Crudità di pesce: quale pesce si mangia crudo? – Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare una premessa. I pesci che si possono mangiare crudi sono moltissimi: tonno, pesce spada, ricciola, dentice, orata molluschi, come capesante e seppie, e crostacei come aragoste, astici, gamberi interi, scampi e così via.
- Tuttavia c’è un rischio nel mangiare il pesce crudo: quello di incontrare l’anisakis, un parassita che può causare nausea, vomito, dolori addominali e febbre.
- Oltre a questo parassita, ingerire pesce crudo non correttamente abbattuto può portare a contrarre l’escherichia coli e la salmonella.
- Per questo motivo è sempre ideale prendere delle precauzioni.
Esistono pochi ma importanti regole da seguire per mettere in sicurezza il nostro organismo da fastidiose reazioni avverse. La prima raccomandazione è quella di abbattere il pesce dopo averlo acquistato. Per farlo bisogna posizionare il prodotto al freddo molto rapidamente, in un piatto pulito e coperto con pellicola trasparente: la temperatura va portata a -20 per 24 ore con un abbattitore professionale,
Cosa si prende mangiando pesce crudo?
Video Anisakis Laboratorio Ispezione degli alimenti IZSM Portici Quali sono i rischi associati al consumo di pesce crudo? Mangiare pesce crudo comporta sicuramente un alto rischio malattie alimentari causate da batteri patogeni, oppure da parassiti. Il rischio maggiore per chi consuma pesce crudo si chiama Anisakidosi.
Cos’è l’Anisakidiosi? L’anisakidosi è una parassitosi che può colpire l’uomo, causata da vermi tondi (nematodi), appartenenti alla famiglia degli Anisakidae, composta da quattro generi: Anisakis, Pseudoteranova, Contracaecum e Hysterothylacium. Di questi, i primi tre generi sono responsabili di zoonosi mentre il genere Hysterothylacium non è patogeno, data la termolabilità del parassita (muore alla temperatura di 30°C).
Il genere Anisakis, il più diffuso, è il principale responsabile di parassitosi, in quanto è in grado di sopravvivere a trattamenti di affumicatura a freddo, a trattamenti di marinatura con basso tenore di sale ed alle temperature di refrigerazione. Viene ucciso con temperature superiori a 60°C per 10 minuti e dal congelamento (almeno 24 ore a – 20°C).
- Nei pesci le larve, che misurano circa 4 mm, si localizzano sulle sierose di fegato, ovaio, stomaco e intestino, dove tendono a incistarsi e assumere una caratteristica forma a spirale.
- Quali sono i prodotti ittici maggiormente a rischio per l’Anisakidosi? I prodotti ittici dei mari italiani più frequentemente parassitati sono: sardine, aringhe, acciughe, sgombri, gadidi, sparidi, lophidi, pesci S.
Pietro, pesci sciabola (quasi sempre infestati), totani, calamari. Il rischio è legato al consumo dei prodotti ittici crudi, marinati o affumicati a freddo, sushi e sashimi, ultime tendenze provenienti dall’Oriente, semiconserve domestiche a base di pesce azzurro. Il parassita adulto vive nello stomaco di vari cetacei (balene, delfini). Questi eliminano attraverso le feci le uova da cui si sviluppano le larve, dette di secondo stadio, che infestano piccoli crostacei marini, divenendo larve di terzo stadio. Quando questi crostacei vengono ingeriti dall’ospite definitivo, la larva diventa di quarto stadio e il ciclo ricomincia.
- Pesci e cefalopodi che si cibano di questi crostacei possono fungere da ospiti intermedi, dove la larva rimane di terzo stadio e tende a migrare in cavità celomatica.
- Se il pesce parassitato viene ingerito dall’ospite definitivo, il ciclo si chiude.
- In che modo l’uomo può contrarre l’Anisakidosi? L’uomo può comportarsi da ospite accidentale contraendo l’infezione cibandosi degli ospiti intermedi naturali (pesci e cefalopodi: come acciughe, sardine, sgombri, totani e calamari).
Sono a rischio le popolazioni che maggiormente si cibano di pesce crudo (Paesi Scandinavi, Giappone). Come si manifesta l’infezione da Anisakis? Quali sono i principali sintomi? Nella migliore delle ipotesi, una volta ingerita, la larva muore o non dà sintomi.
In alcuni casi, soprattutto quando vengono ingerite più larve, in seguito all’assunzione di pesce infetto crudo, non completamente cotto o in salamoia, le larve possono impiantarsi sulla parete dell’apparato gastrointestinale, dallo stomaco fino al colon. Per difendersi dai succhi gastrici, attaccano le mucose con grande capacità perforante, determinando una parassitosi acuta o cronica.
La parassitosi acuta da Anisakis insorge già dopo poche ore dall’ingestione di pesce crudo e si manifesta con intenso dolore addominale, nausea, vomito ed occasionalmente febbre. Le forme croniche sono diverse, possono mimare svariate malattie infiammatorie e ulcerose del tratto intestinale oppure coinvolgere altri organi come fegato, milza, pancreas, vasi ematici e miocardio.
- E l’allergia ad Anisakis? Da alcuni anni, Anisakis è stato riconosciuto anche come possibile causa di allergia.
- I soggetti sensibili possono avere reazioni allergiche non solo ingerendo il pesce infetto ma anche manipolandolo o respirando allergeni diffusi nell’aria.
- Si tratta di un rischio prevalentemente legato alla lavorazione del pesce (malattia professionale che riguarda i lavoratori nel settore della trasformazione dei prodotti ittici).
Sono state osservate in questi casi reazioni che vanno dall’orticaria, all’angioedema, alla rinite o congiuntivite, all’asma, allo shock anafilattico. L’allergia all’Anisakis compare immediatamente dopo esserne venuti a contatto, o dopo aver consumato il pesce contaminato a causa della sensibilizzazione alle proteine antigeniche termoresistenti del parassita.
Su cosa si basa la diagnosi di Anisakidosi? La diagnosi di sospetto di Anisakidosi si basa sull’osservazione dei sintomi e sul riscontro dell’ingestione di prodotti ittici a rischio. La diagnosi di certezza è molto difficoltosa e può essere emessa solo previa identificazione del parassita nei tessuti prelevati durante biopsie o endoscopie.
Non esistono, infatti, test sierologici affidabili. Per quanto concerne invece le forme allergiche si possono utilizzare alcune prove di laboratorio e lo skin test che consente di vedere la reazione del paziente dopo contatto con gli antigeni del parassita.
- Qual è la terapia per l’infezione da Anisakis? La cura dell’anisakidosi richiede molto spesso l’intervento chirurgico, per asportare la parte dello stomaco o dell’intestino invasa dai parassiti.
