda a mano a mano che scorre verso le estremità del corpo.
- I vasi sanguigni presenti nella code, nelle pinne pettorali e in quella dorsale sono quindi sistemati in modo che il sangue che ne defluisce venga riscaldato prima di ritornare ad altre parti del corpo.
ALIMENTAZIONE
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Un gruppo di tursiopi |
Generalmente la loro alimentazione varia dal pesce (aringhe, capelin) ai calamari sino ai crostacei, a seconda delle diverse specie e della disponibilità. I molti denti dei delfini, piccoli, taglienti ed appuntiti, non servono per masticare il cibo, che viene inghiottito intero, ma semplicemente ad afferrare il pesce viscido.
- L’alimentazione fa comunque parte di un comportamento sociale perchè, sebbene siano in grado, quando il cibo è più abbondante, di alimentarsi da soli, solitamente formano colonie di 6-20 individui per organizzare vere e proprie battute di caccia,
- Ancora più numerosi sono i gruppi che formano i delfini che vivono in pieno oceano dove possono arrivare ad unirsi centinaia di individui.
La predazione è attentamente organizzata : i tursiopi, per esempio, circondano i banchi di pesce, stringendoli in spazi sempre più piccoli ed entrando al centro, per nutrirsi, uno alla volta, cominciando dagli individui dominanti (i maschi) e procedendo con i soggetti collocati più in basso nella scala gerarchica (femmine e giovani).
I delfini usano l’ per individuare le prede, ma è anche probabile che il sonar serva a stordire e disorientare le prede, rendendone così più semplice la cattura. Per quanto riguarda invece il fabbisogno di acqua dei delfini, è interessante sapere che non bevono l’acqua del mare filtrandola, ma assorbono direttamente quella contenuta nel pesce di cui si nutrono. ORGANIZZAZIONE
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Un branco di delfini |
Escludendo i delfini costieri che conducono una vita solitaria, gli altri si organizzano i gruppi di numerosità variabile : da 2 a più di mille soggetti. Solitamente si contano 20-100 individui per gruppo e in quelli più numerosi ci sono ulteriori suddivisioni in gruppetti più piccoli collegati tra loro.
All’interno di ogni branco vige una rigorosa gerarchia sociale in cui i maschi sono gli individui dominanti (che quindi hanno il diritto di nutrirsi per primi) seguiti dalle femmine e dai giovani. In ogni gruppo le femmine e i piccoli nuotano al centro del branco in modo che i maschi possano proteggerli da attacchi nemici.
Non è infatti raro che le orche o gli squali attacchino questi cetacei che considerano delle prede. I gruppi non sono fissi nel tempo: il numero di individui al suo interno può variare per l’allontanamento temporaneo di un maschio che va ad accoppiarsi con femmine di altri branchi, o per il distacco di giovani che formano una nuova comunità o per il ritorno di giovani femmine che hanno raggiunto la maturità sessuale.
Delfino
Chi si mangia il delfino?
Tra i maggiori consumatori di delfini, balene, foche, leoni di mare e persino trichechi vi sono gli stati dell’Africa occidentale, il Perù, il Brasile, la Colombia, Trinidad e Tobago, il Madagascar, lo Sri Lanka, l’India, le Filippine e Burma.
Come si salutano i delfini?
Comunicazione. Questa la parola chiave della nostra epoca e non solo per noi umani. Anche gli amici animali vogliono dire la loro e se le possibilità cibernetiche non sono per tutti, la necessità di comunicare passa per altri mezzi. A insegnarci nuovi tipi di comunicazione e nuove frontiere per il significato sono i delfini, animali da sempre considerati tra i più intelligenti, socievoli e simpatici.
Infatti, è stato fatto un nuovo passo in avanti nella ‘traduzione’ del linguaggio di questi simpatici animali: uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di S. Andrews in Scozia, analizzando i suoni emessi dagli esemplari in libertà, ha identificato alcuni particolari accorgimenti attraverso i quali questi mammiferi marini comunicano tra loro e si riconoscono.
Da quando si è cominciato ad analizzare il linguaggio dei delfini, ci si era sempre limitati a studi condotti su esemplari in cattività, ma attraverso l’uso di nuovi ‘sistemi acustici passivi’ i ricercatori, come riportato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B, hanno potuto ascoltare i suoni emessi dai delfini nel loro ambiente naturale marino, dove vivono in gruppi di diverse decine di individui e dove le relazioni sono molto più complesse che in un acquario.
