Distribuzione e habitat – È originario dell’ Europa orientale, dal bacino del Danubio verso est. È presente naturalmente in tutta l’Europa centro-orientale, a ovest fino all’ Austria e Germania (bacino del Danubio ), a nord fino all’estremo sud della Finlandia e della Danimarca e a sud fino alla Grecia settentrionale e alla Turchia europea.
- È stato introdotto in Gran Bretagna, Paesi Bassi, Belgio, Cipro, Germania, Francia, Spagna, Italia, Danimarca, Finlandia, Svezia e in alcune località extraeuropee tra cui Algeria, Tunisia, Cina e Afghanistan,
- È stato anche trovato nelle acque salate del Lago d’Aral, in prossimità della penisola di Kulandy.
In Italia è stato introdotto da circa mezzo secolo e si è molto diffuso soprattutto nei bacini del Po e dell’ Adige ; più recentemente è stato introdotto nei fiumi Adda, Volturno, Arno e Tevere, Il suo habitat ideale è costituito da grandi fiumi ( zona dell’Abramis brama ), ma anche paludi, stagni, laghi, lanche, bracci morti e canali di bonifica.
Si avvicina saltuariamente al mare, in prossimità delle foci dei grandi fiumi, ma non è ancora chiaro quanto possa spingersi all’interno di ambienti caratterizzati da acque salmastre, È una specie bentonica che quindi abita le zone più profonde, senza però disdegnare acque decisamente più basse, soprattutto durante la caccia.
Ama nascondersi tra rami e fanghiglia, riposando durante la maggior parte della giornata. Col giungere delle tenebre inizia a nutrirsi, portandosi spesso nelle zone d’acqua più vicine alla superficie.
Chi ha portato i siluri in Italia?
- Il siluro d’Europa, come lo indica il suo nome, è originario dell’Europa centrale e orientale dove è diffuso nelle acque stagnanti e nei fiumi di maggior portata.
- Soprattutto in quelli che sfociano nel Mar Baltico, Mar Nero, Mar d’Azov, Mar Caspio e nel Lago Aral.
- Questo predatore di acque dolci trova là il suo habitat migliore, acque tranquille, melmose, con rami e radici che si intrecciano sul fondo torbido.
- Come è evidente che l’inquinamento causa notevoli danni nei fiumi, nei canali di bonifica e nei laghi artificiali della valle padana, è altrettanto chiaro che in gran parte la scarsità di fauna è da addebitare alla presenza di questo predatore in continuo sviluppo.
- Di solito si riproduce nelle acque tiepide (18-20°C), quindi da noi a primavera inoltrata.
- È stato introdotto in Gran Bretagna, Paesi Bassi, Belgio, Cipro, Germania, Francia, Spagna, Italia, Danimarca, Finlandia, Svezia e in alcune località extraeuropee tra cui Algeria, Tunisia, Cina e Afghanistan,
- È stato anche trovato nelle acque salate del Lago d’Aral, in prossimità della penisola di Kulandy.
- Si avvicina saltuariamente al mare, in prossimità delle foci dei grandi fiumi, ma non è ancora chiaro quanto possa spingersi all’interno di ambienti caratterizzati da acque salmastre,
- È una specie bentonica che quindi abita le zone più profonde, senza però disdegnare acque decisamente più basse, soprattutto durante la caccia.
- Un nuovo studio ha scoperto che un piccolo numero di uova, circa lo 0.2%, riesce sopravvivere al tratto digestivo degli uccelli.
- Questo tipo di colonizzazione viene chiamato “endozoochory” ed è una tattica di trasporto ampiamente comune per i semi di piante.
- E anche per qualche tipo di insetto.
- Nei pesci, invece, la prima prova di questo fenomeno è stata trovata solo l’anno scorso, quando delle uova di killifish sono sopravvissute alla schiusa dopo essere state mangiate da un cigno.
- Ognuno degli otto uccelli è stato nutrito con circa 500 uova.
- Di queste, 18 uova “ancora in vita” sono state recuperate dagli escrementi delle anatre, ma solo 3 si sono schiuse con successo.