- Una volta contratta la malattia, infatti, la rimozione endoscopica della larva sembra essere la terapia di scelta, considerando che i comuni antielmintici non sono stati ritenuti fino ad ora efficaci.
Come prevenire l’infezione da Anisakis? Questi nematodi migrano dalle viscere del pesce alle sue carni se, dopo la cattura non viene prontamente eviscerato. Pertanto è importante osservare attentamente i prodotti della pesca ed eviscerarli il prima possibile dopo la cattura per evitare la migrazione delle larve nella carne.
Risulta altresì fondamentale l’impiego di adeguati processi di preparazione del cibo. E’ noto infatti che le forme gastroenteriche della malattia sono riconducibili all’assunzione di prodotti ittici contenenti larve vive. Per questa ragione durante la lavorazione dell’alimento si dovrebbero utilizzare tutti gli accorgimenti necessari ad assicurare la morte delle stesse.
Quali trattamenti tecnologici possono eliminare o ridurre il rischio di Anisakidosi? Le larve dei parassiti appartenenti alla famiglia Anisakidae sono devitalizzate se il prodotto ittico viene congelato (-20°C per 24 ore) o cotto (almeno 60°C a cuore per 10 minuti).
- Una circolare del ministero di sanità del 1992, ancora in vigore, obbliga chi somministra pesce crudo o in salamoia ad utilizzare pesce congelato (il limone e l’aceto non hanno alcun effetto sul parassita) o a sottoporre a congelamento preventivo il pesce fresco da somministrare crudo.
- La salagione secca, se il sale è in grado di raggiungere tutte le parti del muscolo ed è impiegato alle giuste concentrazioni, devitalizza il parassita.
L’affumicatura e la marinatura non sono in grado di uccidere con sicurezza le larve di anisakidi. La marinatura riesce ad uccidere le larve dopo circa 4 settimane nei casi in cui si proceda utilizzando il 6% di sale ed il 4% di acido acetico. Nel caso dell’ affumicatura, invece, l’87% delle larve di Anisakis presenti nel cibo resistono se la temperatura impiegata è di 28°C, mentre la devitalizzazione è completa se il procedimento prevede l’uso di una temperatura di 53 – 60°C.
Quali comportamenti si possono adottare per ridurre o evitare il rischio di Anisakiasi? o Evitare il consumo di prodotti ittici crudi; o Acquistare già eviscerati, i pesci più a rischio di infestazione o in alternativa il pescato deve venire eviscerato al più presto dal momento della cattura (con distruzione dei visceri) per allontanare i parassiti presenti, prima del loro passaggio nella muscolatura; o Cuocere in modo completo e corretto i prodotti ittici; o Se si desidera preparare piatti a base di pesce crudo o poco cotto effettuare un congelamento preventivo.
Riferimenti normativi Legge 283/1962, art.5, punto D Ordinanza Ministeriale 12 maggio 1992 Regolamento CE/853/04 Sezione VIII, Capitolo III, Capitolo V Regolamento CE/2074/05, Allegato II, Sezione I, Capitolo I, II Regolamento CE/1020/08, Allegato II Approfondimenti-http://www.orsacampania.it/wp-content/uploads/2009/12/OpusoloAnisakis.pdf Dr.ssa Eloise Peirce ORSA
Cosa succede se mangio il pesce crudo?
Pesce crudo: i rischi –
- Ingerire pesce crudo che non è stato sottoposto ai necessari trattamenti per la sicurezza alimentare può provocare il rischio di contrarre infezioni e patologie, alcune con risvolti molto gravi.
- Il pesce infatti può essere contaminato con virus, batteri, larve e parassiti che normalmente vivono al suo interno interno o che si sviluppano a causa di microrganismi, tossine e alghe.
- Ciò vale sia per i pesci che per i frutti di mare, molluschi e crostacei.
Tra le patologie che possono generarsi dall’assunzione di pesce crudo contaminato ricordiamo l’epatite virale, la salmonellosi e la parassitosi intestinale. Sintomi comuni dell’intossicazione da pesce crudo sono crampi addominali, vomito e febbre,
- Una delle infezioni più comuni e pericolose è la Parassitosi Anisakis, provocata dall’omonimo parassita che normalmente vive nelle viscere del pesce.
- Quando quest’ultimo è in vita, il parassita non ha la possibilità di migrare nella carne, ma quando il pesce muore e deperiscono anche le difese immunitarie ecco che riesce a contaminare tutto ciò che finisce nel nostro piatto.
- Se colpisce in forma aggressiva o se non curata adeguatamente, la parassitosi può arrivare ad ostruire l’intestino o sfociare in peritonite.
- Per evitare di contrarre qualsiasi infezione dovuta alla contaminazione del pesce, il Ministero della Sanità ha emanato una legge che impone ai ristoratori di servirlo crudo solo se è stato precedentemente abbattuto ad almeno -20° e per un periodo minimo di 60 ore prima del consumo.
Le larve Anisakis, infatti, muoiono ad una temperatura superiore ai 60° ma anche a temperature molto basse. Nello specifico servono almeno 12 ore di abbattitura se la temperatura è -30°, mentre sono sufficienti 9 ore se congelato a -40°.
Come espellere Anisakis?
Sintomatologia dell’anisakiasi – L’anisakiasi tipicamente si risolve spontaneamente dopo molte settimane; raramente, persiste per mesi.
Endoscopia del tratto superiore
L’anisakiasi si può diagnosticare osservando il parassita durante l’endoscopia del tratto superiore, e i pazienti possono tossire larve e portarle ad analizzare. L’esame delle feci è di scarso valore diagnostico. È disponibile il test sierologico in alcuni paesi.
Rimozione endoscopica delle larve Forse albendazolo
La rimozione endoscopica delle larve è risolutiva. Il trattamento dell’anisakiasi presuntiva con albendazolo 400 mg per via orale 2 volte/die per 6-21 giorni può essere efficace, ma i dati sono limitati. Una corretta condizione di congelamento è la chiave per prevenire l’anisakiasi nel sushi. Le larve di Anisakis sono distrutte da
Cottura a > 63° C Congelamento a ─20° C o meno per 7 giorni Congelamento a ─35° C o inferiore, fino al raggiungimento dello stato solido, quindi conservare a tale temperatura per ≥ 15 h, oppure a ─20° C per 24 h
Le larve resistono alla conservazione in salamoia, alla salatura e all’affumicamento.