- SALUTARSI CON UN FISCHIO – Vincent Janik e Quick Nicola hanno così scoperto che quando un esemplare incontra un altro delfino emette una sorta di ‘firma vocale’ – utilizzata quasi per salutarsi – che consente agli animali di riconoscersi tra loro.
- In cosa consisterà questo atto comunicativo? Presto detto: questo saluto avviene attraverso un fischio che peraltro non costituisce l’unico metodo di comunicazione di questi animali, altri sistemi consistono infatti nella produzione di piccole onde e nell’emissione di suoni sordi.
Le osservazioni in mare aperto presentano peraltro grosse difficoltà: i suoni infatti vengono deformati col variare di determinati parametri come la salinità, la pressione, la profondità, la distanza tra chi li emette e chi li ascolta, a seconda che ci si allontani o ci si avvicini, inoltre, i fischi perdono alcune delle loro componenti.
Non si può escludere pertanto che, più del fischio in sé, contino come elemento significante le ‘frequenze dominanti’, che verrebbero emesse e percepite come una sorta di alfabeto Morse. A SCUOLA DI DELFINI – La scoperta scientifica e bimbi alla scoperta del mondo che li circonda: stiamo parlando del ‘Progetto Delfini’: una serie di attività educative proposte anche quest’anno dall’Ente nazionale protezione animali (Enpa) che ha coinvolto circa 220mila bambini, insieme a oltre mille scuole e 10mila classi raggiunte dai volontari nel, che ha lanciato il progetto nel 2000.
Si tratta, spiega l’Enpa, di un percorso a tappe pensato per sensibilizzare i più piccoli – e attraverso di loro gli adulti – al rispetto per gli animali e, più in generale, al diverso da sé, Il viaggio di quest’anno alla scoperta dell’alterità è iniziato a Milano, con una lezione itinerante degli alunni della quinta elementare a bordo del ‘Tramito’.
- Il secondo step sarà la giornata ‘Rifugi Aperti’, in calendario sabato 12 maggio, che consentirà di visitare 13 rifugi dell’Enpa.
- «I ‘cucciolotti d’uomo’ sono il nostro investimento per il futuro.
- Per raggiungere i loro cuori è necessario usare strumenti educativi innovativi, coinvolgendo attivamente i bambini con il gioco, il divertimento e l’esperienza in prima persona – spiega Marco Bravi, responsabile Comunicazione e Sviluppo Enpa.
«Per questo – prosegue – abbiamo voluto creare un legame speciale tra bimbi e quattrozampe con la più grande iniziativa di adozione a distanza mai realizzata. A finanziare l’adozione – conclude – è un album di figurine chiamato ‘Amici Cucciolotti 2012».
- Acquistando le figurine, i bambini hanno adottato a distanza più di 3.500 randagi accuditi dall’ Enpa, e nella giornata ‘Rifugi Aperti’ potranno far visita, insieme alle famiglie, agli animali che hanno aiutato.
- Insomma bambini e mondo animale sempre più vicini, nella comunicazione come nella solidarietà.
Emanuele Ciogli
Perché i delfini si drogano?
Lo sapevi che i delfini si drogano? Non è una vera e propria droga, ma l’effetto che fa è simile a quello che può produrre una sostanza stupefacente sull’essere umano. E i delfini, animali intelligentissimi, hanno scoperto come ottenere un effetto.
- Stupefacente in modo naturale.
- La loro droga è, infatti, l’aria di un tipo particolare di pesce palla che, se aspirata in piccole quantità, può essere tossica per i nostri amici e procurare qualche momento di trance.
- Alcuni scienziati inglesi, mentre facevano le riprese per un documentario sui delfini, hanno osservato questi mammiferi passarsi delicatamente un pesce palla, annusarlo e poi trascorrere qualche momento in trance galleggiando quasi come ipnotizzati.
Guardate questo video! (La tartaruga è un robot acquatico dotato di telecamere) VIDEO: DELFINI CHE SI DROGANO E non sono gli unici animali a drogarsi. Gli elefanti, per esempio sono dei grandi bevitori e ubriaconi. Scopri qui come fanno: I gatti si drogano con l’erba gatta, e ancora le mucche, le capre, le scimmie e anche alcune specie di uccelli riescono a farlo utilizzando sostanze naturali o altri animali che, intossicandoli leggermente, producono in loro effetti davvero strani! 23 marzo 2014 : Lo sapevi che i delfini si drogano?
Cosa spaventa i delfini?