- Potrebbe sembrare un numero limitato, ma c’è da considerare che una singola carpa comune può deporre fino a 1,5 milioni di uova,
- Ma dove si pratica la pesca al siluro ? Il siluro ama stare in fiumi e laghi, ma specialmente in zone dove non ci sia molta corrente e profondità.
- L’habitat preferito dal siluro è rappresentato da luoghi con tronchi sommersi e buche profonde, zone fangose ove a questa specie di pesce piace nascondersi.
- Lunghezza, peso e altri fattori influenzano anch’essi la compatibilità.
- Nel caso di siluri lanciati da aerei, i fattori chiave sono il peso, la presenza di punti di aggancio e la velocità di lancio.
- I siluri assistiti rappresentano lo sviluppo più recente e sono di solito progettati come un pacchetto integrato.
- Come in tutti i progetti di munizioni, anche in questo campo si cerca un compromesso tra l’esigenza di standardizzazione, che semplifica la produzione e la logistica, e la specializzazione, che tende a rendere l’arma molto più efficace.
- Piccoli miglioramenti nella logistica o nell’efficacia possono entrambi tradursi in enormi vantaggi operativi.
- Chi li compra?” E’ la prima di una breve serie di domande: gli extracomunitari ne fanno notevole richiesta, a quanto pare.
- Da dove vengono?” Questa domanda non è ben accolta e una serie di risposte arrangiate che lasciano aperte mille possibilità diverse chiudono una scomoda conversazione.
- Ma non è una novità.
- In risposta a questa richiesta crescente alcune provincie (il caso delle province di Como, Lecco e Sondrio su progetto dell’Assessorato all’agricoltura della Regione Lombardia e della Sogemi, Società dei Mercati Generali di Milano) e realtà particolari che gestiscono bacini e valli hanno definito azioni produttive e destinato il pescato non autoctono, prelevato anche per fini di gestione biologica degli ecosistemi idrici, come risorsa ittica a fini commerciali.
- La presenza di una risorsa spesso determina lo svilupparsi di fenomeni fuori dalla legalità, ma si tratta davvero solo di un fenomeno del Po e in generale dei grandi fiumi e laghi?
- Le mie vecchie esperienze di tecnico impegnato in rilevamenti con elettropesca mi hanno sempre fatto sorridere di fronte all’idea di utilizzo incisivo del tanto incriminato storditore in Po per la pesca di un pesce di fondo come il siluro.
- Questa la loro testimonianza: “Le aree pattugliate sono: fiumi Reno, Savena, Idice con frequenza giornaliera cosi come i canali di bonifica a sud della via Emilia.
- Il numero dei canali dove si possono trovare dei pescatori è innumerevole, controllati dalle guardie volontarie di associazioni come ARCI, FIPSAS e GEV.
- Addirittura in determinati casi, ritenuti particolarmente sensibili, le amministrazioni hanno affidato incarichi ad enti di vigilanza privata per la gestione dell’emergenza bracconaggio in zone messe in secca (il caso di Valle Mandriole).
- Ma non tutta la pesca di frodo è destinata al mercato alimentare.
- Una carpa regina adulta superata una certa stazza inizia a valere più di 50 euro e il prezzo di un raro persico trota da 3 kg è dettato solo dall’interesse dell’acquirente.
- Ma tornando al siluro, fra leggende e racconti, quali sono realmente gli effetti e le implicazioni di questo ingombrante “trofeo di pesca”danubiano? Tanto per cominciare dimentichiamoci i macabri attentati ai danni di esseri umani o di animali di grossa taglia che lo vedono protagonista.
- Tutto va calibrato in funzione della situazione e degli equilibri trofici che si vengono a creare, ricordando che se è vero che la comparsa dl Silurus glanis nelle acque italiane è relativamente recente (il fenomeno è diventato sensibile a partire dal 1950), gli equilibri naturali degli idrosistemi planiziali sono ormai da secoli compromessi sì dall’introduzione di numerose altre specie invasive, ma in particolare dalle opere di bonifica.
- Un esempio fra tanti: la predilezione di questi grossi pesci per i gamberi è ormai appurata e il Procambarus clarkii il cosidetto gambero killer (un altro esempio di importazione avventata) diventa facile e abbondante preda per i siluri che, se da un lato se ne servono per aumentare la loro diffusione, dall’altro ne fronteggianp l’invasione che è dannosa non solo per la biodiversità ma anche per gli argini profondamente scavati e potenzialmente indeboliti da questi crostacei.