Gli esseri umani acquisiscono l’ Anisakis quando consumano gli ospiti intermedi (pesci o calamari) che sono crudi o poco cotti; infatti, l’anisakiasi è comune in Giappone e in altre culture dove il pesce crudo è tradizionalmente consumato. L’anisakiasi provoca tipicamente dolore addominale, nausea e vomito entro poche ore dall’ingestione delle larve; una massa infiammatoria può formarsi nell’intestino tenue e i sintomi possono assomigliare alla malattia di Crohn. L’anisakiasi tipicamente si risolve spontaneamente dopo molte settimane. Eseguire l’endoscopia del tratto superiore per diagnosticare l’anisakiasi. La rimozione endoscopica delle larve è risolutiva. Delle corrette condizioni di congelamento prevengono l’anisakiasi nel sushi.
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Quando muore l’Anisakis?
Anisakis: tutte le informazioni utili per i ristoranti Quali sono gli obblighi del ristoratore per la somministrazione di pesce crudo o poco cotto? Come eliminare il rischio da infestazione da Anisakis? Mangiare pesce crudo comporta sicuramente un maggior rischio di intossicazioni e infezioni causate da batteri patogeni, oppure di infezioni da parte di parassiti; il rischio maggiore per chi consuma pesce crudo al Ristorante si chiama Anisakis.
- Recentemente, il Centro di referenza nazionale per le anisakiasi (CRENA) ha pubblicato un documento su come affrontare il problema in cucina per evitare incidenti focalizzando l’attenzione sui pesci che presentano maggiore criticità.
- QUALI SONO LE PREPARAZIONI A RISCHIO? Le preparazioni a rischio sono quelle a base di pesce crudo o poco cotto, come il pesce azzurro marinato, il carpaccio di spada, salmone o tonno, gli involtini con pesce crudo, riso e verdure, il sushi, eccetera.
Tutti questi piatti, se si utilizzano materie prime congelate, possono essere tranquillamente consumati, sia al ristorante che a casa. COSA E’ LA ANISAKIDOSI? E’ una malattia che l’uomo può contrarre mangiando i prodotti della pesca infestati da un parassita della famiglia Anisakidi, la cui larva è lunga da uno a tre centimetri, di colore bianco o rosato, sottile come un capello; lo si può riconoscere ad occhio nudo nelle viscere dei pesci perchè tende a presentarsi spesso arrotolato su se stesso.
DOVE SI TROVA? Anisakis è un verme parassita che infesta comunemente un gran numero di piante e di animali, tra i quali numerosi mammiferi marini (foche, delfini, etc) e molti pesci tra cui tonno, salmone, sardine, acciughe, merluzzi, naselli e sgombri. QUALI SONO GLI ALIMENTI PERICOLOSI? Il parassita si può trovare in quasi tutti i prodotti ittici, molluschi compresi.
Alcune specie, però, sono maggiormente a rischio: pesce sciabola, pesce azzurro, merluzzo, aringa, suro, tonno, spratto, rana pescatrice, pesce spada, spigola, salmone. QUAL’E’ IL PERICOLO? Il pericolo è costituito dalla possibilità che, a causa di un’eviscerazione tardiva o nulla, dopo la pesca, i parassiti possano migrare nelle carni del pesce.
In questo caso non è più possibile accorgersi della loro presenza e dunque il consumatore rischia insieme alle carni di consumare anche il parassita. QUADRO SINTETICO DEI SINTOMI NELL’UOMO? Il consumo del pesce crudo molto infestato da Anisakidi può causare: – nausea e vomito dopo poche ore dal consumo del pesce -dolore addominale, diarrea e peritonite dopo 5-7 giorni – formazione di granulomi intestinali – allergie (asma, dermatite, shock anafilattico) QUAL E’ IL PRODOTTO SICURO? Il pesce è sicuro se viene prontamente eviscerato e consumato cotto; le larve non sopravvivono alla temperatura di cottura.
Se deve essere consumato crudo o poco cotto, il pesce deve essere prima congelato, IN TUTTE LE SUE PARTI, per almeno 24 ore; le larve non sopravvivono alla temperatura di -18°C. Il congelamento previsto dal Regolamento (CE) N.853/2004 prevede infatti il trattamento dei prodotti ittici ad una temperatura di -20 °C per 24 ore al cuore del prodotto; trattamenti analoghi, ma con rapporti tempo/temperatura differenti sono quelli a -15 °C per 96 ore e a -35 °C per 15 ore.
- QUAL E’ IL PRODOTTO NON SICURO? Il pesce salato, marinato e affumicato, ottenuto a partire da materia prima fresca, non è sicuro.
- E’ bene sapere che il limone e l’aceto non hanno alcun effetto sul parassita.
- COSA DEVONO FARE I RISTORATORI PER ESSERE IN REGOLA? Nel caso il ristoratore intenda somministrare pesce crudo a partire da pesce fresco, può effettuare il trattamento di sicurezza, congelando il pesce per almeno 24 ore indicando questa attività nel piano Haccp.
Se eseguito con idonee modalità e se vengono utilizzate idonee attrezzature, il congelamento non apporta alcuna modifica negativa al prodotto. Ecco le cose da fare per regolarizzarsi: – DOTARSI DI ABBATTITORE che permetta il raggiungimento e il mantenimento della temperatura di -20°C per almeno 24 ore.
– AGGIORNARE lL PROPRIO MANUALE HACCP, predisponendo apposita procedura scritta – COMPILARE APPOSITA SCHEDA DI CONTROLLO per mantenere la registrazione delle temperature e dei tempi di abbattimento – PREDISPORRE L’INFORMAZIONE AI CONSUMATORI indicando: “Conforme alle prescrizioni del Reg.853/2004, allegato III, sez.
VIII, capitolo 3, lett. D, punto 3″ PREVENZIONE: Alla luce di quanto riportato in precedenza possiamo considerare la prevenzione come lo strumento più efficace per evitare l’Anisakiasi partendo dai processi di trattamento:
Marinatura: E’ basata sull’utilizzo di soluzioni contenenti acqua, sale ed acidi organici quali aceto, vino e succo di limone. La marinatura, oltre ad avere un effetto antibatterico, modifica l’aspetto e la consistenza dei prodotti ittici, conferendogli proprietà organolettiche caratteristiche. Studi effettuati hanno dimostrato al fine di abbattere il pericolo di Anisakiasi, occorre affiancare le comuni tecniche di marinatura ad adeguate procedure di congelamento; tali procedure sono ritenute le tecnologie in grado di uccidere con certezza il parassita. Congelamento: La sopravvivenza dell’anisakiasi (o anisakidosi) dipende dalla combinazione di tre parametri quali:
o la temperatura;o il tempo necessario affinché questa venga raggiunta uniformemente in ogni parte del prodotto;o il mantenimento di tale temperatura per un tempo adeguato, al fine di provocare la morte dei parassiti.