I delfini si curano la pelle con coralli e spugne – Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile Scelgono coralli e spugne che contengono sostanze biologicamente attive e hanno utili proprietà biofunzionali Quando una persona ha un’eruzione cutanea, può andare dal medico e farsi prescrivere un unguento da applicare.
- Anche i delfini tursiopi indo-pacifici ( Tursiops aduncus ) hanno problemi alla pelle, ma ottengono sollievo sfregandosi contro alcuni coralli e spugne.
- A rivelarlo è lo “Evidence that Indo-Pacific bottlenose dolphins self-medicate with invertebrates in coral reefs” pubblicato su iScience da un team di ricercatori tedeschi, svizzeri ed egiziani guidato da Gertrud Morlock della Justus-Liebig-Universität Gießen (JLU), che ha scoperto che «Questi coralli e spugne, contro i quali si sfregano i delfini, contengono sostanze biologicamente attive e hanno utili proprietà biofunzionali.
Questo suggerisce che i delfini possono utilizzare gli invertebrati marini per curare i problemi della pelle». Studi precedenti avevano scoperto che i delfini sono vulnerabili a malattie della pelle come infezioni da poxvirus o malattie fungine come la lobomicosi.
La ricerca è stata supportata da: ministero dell’ambiente egiziano, ranger dela Red Sea National Parks Authority, Sawiris Foundation, Deutschen Forschungsgemeinschaft, TU Berlin, Campus El Gouna, Dolphin Watch Alliance, Orca Dive Club El Gouna sowie sowie an Aqualung e Merck, Darmstadt.13 anni fa, Angela Ziltener, una biologa svizzera dell’Universität Zürich, osservò per la prima volta i delfini sfregarsi contro i coralli nel Mar selezionavano le specie di coralli sulle quali strofinarsi: »Non avevo mai visto prima questo comportamento quando si sfregavano sui coralli prima ed era chiaro che i delfini sapevano esattamente quale corallo volevano usare», dice la Ziltener.
La maggior parte delle ricerche sui delfini viene effettuata dalla superficie dell’acqua, ma la Ziltener è una subacquea e quindi è stata in grado di studiare i delfini più da vicino. Le ci è voluto del tempo per guadagnarsi la fiducia dei delfini, anche perché delfini sono spaventati dalle grandi bolle rilasciate dalle bombole e si sono dovuti abituare ai subacquei.
- «Alcuni delfini, come le stenelle dal lungo rostro del Mar Rosso dell’Egitto meridionale, sono più timide quando si tratta di bolle d’aria», spiega la biologa svizzera.
- Quando i delfini hanno permesso al team della Ziltener di avvicinarsi loro regolarmente, gli scienziati sono stati in grado di identificare ed esaminare i coralli e le spugne contro i quali si sfregano i delfini.
Alla JLU evidenziano che «I ricercatori hanno scoperto che lo sfregamento ripetuto dei coralli causa la fuoriuscita di muco dai minuscoli polipi che compongono la comunità dei coralli». Alcuni delfini strappano persino il corallo di cuoio dal fondale marino, lo tengono in bocca e lo agitano fino a quando non fuoriesce una sostanza gialla e verde che macchia il loro muso e il loro corpo.
- Per comprendere le proprietà di questo muco, il team di ricerca ne ha raccolto dei campioni.
- Quando la Morlock, chimica analitica e scienziata alimentare alla JLU Giessen, e il suo team hanno campionato e analizzato la gorgonia Rumphella aggregata, il corallo di cuoio Sarcophyton sp,
- E la spugna Ircinia sp.
, hanno trovato 17 sostanze biologicamente attive con proprietà antimicrobiche, antiossidanti, ormonali e tossiche. La scoperta di questi composti biologicamente attivi ha portato il team a ipotizzare che «Il muco di corallo e spugna serva a regolare il microbioma della pelle dei delfini e a curare o prevenire l’infezione» e la Morlock aggiunge che «Lo sfregamento ripetuto fa sì che le sostanze biologicamente attive nei coralli e nelle spugne entrino in contatto con la pelle dei delfini».
Le barriere coralline dove si trovano questi coralli sono siti importanti per le popolazioni di delfini locali. La Ziltener ricorda che «Molte persone non sanno che queste barriere coralline sono luoghi in cui dormono i delfini, ma anche aree di gioco. Tra un sonnellino e l’altro, i delfini spesso si svegliano per strofinarsi contro il corallo.