- Allo stesso tempo nelle acque pedecollinari si osserva l’impatto di questo predatore sulla fauna a ciprinidi reofili e in particolare su prede facili per i giovani, quali il ghiozzo di fiume. Ogni situazione va quindi analizzata nella sua unicità e complessità
- Va ricordato che in Emilia-Romagna, per legge, gli “alloctoni” (i pesci non indigeni) non possono essere rilasciati una volta pescati, lasciando al pescatore l’onere dello smaltimento pena una multa.
- Un ambito di lavoro complesso dove a volte l’accademismo e la ricerca possono mascherare la reale incisività degli interventi.
- Allo stesso tempo si assiste a semine, essenzialmente di pronta pesca a basso costo, principalmente Abramidi e Carassi, specie alloctone, nei tratti di canale a destinazione di “campo gara” in piena contraddizione con i principi di gestione biologica compatibile che come detto sopra sostanzialmente autorizzavano la soppressione degli animali non autoctoni.
incubus94 | , | ||
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giackit ,Buon topic, ma ci tengo a precisare che nessuno ha mai detto che il siluro mangia il 70% del suo peso corporeo, ma circa il 3% al giorno.Il che tantissimo, come hai detto tu 2 kg di pesce sono molti considerato poi il momento che le nostre acque stanno vivendo, con pesci autoctoni sempre meno diffusi e che si fanno largo i grandi predatori. |
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incubus94 ,giackit tra i vecchi che odiano il siluro e’ un luogo comune dire che mangia il 70% del suo peso ed e’ cosi che i vecchi ne giustificano l’uccisione |
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incubus94 ,esatto.e dobbiamo spiegare anche a chi uccide il siluro per ignoranza che sta danneggiando le acque perche’ oramai c’e’ ed e’ stanziano.non possiamo che tenercelo! |
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giackit ,Si ma anche se c’ ogni siluro si mangia 3 kg di pesce al giorno e in un mese sono 90 kg.quindi quelli grossi ci penserei un attimo a rilasciarli |
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guardiapescatrice ,CITAZIONE (incubus94 @ 24/11/2009, 16:19) cmq.il siluro mangia anke altri siluri.tra di loro si creano un equilibrio chi che ti ha raccontato tutte queste favole. studia ancora. GUAI A CHI NON IMPARA DALLA STORIA. |
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giackit ,Seconde me dopo che il siluro stato immesso da tanto tempo in certi posti si crea un equilibrio,sicuramente diverso da quello normale. Per favore presentati nell’apposita sezione. |
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/ol> 12 replies since 12/11/2009, 20:42 2089 views,
Dove si trovano i pesci siluro?
Specie ittiche – La prima segnalazione di cattura del pesce siluro ( Silurus Glanis ) risale al 1957 nel fiume Adda. Se inizialmente fu considerata pura casualità, la sempre maggiore frequenza del suo avvistamento e della sua cattura, in particolare nel Po e nei fiumi adiacenti, evidenziò un vero problema per le specie autoctone sin dagli anni Ottanta.
Un siluro catturato nel Ticino. Predilige le zone con poca corrente e tanta vegetazione come le golene o le anse dei fiumi, dove, durante la stagione fredda, può svernare in una sorta di buca scavata nel fango. Lo stesso fango fornisce alle larve e agli avannotti insetti, vermi, molluschi e crostacei, mentre gli adulti si cibano di altri pesci, rane, topi, oche e anatre.
Le femmine depongono circa 30-35000 uova per chilo di peso corporeo. Dopo 4 anni raggiunge la maturità sessuale. Le ottime condizioni termiche e la diversa situazione di predazione fanno sì che l’accrescimento del siluro in Italia sia molto più rapido ed elevato che nei paesi d’origine.
Ma come spiegare l’introduzione in Italia di queste specie ittiche alloctone?Negli ultimi vent’anni, è aumentata considerevolmente l’importazione di pesci per l’allevamento, per il ripopolamento o anche per riempire i laghetti da pesca; in tali circostanze si è infiltrato il siluro, dannosissimo per le sue dimensioni e la sua aggressività.Esso, poi, si trova al vertice della catena alimentare, per cui minaccia l’esistenza della ittiofauna e crea un ulteriore problema ecologico a quelli già complessi più conosciuti.