Il congelamento previsto dal Regolamento (CE) N.853/2004 prevede il trattamento dei prodotti ittici ad una temperatura di -20 °C per 24 ore al cuore del prodotto; trattamenti analoghi, ma con rapporti tempo/temperatura differenti sono quelli a -15 °C per 96 ore e a -35 °C per 15 ore.
Cottura: Diversi studi hanno dimostrato che, sottoponendo il prodotto ittico a temperature superiori a 60 °C per almeno 1 minuto, viene garantita l’eliminazione del rischio.
Anche nella cottura è necessario prendere in considerazione il rapporto tempo/temperatura al cuore del prodotto; ad esempio un trancio di pesce di 3 cm di spessore deve essere cotto a 60 °C per 10 minuti al fine di assicurare un prodotto sicuro.
Affumicatura: Il trattamento di affumicatura, caratterizzato dall’esposizione dell’alimento al fumo prodotto dalla combustione di differenti tipi di legname in assenza di fiamma e in atmosfera povera di ossigeno, può essere effettuato a caldo oppure a freddo. Il trattamento a caldo con temperature di circa 70/80 °C per 3/8 ore, è in grado di assicurare la morte delle larve di Anisakis. Invece l’affumicatura a freddo con temperature di circa 20/25 °C per tempi che vanno da molte ore ad alcuni giorni, risulta insufficiente a devitalizzare le larve.
Per cui, così come per la procedura di marinatura è consigliabile, nei casi di affumicatura a freddo, un trattamento di congelamento preventivo al fine di ottenere un prodotto sicuro per la salute umana.
Salatura: Un altro tipo di preparazione che in alcuni casi può presentare criticità è il pesce sotto sale, come nel caso dei filetti di sardine o di alici. La conservazione sotto sale è un ottimo metodo per bonificare il pesce dalle larve di Anisakis, ma è necessario rispettare due regole fondamentali: utilizzare una concentrazione di sale dell’8/9% e consumare il prodotto solo dopo sei settimane dalla preparazione. Si tratta del tempo massimo di sopravvivenza dell’Anisakis in queste condizioni. Anche in questo caso si può fare un trattamento preventivo nel congelatore per essere certi di mangiare un prodotto sicuro.
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Quale salmone si può mangiare crudo?
Bio Integrale Light Senza Glutine Senza Lattosio Senza Uova Vegano Vegetariano Estremamente versatile, amato dagli chef per la sua qualità e il sapore, si adatta benissimo alle diverse abitudini culinarie di tutto il mondo Il salmone norvegese è uno dei pesci preferiti in tutto il mondo per le sue proprietà nutrizionali, l’allettante tonalità rosata e il sapore delizioso.
- Semplice e veloce da preparare, è digeribilissimo e ricco di nutrienti.
- La versatilità del salmone ispira gli chef a un ampio uso di questo pesce come ingrediente preferito di un’autentica cucina internazionale, che consente di creare un’ampia varietà di piatti etnici diversi, oltre a quelli tradizionali.
La diversità dei piatti è evidente anche nelle preparazioni a crudo, in cui gli chef preferiscono usare il salmone norvegese per la sua particolare qualità e per il suo gusto: dai sushi e sashimi giapponese, alla tartare francese, il carpaccio italiano e il ceviche latino americano.
Il salmone norvegese è per di più l’unico pesce che può essere consumato crudo senza bisogno di essere abbattuto precedentemente, Le procedure standard di produzione e alimentazione applicate dall’industria dell’acquacoltura norvegese, infatti, garantiscono che le specie di salmonidi allevati in Norvegia non siano portatrici di nematodi o di parassiti potenzialmente pericolosi per i consumatori.
Pertanto, per quanto concerne i parassiti potenzialmente patogeni per la salute umana, l’Autorità Norvegese per la Sicurezza Alimentare ha dichiarato sicuro mangiare il salmone d’allevamento crudo, come nel sushi, senza un precedente abbattimento. Il salmone norvegese si può anche lessare, grigliare, bollire, cuocere al forno, affumicare e marinare,
- Pochi altri prodotti si adattano così bene alle diverse abitudini culinarie di tutto il mondo, prestandosi altrettanto bene a cocktail, pranzi familiari, piatti delle feste, brunch, pasti di ristorante e picnic.
- Gli chef di tutto il mondo scelgono il salmone norvegese come fonte d’ispirazione per il loro viaggio culinario.
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Che malattie si possono prendere con il sushi?
Infezione da Anisakis o Anisakiasi: sintomi, diagnosi e cura Anisakis è un genere di nematodi di diversi organismi. Nel dettaglio, il genere Anisakis comprende alcune specie di parassiti che popolano abitualmente l’ di certi pesci, e mammiferi marini. Gli Anisakis sono nematodi patogeni per l’uomo, responsabili di un’infezione che prende il nome di anisakidosi o anisakiasi,
Le malattie veicolate da Anisakis vengono contratte dopo l’ingestione di o poco cotto contaminato dal parassita. Oltre alle anisakiasi, questi nematodi possono essere i protagonisti di allergie. Dopo l’ crudo infettato da Anisakis, l’organismo di alcune persone produce (); ne consegue una reazione allergica che può essere anche molto grave.
L’anisakis è un nematode appartenente alla famiglia degli Anisakidae, composta da 5 generi, di cui 4 causano malattie nell’uomo e in altri animali:
Anisakis, tra cui Anisakis simplex e Anisakis physeteris ; Pseudoterranova ; Contracaecum ; Phocascaris,
Tra questi appena elencati, i nematodi appartenenti al genere Anisakis sono probabilmente i più frequenti parassiti trasmessi dai prodotti ittici all’uomo. L’anisakis presenta tutte le caratteristiche tipiche dei nematodi: il corpo è cilindrico e vermiforme, a sezione circolare, che ben si differenzia da quello dei ( piatti).
Cuticola pluristratificata, formata da collagene. Per insidiarsi nello dell’ospite, la cuticola è indispensabile al parassita: questa, infatti, funge da scudo ai acidi. Strato epidermico intermedio. Strato muscolare longitudinale.
Gli anisakis sono organismi proctodeati, ovvero dotati di bocca per l’assunzione di e di ano per l’emissione di feci. Gli anisakis sono parassiti di grosse dimensioni se rapportati ad altri tipi di parassiti. Difatti, essi possono essere visibili ad occhio nudo; spesso raggomitolati su se stessi, questi nematodi – dalla cromia biancastra o rosata – misurano da 1 a 3 cm di lunghezza.
Generalmente, il riconoscimento del parassita avviene durante la procedura di pulizia ed eviscerazione del crudo. Di norma, gli anisakis si trovano nell’apparato digerente del pesce, ma se questo non viene eviscerato prontamente poco dopo la cattura, le larve del parassita possono migrare dalla mucosa gastroenterica ai tessuti muscolari del pesce.