E’ quasi come se si lavassero e si ripulissero prima di andare a dormire o alzarsi per iniziare la giornata». Nel complesso, il raduno dei delfini per auto-curarsi è pacifico e i cetacei non combattono tra loro per strofinarsi contro i coralli e le spugne.
- «Non è che si stiano combattendo per il turno – ha detto la Ziltener a Science News – No, aspettano, e poi passano».
- I ricercatori hanno anche osservato che i delfini adulti insegnano questo comportamento curativo ai cuccioli: quando un branco di 360 delfini ha visitato una barriera corallina del Mar Rosso settentrionale, hanno notato che i cuccioli di età inferiore a un anno guardavano gli adulti che si strofinavano contro i coralli.
Ma i delfini adulti si sfregavano contro gli invertebrati solo in condizioni tranquille e calme. Se nell’area arrivavano delle barche i delfini non utilizzavano i coralli per curarsi. Michael Huffman, un esperto di automedicazione animale dell’università di Kyoto, che non è stato coinvolto nella ricerca, ha commentato: «Ho atteso a lungo uno studio davvero solido sull’automedicazione in una specie animale marina».
E il nuovo studio pone certamente solide basi che andranno rafforzate con ulteriori ricerche per confermare se i delfini si stanno sfregando contro coralli e spugne per curare le infezioni della pelle e il team di ricercatori ha in programma di esaminare in che modo il comportamento di sfregamento dei coralli differisce nei delfini di sesso ed età diversi e quali aree del corpo i delfini si sfiorano di più.
La Ziltener conclude su Popular Science : «Sebbene siano necessari ulteriori studi, la scoperta rivela l’importanza della conservazione dei sistemi della barriera corallina. Finora, con questa pubblicazione, abbiamo potuto solo mostrare il legame tra gli invertebrati e i delfini».
Cosa bevono i delfini?
Generalmente, infatti, i cetacei non bevono, ma assorbono l’acqua presente nei cibi o la ricavano attraverso le vie metaboliche di degradazione di carboidrati, proteine e lipidi.
Perché si chiama pesce cane?
Pescecane e squalo sono la stessa cosa? – Perchè lo squalo viene chiamato anche pesce cane? Nel linguaggio comune, e più precisamente dal ‘700, lo squalo in generale viene anche chiamato pescecane. Il motivo risale al 1758, quando il naturalista svedese Carl von Linné diede come nome scientifico del : “Carcharodon Carcharias” (infatti karcharías in greco significa proprio pescecane).
Come mai si è estinto il Megalodonte?
L’estinzione dello squalo megalodonte – Il megalodonte era il re indiscutibile dei mari: si nutriva di prede di diverse dimensioni (tra cui le grandi balene) ed aveva una preferenza per le calde acque dei tropici come luogo per la riproduzione. Purtroppo però, più o meno all’improvviso, la popolazione di questi squali ha cominciato a perdere sempre più esemplari, fino a raggiungere la completa estinzione.
Cambiamento climatico : a seguito della grande glaciazione i mari divennero molto più freddi, riducendo l’habitat e le aree di riproduzione del megalodonte. Mancanza di cibo: alcuni paleontologi sostengono che, data la scarsità di cibo, alcuni megalodonti abbiano fatto ricorso al cannibalismo. Competizione con altre specie: la comparsa di altre specie, sebbene di dimensioni più piccole, erano un’ulteriore concorrenza nella ricerca di cibo.
Secondo l’opinione corrente dei paleontologi, la combinazione di queste tre cause spiegherebbe perché lo squalo megalodonte si sia estinto.
Quanti cervelli ha un delfino?
Salta al contenuto Il cervello dei Delfini è da sempre considerato uno dei più complessi e di dimensioni in proporzione maggiori rispetto al resto del corpo, con dimensioni paragonabili a quelli di una scimmia antropomorfa. Rispetto a quello umano il cervello dei delfini è anch’esso composto da due emisferi, ma con una minore componente di corteccia.
Dei due emisferi almeno uno, in alternanza, rimane sempre sveglio, permettendo la respirazione, in questi animali solo volontaria. Tale sviluppo e complessità del cervello è da molti scienziati valutato come sinonimo di intelligenza e grandi potenzialità, anche di linguaggio, mentre per altri tali caratteristiche permettono loro solo la capacità di svolgere curiose attività motorie, tipo il “camminare” all’indietro sull’acqua utilizzando la coda come perno.