Qualche anno fa, la regione Emilia-Romagna ha promosso una legge, “Tutela e sviluppo della fauna ittica e regolazione della pesca in Emilia-Romagna”, per limitare il più possibile la presenza e, soprattutto, la proliferazione delle specie alloctone che infestano le acque interne regionali, quali il Siluro, il Carassio e il Lucioperca,
Dove vive il pesce siluro in Italia?
Distribuzione e habitat – È originario dell’ Europa orientale, dal bacino del Danubio verso est. È presente naturalmente in tutta l’Europa centro-orientale, a ovest fino all’ Austria e Germania (bacino del Danubio ), a nord fino all’estremo sud della Finlandia e della Danimarca e a sud fino alla Grecia settentrionale e alla Turchia europea.
In Italia è stato introdotto da circa mezzo secolo e si è molto diffuso soprattutto nei bacini del Po e dell’ Adige ; più recentemente è stato introdotto nei fiumi Adda, Volturno, Arno e Tevere, Il suo habitat ideale è costituito da grandi fiumi ( zona dell’Abramis brama ), ma anche paludi, stagni, laghi, lanche, bracci morti e canali di bonifica.
Ama nascondersi tra rami e fanghiglia, riposando durante la maggior parte della giornata. Col giungere delle tenebre inizia a nutrirsi, portandosi spesso nelle zone d’acqua più vicine alla superficie.
Come ci sono arrivati i pesci nei laghi?
Una domanda tormenta da diverso tempo gli esperti di tutto il mondo: come fanno alcuni pesci a colonizzare laghi e stagni isolati circondati da terre inospitali e asciutte? La risposta alla domanda è ancora più incredibile e fa parte di un viaggio unico: le uova dei pesci vengono trasportate dalle feci degli uccelli.
In particolare, le uova killifish sono insolitamente dure e in grado di sopravvivere per mesi nella terra asciutta in una sorta di letargo. Per testare questa idea, il biologo Ádám Lovas-Kiss del Danube Research Institute in Ungheria, insieme ai suoi colleghi, ha nutrito delle anatre in cattività (Anas platyrhynchos) con uova di due tipi di carpe: la carpa comune (Cyprinus carpio) e il Carassius gibelio.
In un episodio, circa 63.501 uova di pesce furono trovate nello stomaco di un gabbiano (Larus hyperboreus). La maggior parte delle uova di carpa ha impiegato solo un’ora per “entrare” e “uscire”. Ciò significa che durante il viaggio di un’anatra, questi embrioni avrebbero percorso circa 60 chilometri,
Che cosa mangia il pesce siluro?
Quindi i siluri non mangiano solo pesci Non solo alcune specie ittiche, ma anche volatili e piccoli mammiferi.
Perché i siluri sono pericolosi?
4 Agosto 2010 Egregio direttore, ringrazio il presidente del Gruppo Siluro Romagna per il suo intervento che ha il merito di aprire, anche il provincia di Varese, il confronto, importantissimo per l’equilibrio dei nostri laghi e dei nostri corsi d’acqua, sulla diffusione di pesci infestanti come i siluri.
Per quanto mi riguarda, il “caso dei siluri” è molto diverso da quello di altre specie alloctone che, dall’Ottocento ad oggi, sono state introdotte nelle acque italiane per i seguenti motivi ben evidenziati dalla bibliografia scientifica: 1) in Italia, fino agli anni Settanta, di pesci molto grossi, c’erano stati soltanto gli storioni che, tuttavia, vivevano unicamente nel Po e nel primo tratto dei suoi affluenti verso la foce, oppure, in tempi remoti anche nei maggiori corsi come l’Arno, il Tevere, ecc.