Similmente alla stragrande maggioranza dei parassiti, gli anisakis presentano un complesso ciclo vitale. Numerosi sono gli ospiti intermedi, e l’uomo – in questo specifico caso – non è l’ospite definitivo come si potrebbe credere; al contrario, può essere considerato come una sorta di “ospite accidentale”.
Gli esemplari adulti di Anisakis vivono in grappoli all’interno dello stomaco di mammiferi marini (delfini, foche, balene, ecc.) e, più precisamente, a livello della mucosa. Le femmine adulte producono uova non embrionale che vengono espulse attraverso le feci dei mammiferi marini ospiti ( step 1 dell’immagine sotto ). Una volta rilasciate in acqua, le uova embrionano e al loro interno si formano le larve L2 ( step 2a ). Le larve L2 si schiudono dalle uova e possono quindi essere libere di nuotare ( step 2b ). Le larve così liberate vengono quindi ingerite dai, All’interno di questi ospiti le larve L2 maturano in larve di terzo stadio L3, migrando dall’intestino del nuovo ospite alla cavità peritoneale ( step 3 ). I crostacei infettati vengono mangiati da pesci e, migrano verso i tessuti muscolari e – attraverso la predazione che avviene in natura – avviene il trasferimento da pesce a pesce ( step 4 ). All’interno di pesci e calamari, le larve rimangono nello stadio L3, ossia quello infettivo per i mammiferi marini e per gli esseri umani ( step 5 ). Se i pesci o i calamari infetti vengono ingeriti da mammiferi marini, qui le larve si trasformeranno in vermi adulti ; le femmine produrranno quindi uova che verranno espulse con le feci dei nuovi ospiti e il ciclo vitale dei parassiti ricomincia ( step 6 ). Gli esseri umani possono venire infettati dalle larve L3 di Anisakis attraverso il consumo di pesce crudo o poco cotto, Dopo l’ingestione, i parassiti penetrano nella mucosa gastrointestinale dando origine alla sintomatologia tipica dell’infezione ( step 7 ).
Come abbiamo visto, i vermi anisakis nella loro forma infettiva per l’essere umano che ricordiamo essere il terzo stadio larvale (L3), si possono trovare all’interno di pesci e calamari. Fra i pesci destinati al consumo umano che possono ospitare le larve L3 del parassita ricordiamo: In alcuni luoghi, l’anisakis è anche noto con i nomi comuni di “verme delle “, “verme delle foche” o “verme del merluzzo bianco”.
L’anisakiasi che può scatenare viene, di conseguenza, chiamata “malattia del verme delle aringhe”, “malattia del verme delle foche” o “malattia del verme del merluzzo bianco. Le anisakiasi sono emergenti, a causa della rapida diffusione di nematodi Anisakis : l’assunzione di pesce crudo o poco cotto contaminato da larve di Anisakis può scatenare un’infezione gastrointestinale.
La specie più coinvolta nelle anisakiasi sembra essere Anisakis simplex. Quando le larve penetrano nella parete dello stomaco o dell’intestino provocano una reazione di tipo granulomatoso, con infiltrazione di e e tendenzialmente muoiono. Tuttavia, la loro presenza può dare origine a diversi sintomi.
in sede epigastrica; ; ; ;,
In caso di interessamento dell’intestino, l’organismo può rispondere con una grave risposta granulomatosa eosinofila, causando sintomi simili a quelli indotti dal, In questi casi, la sintomatologia tende a manifestarsi dopo 1-2 settimane. La diagnosi di Anisakis avviene tramite del tratto superiore, ossia attraverso l’esecuzione di una durante la quale è possibile osservare il parassita.
L’, generalmente, non ha un grande valore diagnostico. La cura risolutiva per l’anisakiasi consiste sostanzialmente nella rimozione del parassita del corpo dello sfortunato ospite. L’eliminazione delle larve può essere fatta tramite endoscopia, oppure per via chirurgica, Tuttavia, per alcuni individui la risoluzione dell’infezione parassitaria può avvenire spontaneamente dopo diverse settimane, eventualmente in associazione a una terapia sintomatica e di supporto,
Talvolta, può essere utile l’utilizzo di un da assumersi per : l’ albendazolo, Tuttavia, il trattamento farmacologico non è indicato ed efficace in tutti i pazienti. Pertanto, sarà il medico a stabilire, caso per caso, quale approccio terapeutico è meglio intraprendere per ciascun paziente,
Cottura a temperature superiori a 63°C. Congelamento a -20°C per 7 giorni. Congelamento a -35°C o inferiore, fino al raggiungimento dello stato solido, quindi conservazione a -35°C per un periodo di tempo uguale o superiore a 15 ore o a -20°C per 24 ore.
Per i congelatori che non sono in grado di raggiungere le suddette temperature, l’EFSA (European Food Safety Authority – l’Autorità europea per la ) suggerisce un congelamento a -15°C per un tempo minimo di 96 ore (la comunicazione dell’EFSA è consultabile cliccando ).
Affumicazione, salatura e NON inattivano le larve di Anisakis, ma al contrario, esse sono in grado di resistere a questi metodi di conservazione. Da oramai alcuni anni, l’Anisakis è riconosciuto come un possibile vettore di allergopatie. I soggetti particolarmente sensibili possono sviluppare allergia mediante la semplice manipolazione di pesci infetti.
Le allergie da Anisakis possono essere contratte anche semplicemente inalando allergeni diffusi nell’aria durante la lavorazione di prodotti ittici infetti. Nei pazienti sensibili, neppure l’adeguato trattamento termico garantisce l’immunità da queste allergie.