Un’ulteriore caratteristica del cervello dei delfini è l’assenza di una replicazione dei neuroni, molto simile a quella che avviene in quello umano, ove invece ogni tentativo di riparazione è supportato dalla neuroplasticità, cioè la capacità di assumere caratteristiche e funzioni di altre cellule neuronali, solo limitatamente caratterizzata da replicazioni cellulari.
Una recente ricerca, svolta dal Gruppo di Ricerca del prof. Luca Bonfanti del Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi (NICO) con sede ad Orbassano, focalizzata sull’importanza dello studiare il cervello dei delfino per meglio capire la plasticità neuronale (e l’evoluzione) umana, è stata pubblicata sulla Rivista Brain Structure and Function,
Leggiamo il Comunicato Stampa relativo a tale ricerca: La neurogenesi è legata all’esistenza della funzione olfattiva: lo hanno dimostrato i ricercatori del Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi-Università di Torino con un lavoro di 4 anni sui delfini, che non hanno olfatto,
Da circa due decenni sappiamo che alcune aree del cervello dei Mammiferi (uomo compreso) sono in grado di generare nuovi neuroni anche nell’individuo adulto. Nel corso degli anni, lo sforzo congiunto di numerosi laboratori ha cercato di sfruttare questa “neurogenesi adulta” per riparare i danni cerebrali, ma i processi riparativi e rigenerativi sembrano scomparsi dal nostro cervello a causa di scelte evolutive.
Da tempo si ipotizza che la plasticità neurogenica sia legata esclusivamente a funzioni fisiologiche, come la memoria, l’apprendimento e la capacità di adattarsi all’ambiente. Nei topi e nei ratti (animali da laboratorio) la zona cerebrale più attiva sotto questo profilo fornisce nuovi neuroni al bulbo olfattivo: l’area cerebrale che percepisce gli odori e che pertanto è legata alla sopravvivenza dell’animale (ricerca del cibo, percezione dei predatori e sfera riproduttiva).
Nell’uomo, in cui l’olfatto è diventato meno importante per la sopravvivenza, questa regione è meno attiva e da alcuni considerata “vestigiale”. Per risolvere l’enigma, il gruppo di ricerca del prof. Luca Bonfanti del Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi (NICO, con sede a Orbassano, Torino) ha deciso di studiare la stessa regione cerebrale nei delfini, sapendo che questi mammiferi acquatici non hanno olfatto (lo hanno perso 40 milioni di anni fa, sostituendolo con l’eco-localizzazione).
In un lavoro durato 4 anni, interamente realizzato al NICO e grazie al dottorato in Scienze Veterinarie dell’Università di Torino, sono state analizzate 12.000 fettine di cervello appartenente a 10 delfini (neonati e adulti). I risultati, pubblicati sulla rivista Brain Structure & Function, confermano che la regione esiste, ma non produce neuroni (fenomeno mai osservato in altre specie animali).
L’assenza di neurogenesi adulta nei delfini (in realtà mancante già dalla nascita) dimostra che il fenomeno è indissolubilmente legato all’esistenza della funzione olfattiva. Ma la persistenza di un residuo vestigiale della regione originaria (l’antenato dei delfini attuali era un mammifero terrestre anch’esso dotato di olfatto, poi passato all’ambiente acquatico) indica una progressiva perdita delle capacità neurogeniche nel corso dell’evoluzione, confermando la tendenza ipotizzata nell’uomo.
« Questi risultati – afferma il coordinatore della ricerca Luca Bonfanti del NICO – non escludono che la ricerca possa riuscire, un giorno, a modulare a scopo terapeutico i residui di attività neurogenica rimanenti nell’uomo, e chiariscono un dubbio che ha assillato per decenni i neuroscienziati: perché la neurogenesi diminuisce in specie longeve e con cervello grande, come la nostra! ».
Dove uccidono i delfini?
Strage di delfini alle Isole Faroe: perché? Una tradizione vichinga come alibi per l’uccisione di circa 1500 mammiferi marini. Una strage senza senso che ha sconvolto il mondo ma è legale per il governo scandinavo. La caccia alle balene e ai delfini è una tradizione ormai consolidata nelle Isole Faroe (un territorio autonomo della Danimarca ).
Chi si mangia il delfino?
Tra i maggiori consumatori di delfini, balene, foche, leoni di mare e persino trichechi vi sono gli stati dell’Africa occidentale, il Perù, il Brasile, la Colombia, Trinidad e Tobago, il Madagascar, lo Sri Lanka, l’India, le Filippine e Burma.
Dove si mangia la carne di delfino?