Gli storioni, tuttavia, non erano presenti tutto l’anno ma solo nei periodi di frega e, per giunta, nutrendosi unicamente di sostanze organiche e di pesci morti o moribondi, non potevano essere considerati dei predatori veri e propri.2): i siluri, invece, non hanno “zone” preferite come tutti i nostri predatori nazionali o nazionalizzati (zone da luccio, zone da black, da persico, eccetera) ma li si può incontrare anche in quegli “ambienti” particolari che madre natura aveva destinato ad oasi di riproduzione e ripopolamento, tipo posizioni con acque basse nei fiumi, posizioni con lame, ghiaieti e sabbiaie nei torrenti, oppure nei tantissimi canali, canaletti, rogge, e fontanili, che erano veri e propri vivai di miliardi di avannotti o di piccoli pesci.
I siluri, entrando in forze anche in tali settori, come dimostra un’ampia documentazione fotografica in merito, hanno ridotto ormai quasi a zero la riproduzione di altre specie autoctone.3) i siluri sono pesci giganteschi con una biomassa da dieci a cinquanta volte superiore a quella dei predatori “nostrani”.
Per poco che mangino (si fa per dire visto che raggiungono i due metri di lunghezza ingurgitando circa 100 kg di pesce all’anno!) è evidente che il danno prodotto alle altre specie è incredibilmente alto. Coloro che difendono i siluri spesso lo fanno solo a titolo personale di egoismo nel pescarli e’ rilasciarli.
Non esitano a rilasciare i siluri ma non si formalizzano nell’attaccare ai loro ami, per cercare di catturarli, pesci ” vivi ” come carassi, tinche, carpette o altro ancora, qualcuno addirittura trote,( visto con i mie occhi )!! Non bisogna dimenticare che la legge italiana in materia di pesca considera i siluri dei pesci alloctoni, invasivi e dannosi per il nostro ecosistema acquatico perché minacciano le nostre specie autoctone, più pregiate, ormai quasi in via di estinzione.
Coloro che pescano e rilasciano i siluri commettono, pertanto, un grave errore amministrativo, violando le leggi di pesca ma sopratutto contribuendo al loro sviluppo e proliferazione nei nostri fiumi laghi e canali. Alcune volte coloro che sostengono la pesca e il rilascio dei siluri lo fanno, purtroppo, anche in ragione di introiti commerciali dato che tali pesci muovono un grosso business: ami, fili, canne, mulinelli, barche, ecoscandagli e quant’altro, tutte attrezzature specifiche per assicurare la loro cattura.
Certe associazioni che ne esercitano assiduamente la pesca, tipo il GSI, obbligano addirittura i loro soci, una volta catturati i siluri, ad usare il “telo, a trattarli con tutte le migliori cure del caso, a rilasciarli subito dopo le foto di rito, contravvenendo così alle leggi di pesca che ne vietano il rilascio promuovendone, invece, la soppressione.
Coloro a cui piace praticare questo tipo di pesca dovrebbero avere almeno la compiacenza di non rilasciare gli esemplari pescati contribuendo così alla diminuzione di questi voracissimi pesci giganti. Da pescatore appassionato, anche se non più praticante, quale mi considero avevo già lanciato l’allarme siluri due anni fa e spero che, in provincia di Varese, prevalgano l’intelligenza e il buon senso per limitare l’espansione di pesci che, in tanti decenni dal loro inserimento illegale nelle nostre acque, hanno fatto e continueranno a fare ancora parecchi danni all’ecosistema.
Nessuno nega che l’inquinamento e i veleni sciolti nelle nostre acque siano grossi problemi ma essi richiedono precise denunce alle autorità competenti e non hanno nulla a che vedere con la difesa dei siluri. Mi auguro, pertanto, che l’Assessore Specchiarelli e la provincia di Varese, che hanno giustamente lanciato un Programma di controllo e contenimento del pesce siluro, vogliano intervenire in questo dibattito per rassicurare la maggioranza dei pescatori dei nostri laghi e corsi d’acqua.
Fabrizio Mirabelli Consigliere comunale PD
Quanto dura un siluro fuori dall’acqua?
Dipende poi da tanti fattori Se lo lasci al sole con 40 gradi e al vento in 5 minuti schiatta! se lo si tiene in un ambiente fresco e umido può vivere per ore
Quale è il periodo migliore per la pesca al siluro?