Il soggetto ipersensibile od allergico, a contatto con queste sostanze, sviluppa di gravità variabile: le più frequenti si manifestano con, e, talvolta accompagnate da sintomi gastrointestinali.Meno frequenti sono gli, le e le dopo l’inalazione/assunzione di pesce contaminato da larve di Anisakis,Il e la ricerca di anticorpi specifici contro le larve di questi parassiti sono indagini diagnostiche utili per accertare il sospetto di allergia da Anisakis,L’ipersensibilità a questi parassiti è valutata dal rapido incremento dei livelli di IgE nei giorni immediatamente successivi al consumo di pesce contaminato da Anisakis,
Pesce, Molluschi, Crostacei Acciughe o Alici Aguglia Alaccia Anguilla Aragosta Aringa Astici Bianchetti Bottarga Branzino (Spigola) Calamari Canocchie Capesante Canestrelli (Pettini di Mare) Capitone Caviale Cefalo Coda di Rospo (Rana Pescatrice) Cozze Crostacei Datteri di Mare Farina di Pesce Fasolari Frutti di Mare Fumetto di pesce Gamberi Granchi Granseola (Granceola) Halibut Insalata di mare Lanzardo Leccia Lumache di mare Mazzancolle Merluzzo Molluschi Moscardini Nasello Ombrina Ostriche Orata Palamita Pangasio Paranza Pasta di acciughe Pesce Fresco di Stagione Pesce azzurro Pesce palla Pesce persico Pesce spada Platessa Polpo (Piovra) Riccio di Mare Ricciola Salmone Sardine Sarde Scampi Seppie Sgombro Sogliola Stoccafisso Surimi Sushi Telline Tonno Tonno in scatola Triglia Trota Uova di pesce Verdesca Vongole ALTRI ARTICOLI PESCE Categorie Alimenti Alcolici Carne Cereali e derivati Dolcificanti Dolci Frattaglie Frutta Frutta secca Latte e Derivati Legumi Oli e Grassi Pesce e prodotti della pesca Salumi Spezie Verdura Ricette della salute Antipasti Pane, Pizza e Brioche Primi piatti Secondi piatti Verdure e Insalate Dolci e Dessert Gelati e sorbetti Sciroppi, Liquori e grappe Preparazioni di Base – In Cucina con gli Avanzi Ricette di Carnevale Ricette di Natale Ricette dietetiche Light Ricette festa donna, mamma, papà Ricette Funzionali Ricette Internazionali Ricette Pasquali Ricette per Celiaci Ricette per Diabetici Ricette per le Festività Ricette per San Valentino Ricette per Vegetariani Ricette proteiche Ricette Regionali Ricette Vegane : Infezione da Anisakis o Anisakiasi: sintomi, diagnosi e cura
Quale trattamento non uccide l’anisakis?
Anisakis, pesci a rischio e come difendersi in cucina. L’opuscolo del Crena di Palermo La crescente abitudine a mangiare pesce crudo ha aumentato il rischio di parassitosi di Anisakis Mano a mano che si afferma l’abitudine di mangiare sushi, sashimi e altri piatti a base di pesce crudo o poco cotto, aumentano anche i rischi associati alla presenza del parassita Anisakis.
Per questo motivo, il Centro di referenza nazionale per le anisakiasi (Crena) dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia ha pubblicato un documento su come affrontare il problema in cucina per evitare incidenti focalizzando l’attenzione sui pesci che presentano maggiore criticità (). Una volta diffusa soprattutto nel Sud-Est asiatico, oggi l’anisakiasi (o anisakidosi), la parassitosi causata da queste larve, è un problema in tutto il mondo.
Secondo alcune stime, ogni anno si verificano 20 mila casi di infezione, il 90% dei quali segnalati dal Giappone, paese che tradizionalmente consuma moltissimo pesce crudo. Le cifre aumentano progressivamente ma c’è il rischio che siano sottostimate, poiché i sintomi della patologia sono spesso scambiati per quelli di una brutta gastrite o di una colite trattandosi di dolori allo stomaco e all’addome, nausea, vomito e diarrea.
- In alcuni casi si verificano complicazioni, come le occlusioni intestinali, che possono richiedere l’intervento chirurgico e allora la malattia viene registrata.
- Al momento non esistono farmaci per debellare il parassita e la prevenzione è l’unica arma.
- Pesci di largo consumo come il merluzzo sono spesso infettati dall’Anisakis L’Anisakis è un parassita che viene ingerito dall’uomo sotto forma di larva dopo aver risalito la catena alimentare.
Le larve dell’Anisakis abitualmente si trovano nell’acqua di mare, dove vengono ingerite da piccoli crostacei che a loro volta sono mangiati da pesci più grandi che poi sono catturati, cucinati e serviti a tavola nei nostri piatti. La larva misura da 1 a 3 cm e spesso è visibile ad occhio nudo quando si procede ad eviscerare il pesce crudo prima di metterlo in padella.
Il Crena ha compilato la lista delle specie ittiche più frequentemente attaccate dal parassita, a cui bisogna prestare una certa attenzione. In cima alla lista troviamo la sciabola o spatola che praticamente contiene sempre lave di Anisakis. Per questo motivo il pesce viene immediatamente eviscerato dopo la cattura per evitare che le larve presenti nell’intestino arrivino ad intaccare la carne.
A seguire troviamo il suro con una probabilità del 95%, il lanzardo (75%), lo sgombro (71%), il merluzzo (40%), il totano (22%), le alici (17%), la triglia (10%), il cefalo (9%) e la sardina (1%)*. Le larve di Anisakis nei pesci misurano da 1 a 3 cm e possono essere anche visibili a occhio nudo Di fronte a questi numeri è lecito chiedersi cosa fare per eliminare il rischio Anisakis e mangiare serenamente un piatto di pesce.
La cottura è il metodo migliore per neutralizzare le larve di Anisakis. Secondo diversi studi, basta un minuto a 60°C per uccidere tutte le larve del parassita eventualmente presenti. In ogni caso va tenuto conto che maggiori sono le dimensioni del filetto o del trancio da cuocere, più tempo sarà necessario per bonificarlo: ad esempio, per un trancio di pesce spesso 3 centimetri sono necessari 10 minuti di cottura a 60°C.
Altri esperti consigliano pochi minuti a 70°C. Per chi invece preferisce consumare il pesce crudo, la migliore contromisura per neutralizzare l’Anisakis consiste nel congelare il pesce prima di mangiarlo. Per distruggere tutte le larve del parassita è necessario tenere il pesce per almeno 24 ore a -20°C al cuore del prodotto.
- Questo trattamento è obbligatorio per legge per i ristoranti che vogliono servire pesce crudo.
- Visto che i congelatori domestici generalmente arrivano a -18°C, i tempi si dilatano e bisogna tenere il pesce per almeno 96 ore (quattro giorni) in freezer per neutralizzare il rischio Anisakis.
- La conservazione sotto sale può essere un buon metodo per bonificare il pesce, se si rispettano alcune regole Il congelamento è consigliato anche come trattamento preventivo prima della preparazione di pesce marinato perché la miscela di acqua, sale e ingredienti come aceto, vino o limone sono in grado di bloccare la crescita dei batteri, ma non di uccidere le larve di Anisakis che arriverebbero comunque vive nell’intestino.
Non sorprende, quindi, che la maggior parte dei casi di infezione registrati in Italia in passato siano da ascrivere al pesce marinato. Un altro tipo di preparazione casalinga che in alcuni casi può presentare criticità è il pesce sotto sale, come nel caso dei filetti di sardine o di alici.
- La conservazione sotto sale è un ottimo metodo per bonificare il pesce dalle larve di Anisakis, ma è necessario rispettare due regole fondamentali: utilizzare una concentrazione di sale dell’8/9% e consumare il prodotto solo dopo sei settimane dalla preparazione.