In Italia è proibita la caccia del delfino ed il suo consumo. In passato veniva mangiato in Liguria, in Sardegna e in Toscana, in particolare a Viareggio (nel cui dialetto locale era chiamato pescio-porco o porco di mare), dove il piatto più preparato con questa carne era il mosciamme.
Quanto costa un delfino?
Delfini ”deportati” Delfini ”deportati” Un branco di delfini catturato, venduto a un parco acquatico e trasportato su un jet a migliaia di km.
Pericoli vecchi e nuovi. Gli abitanti delle Isole Salomone tradizionalmente cacciano i delfini per mangiarne la carne e raccoglierne i denti da utilizzare come dote delle cerimonie nuziali. |
Quanto costa acquistare un delfino? Circa 260 euro. Almeno questa è stato il prezzo offerto da una società occidentale ai cacciatori di delfini delle Isole Salomon, l’arcipelago di 1000 isole a nord-est dell’Australia. I circa 200 delfini catturati sono stati poi venduti sul mercato a più di 20 mila euro.25 sfortunati esemplari sono stati dirottati su un cargo aereo e trasportati nel parco acquatico di Cancun, in Messico.
A tutti i costi. Il trasferimento però sembra aver violato le leggi internazionali sul commercio delle specie stabilite dal Cites (l’organismo che si occupa di commercio di animali in pericolo d’estinzione). E soprattutto non è stato privo di rischi: «Questa specie è abituata a vivere nelle acque fredde dell’Oceano Pacifico – sottolineano alcune organizzazioni ambientaliste – e in quelle messicane ci sono 28 gradi centigradi.
Cambia la rete alimentare e l’habitat nel complesso, e quindi i delfini potrebbero subire un forte trauma fisico». Un secondo rischio è che i delfini delle Salomon mettano a repentaglio la salute delle specie che popolano le acque messicane portando delle infezioni.
( Notizia aggiornata al 31 luglio 2003 )
25 luglio 2003 : Delfini ”deportati”
Cosa si fa con la carne di delfino?
Carne di delfino: si serve illegalmente nei ristoranti italiani Carne di delfino nel piatto. Non accade nel lontano Giappone, ma in alcuni ristoranti della nostra bella Italia. Non importa che la vendita sia vietata, non conta il rischio di finire in prigione o di ingerire mercurio.
- E nemmeno, ovviamente, la protezione di animali a rischio estinzione.
- Se conoscete le persone giuste, il “black”, questo il nome in codice del mosciame di delfino, è servito anche in Italia.
- Carne di delfino nel piatto.
- Non accade nel lontano Giappone, ma in alcuni ristoranti della nostra bella Italia.
Non importa che la vendita sia vietata, non conta il rischio di finire in prigione o di E nemmeno, ovviamente, la protezione di animali a rischio estinzione. Se conoscete le persone giuste, il “black”, questo il nome in codice del mosciame di delfino, è servito anche in Italia.
- È questo l’inquietante quadro tracciato da un servizio di Giulio Golia andato in onda ieri sera durante la puntata de Le Iene Show.
- Grazie ad alcuni complici, è stato infatti possibile documentare il mercato italiano clandestino della carne di delfino, servita a 180-200 euro al chilo da alcuni compiacenti ristoratori del litorale laziale, che offrono il “servizio” ai clienti più esigenti, discreti e appassionati di un’anacronistica e crudele tradizione alimentare.
“Questo non si mangia da me, eh?!”, ci tengono a sottolineare i criminali. Ma come fanno a procurarsi i filetti di un animale che è vietato catturare nel nostro Paese? Si può trattare di esemplari che si incastrano per sbaglio nelle reti, spesso sapientemente gettate proprio nei luoghi in cui possono essere catturati, che i pescatori non esitano a prendere a bastonate in testa per ucciderli.
Per sfuggire i controlli, poi, si provvede subito a eliminare testa, coda e ogni particolare che possa ricondurre ai delfini. Il delfino, quindi, viene spacciato per uno squalo e può giungere tranquillamente in tavola, preparato alla catalana, alla ligure, affumicato o essiccato. Il delfino, però, non viene venduto solo al ristorante: in zona ci sono veri e propri grossisti, i cui frigoriferi abbondano di costosi pezzi di cetacei sottovuoto.
È tutto vero? Purtroppo sì. Per essere sicuri che si tratti davvero di delfino, Le Iene hanno fatto analizzare i campioni raccolti. Il dna non mente: il delfino più comune dei nostri mari.
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