- Si tratta del tempo massimo di sopravvivenza dell’Anisakis in queste condizioni.
Anche in questo caso si può fare un trattamento preventivo nel congelatore per essere certi di mangiare un prodotto sicuro. Il pesce marinato in passato è stata la principale causa di anisakiasi in Italia Anche l’affumicatura può essere un buon modo per distruggere le larve di Anisakis, ma dipende dal trattamento a cui si sottopone il pesce.
Per chi fosse interessato a conoscere tutto quello che c’è da sapere sull’Anisakis, il Crena ha sviluppato l’applicazione “”, disponibile su App Store per iPhone e iPad. Qui sotto proponiamo un video realizzato dall’Istituto sperimentale zooprofilattico delle Venezie che descrive il problema dell’Anisakis e propone soluzioni. (*) Nota: Tra parentesi la prevalenza della parassitosi nelle specie ittiche, espressa come percentuale di animali infestati per specie© Riproduzione riservata Le donazioni si possono fare: * Con Carta di credito (attraverso ). * Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264 indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare 2017.
Giulia Crepaldi – 21 Luglio 2017 Nella stessa categoria : Anisakis, pesci a rischio e come difendersi in cucina. L’opuscolo del Crena di Palermo
Qual è il pesce crudo?
I crudi di pesce, tanto di moda negli ultimi anni, ci riportano indietro, a ricordi ancestrali, a tradizioni che si perdono nella notte dei tempi in diversi parti del mondo. Dietro a un piatto apparentemente così elementare si nascondono tecniche, abilità, profumi e storie diverse, che si sono sviluppate e raffinate con i secoli.
Un perfezionamento continuo e necessario, dovuto al gusto ma anche alle conseguenze che il pesce crudo può avere sulla nostra salute. Dobbiamo prendere precauzioni, sapere come trattarlo e dove andarlo a mangiare ma non dobbiamo privarci di questo piacere. Questa preparazione, tra l’altro, unisce ricette e abitudini di tante cucine, dal Giappone al Perù, passando per l’Italia per cui è anche divertente scoprire e assaggiare piatti diversi.
Siete pronti a scoprire i crudi di pesce dal mondo ? Armatevi di forchetta e bacchette e seguiteci in questo freschissimo viaggio.
- Si parla di uno spessore massimo di 0,4 millimetri per conservare il giusto equilibrio con i condimenti: olio, sale, pepe, scaglie di grana, succo di limone, tutti ingredienti che vanno versati all’ultimo, poco prima di servire a differenza della marinatura.
- Secondo alcuni è sbagliato parlare di carpaccio di pesce perché nella ricetta originale del ristoratore Giuseppe Cipriani si parlava esplicitamente di carne di manzo cruda.
- Di solito si usa per questo piatto il coregone artico ma in altre zone del Paese di trovano anche le varianti con il salmone o l’halibut.
- Ricordate solo di assaporare questo pesce con un bicchierino di vodka, come da tradizione locale.
- Esqueixada de bacalao : restiamo in Europa perché in Catalogna, la regione a nord-est della Spagna, possiamo trovare interessanti ricette.
- L’ esqueixada è un’insalata di pesce crudo fresca e facile da preparare.
- Consiglio: conservatela in frigorifero per qualche ora prima di servirla.
- Xatò : nella cucina catalana il baccalà crudo è la carta vincente.
- Nel xatò è mescolato a tonno sott’olio, acciughe, scarola e olive sia verdi che nere.
- Particolarità di questa insalata di pesce crudo è la salsa di condimento: pomodori, mandorle, nocciole, aglio, olio, pane, sale, aceto di vino bianco e peperone piccante (o peperoncino) frullati assieme.
- Nel tiradito quindi il pesce è tagliato a fettine come un sashimi.
- A differenza del ceviche non c’è la cipolla e il piatto viene servito con una salsa piccante acida fredda, patata americana e mais.
- E’ia Ota : è un famoso piatto di Tahiti.
- Il pesce, di solito tonno, è marinato con succo di lime, latte di cocco, cipolla tritata, cubetti di pomodoro e cetriolo, sale e pepe per una ventina di minuti e messo in tavola.

A noi piace comunque pensarlo come una variazione sul tema e non ci dispiace lasciarci tentare dal carpaccio di pesce spada, di tonno o di branzino, Alici marinate : in Italia, un’altra ricetta a base di crudo prevede la marinatura. I pesci, soprattutto alici e sardine, sono lasciati fino a una notte immersi in olio, sale, pepe ed erbe aromatiche. Alcuni aggiungono anche il succo di un limone o di altri agrumi. Un antipasto o un secondo piatto perfetto in tante occasioni.
Maatjes : in Olanda si mangiano le aringhe crude. Sono pulite e conservate per alcuni giorni in botti di quercia sotto sale o in una salamoia che può contenere spezie, sidro, vino, zucchero. A questo punto sono pronte per essere gustare da sole, con della cipolla tritata o accompagnate da patate bollite come succede nel Nord della Germania e in Svezia.
Stroganina : dalla Siberia arriva una ricetta freschissima, potremmo dire sotto zero. Sì perché la stroganina è pesce ghiacciato, tagliato in lunghe strisce sottili e semplicemente servito con olio d’oliva o di colza ed erbe aromatiche come origano e timo.
Per preparare l’ esqueixada si usa il baccalà semplicemente dissalato e tagliato a striscioline. Lo si mescola in una ciotola con cipolla, pomodori e olive nere e infine si condisce con olio, pepe e sale, se necessario. Alcuni aggiungono agli ingredienti pure un peperone verde e/o rosso.
La ricetta è talmente amata e importante per i catalani che nel 1997 è nata la strada di Xatò che collega 8 cittadine e una cinquantina di ristoranti in cui è possibile assaggiare diverse interpretazioni della ricetta. Gravlax : la passione per il pesce crudo ha raggiunto qualsiasi angolo del mondo, anche il Nord Europa dove è il salmone marinato ad avere un ruolo da protagonista. Il filetto di pesce viene pulito da spine e lische e lasciato marinare con sale, zucchero, aneto e un bicchierino di acquavite.
Lakerda : di origine greca, questo piatto è diffuso nei Balcani e nella parte medio-orientale del Bosforo. Palamite (a volte sgombri o tonni) sono pulite e poi coperte da una salamoia salata per circa una settimana. Come per il gravlax, anche questo è un modo per conservare l’ingrediente fresco.
Ceviche : un piatto tipico del Sud America di cui iniziamo a sentire a parlare sempre più spesso anche nel nostro Paese. Il Ceviche è una ricetta antichissima che risale alla civiltà pre-incaica dei Moche. C’è chi dice che queste popolazioni marinassero il pesce nella birra o nella chicha (bevanda data dalla fermentazione del mais).
Tiradito : restiamo in Sud America per una specialità davvero molto particolare. Il tiradito è un piatto tipico peruviano che risente però di influenze giapponesi. I primi contatti tra i due popoli risalgono infatti al XVII secolo ma è alla fine dell’Ottocento che si assiste a un importante fenomeno d’immigrazione dal Giappone al Perù.
Può ricordare un ceviche peruviano o un poke hawaiiano visto che il pesce è tagliato a tocchetti ma la presenza del cocco dona a questo piatto un sapore unico. Gohu Ikan : alcuni considerano questa ricetta come una variante indonesiana del sashimi. Particolarmente tipica della zona orientale del Paese asiatico ( Maluku ), ha come ingrediente principale il tonno, tagliato in piccoli pezzi. Hinava : in Malaysia il piatto a base di crudo di pesce si chiama Hinava. È tipico della popolazione Kadazan-Dusun dello stato di Sabah. Il pesce (spesso sgombro, ma c’è chi usa la carne di squalo) è marinato con succo di lime, peperoncino, cipolla e zenzero e servito come antipasto.
Umai : sempre dalla Malaysia arriva questa specialità particolarmente diffusa tra i pescatori della comunità Melanau a Sarawak, nel Borneo. È un’insalata di pesce crudo profumata con aglio, cipolla, succo di lime o di calamansi (piccolo agrume locale) e peperoncino.
Kelaguen : è una specialità delle isole delle Marianne. Si può preparare anche con carne di pollo cotta. Se si scelgono ingredienti crudi (gamberi o pesce), questi devono essere marinati con succo di limone, cipolla, scaglie di cocco, sale e peperoncino.
Il piatto è servito freddo o a temperatura ambiente, da solo, sopra del riso oppure con una specie di tortilla chiamata titiyas, Anche in questo caso, è proposto dai ristoranti come antipasto. Kilawin : passiamo alle Filippine e alla versione locale del ceviche. Il tonno, tagliato a cubetti, oppure le acciughe sono coperte di aceto.
I pezzetti di pesce sono poi strizzati e asciugati e infine mescolati a zenzero, cipolla, pepe, peperoncini e succo di lime o calamansi. C’è chi aggiunge della verdura cruda come carote e cetrioli, frutta (per esempio mango verde) e gamberi per dare una sensazione ancora più fresca. Kokoda : nei ristoranti delle isole Fiji invece potrebbero proporvi questa ricetta come aperitivo o come contorno. È un’insalata di pesce che può ricordare l’ E’ia Ota di Tahiti per la presenza del latte di cocco. Ma partiamo dall’inizio della preparazione: il pesce viene fatto marinare nel succo di limone o di lime per una notte.
Sashimi : arriviamo finalmente al Giappone, consacrato come regno del pesce crudo. Emblema di questa tradizione è il sashimi, pesce sfilettato che costituisce un pranzo o un piatto unico perfetto. L’ingrediente (tonno, salmone, seppia, rombo) è tagliato a fette sottili ma non troppo, dalla dimensione uniforme, senza lische e senza spine.
Sushi : altra ricetta diventata ormai simbolo della cucina giapponese. In realtà la tradizione di abbinare riso e pesce è originaria del sud-est asiatico: era un modo di conservare meglio i prodotti del mare sfruttando i vantaggi della fermentazione del riso.
Probabilmente in Giappone si affermò questa abitudine grazie ai monaci che tornavano in patria dopo un periodo di studi in Cina. La ricetta del sushi come la conosciamo oggi risale a inizio Ottocento (1820 circa) quando un venditore di nome Hanaya Yohei iniziò a proporre nel porto di Tokyo delle polpette di riso con una fettina di pesce sopra.
Il chirashi è poi una variante del sushi: sopra una ciotola di riso sono sparpagliati filetti di pesce crudo come tonno e salmone. Chi vuole può aggiungere avocado, verdura e uova di pesce. Hoe : anche in Corea si mangia pesce crudo. Anzi, l’abitudine giapponese sembra che abbia proprio influenze cinesi ma anche coreane. L’ hoe può ricordare il chirashi ma ha un’importante differenza: come molti piatti della cucina coreana è piccante. Il pesce crudo è mescolato a riso, insalata, carote e condito con olio di sesamo e una salsa piccante chiamata kochujang (o gochujang ).
Altra particolarità coreana: questo piatto si mangia con il cucchiaio. Kuai : se la storia del sashimi inizia in Corea e in Cina, dopo l’ hoe non potevamo non parlare del kuai, Le prime testimonianze di questa preparazione (che inizialmente prevedeva carne cruda) risalgono al Libro dei riti, uno del testi principali del confucianesimo.
Elemento essenziale di questa ricetta è rappresentato dalle salse, preparate con ingredienti diversi a seconda della stagione. I pesci più usati sono la carpa, il persico cinese ma anche il salmone. Yu sheng : in Cina si preferisce mangiare cibo cotto ma ci sono alcune eccezioni come questa insalata di pesce cantonese. In questo caso, strisce di pesce (spesso salmone) sono mescolate con verdure, salse e condimenti. Il nome della ricetta è legata al simbolo dell’abbondanza e quindi viene spesso servita durante il periodo del capodanno cinese.
‘Ota ‘ika : altra interpretazione del ceviche con la dolcezza del latte di cocco. Questo piatto è tipico della Polinesia e viene anche chiamato alla francese poisson cru, pesce crudo. Qualsiasi prodotto del mare, dal tonno al granchio fino alle cozze, può essere preparato in versione ota, crudo, semplicemente marinato in succo di limone o lime e insaporito con latte di cocco e verdure (cipolla, peperone e pomodoro in particolare).
Poke : dalle Hawaii arriva questa specialità che inizia a spopolare anche in Italia, dopo aver conquistato i palati della costa pacifica degli Stati Uniti. Si tratta di un’insalata di pesce dove gli ingredienti vengono tagliati a cubetti e marinati in vario modo. Le materie prime più usate per condire e marinare il pesce sono la salsa di soia, l’olio di sesamo, la cipolla (quella di Maui è famosa) o erba cipollina, sale. Si può poi aggiungere l’avocado, i semi di sesamo, il peperoncino, il peperone, le uova di pesce: le interpretazioni sono tante così come tanti sono i pesci utilizzati. Il poke si può preparare con il tonno hawaiano, il salmone ma persino i molluschi.
Quali molluschi si possono mangiare crudi?
Come aprire i molluschi crudi – Fino a qualche anno fa i molluschi con la conchiglia potevano essere mangiati tranquillamente crudi. Con l’inquinamento crescente del mare però vi sconsigliamo questa pratica per evitare malattie virali che spesso sono anche mortali.