Pesca al siluro: dove, quando, come praticarla? – Idea Pesce Il siluro è un pesce che molto spesso ritroviamo nelle nostre acque, è abituato a vivere in fiumi e laghi e si definisce pesce predatore, La pesca al siluro è molto praticata, ci sono molto pescatori che sono fortemente appassionati e attenti a questo tipo di pesca.
Il siluro non si muove molto durante la giornata; cerca le sue prede dal tramonto al nascere del sole, tutta la notte. Ecco che in questi momenti i pescatori dovranno essere ben attenti alla cattura. Durante l’anno il periodo ottimo per la pesca al siluro è quello che va dalla primavera (Marzo) all’ autunno (Novembre).
L’attrezzatura per la pesca al siluro Il siluro è un predatore molto grande e, infatti, per la pesca è necessaria un’attrezzatura ben definita perchè la portata in termini di peso non è affatto poca.La canna per la pesca al siluro deve essere da fondo e deve avere la possibilitá di lanciare minimo 200 grammi e deve essere non piú lunga di 3 metri.Come vedremo nelle prossime “puntate” la pesca al siluro può essere praticata con diverse tecniche, che richiedono attrezzature distinte.
Nalla pesca al siluro a spinning si consiglia una canna da spinning molto potente e robusta con una azione minima di 100 gr.Per quanto riguarda il mulinello deve essere capiente e robusto la bobina deve avere una capienza per lo meno di 150 metri di 0,40.
Come si lancia un siluro?
Classi di siluri e dimensioni – I siluri vengono lanciati con diversi metodi:
Da un “collare di lancio” montato sul ponte (come sulle siluranti statunitensi dette PT boat nella seconda guerra mondiale, e prima ancora dai MAS italiani della prima guerra mondiale). Da un tubo lanciasiluri montato su un supporto mobile (comune nei cacciatorpediniere) o fisso (posto sopra o sotto la linea di galleggiamento delle unità di superficie, come negli incrociatori, nelle corazzate, e nei mercantili armati ), o a bordo di un sommergibile, Da anelli di tenuta posti a bordo di aerosiluranti o elicotteri, Come stadio finale di un’arma composta, con propulsione a razzo o a getto (“siluri assistiti”).
Molte marine militari hanno due tipi di siluri distinti in base al peso:
Siluri leggeri utilizzati primariamente per attacco a breve raggio, montati specialmente sugli aerei. Siluri pesanti utilizzati come arma di punta, specie dai sottomarini in immersione.
Per i siluri posizionati sul ponte o lanciati da tubi lanciasiluri, il diametro è ovviamente un fattore chiave nel determinare la possibilità di utilizzare un particolare siluro, similmente al calibro per le armi da fuoco. La lunghezza non è così importante come per una canna di fucile, il diametro è quindi diventato il parametro di classificazione più comune per i siluri.
Versioni inizialmente nate per aviolancio o lancio assistito sono state talvolta sviluppate a partire da versioni per ponte o tubo lanciasiluri e in almeno un caso fu progettato un tubo lanciasiluri per sottomarino in grado di lanciare siluri per aereo.
Alcuni diametri più comuni di siluro (si utilizza la denominazione più comune, metrica o in pollici, e si elencano in ordine di grandezza crescente):
12,75 pollici (circa 324 mm), è la misura più comune per i siluri leggeri. 16 pollici (406 mm), era la misura dei primi siluri sovietici antisottomarini. I tubi di lancio da 16 pollici erano installati sulle classi Hotel, Echo e i primi esemplari della classe Delta, spesso in aggiunta a tubi da 21 pollici. 17,7 pollici (450 mm), era la misura standard per i siluri leggeri della Marina imperiale giapponese, Talvolta ci si riferisce a questa misura come a “18 pollici”. I siluri da 18 pollici furono i più impiegati tra il 1880 e il 1916 circa, quando iniziarono a diffondersi veramente i 21 pollici, in precedenza limitati a pochi progetti, i “18 pollici” rimasero però molto impiegati anche in Europa (Italia inclusa) come siluri per le unità leggere (MAS, MS, E-boat, ecc. accanto ai 21 pollici dopo il 1935) e per alcuni sottomarini, sia leggeri, sia pensati (come la classe Ammiragli della Regia Marina) per crociere molto lunghe contro il traffico mercantile e non militare. 480 mm, calibro poco usato, soprattutto dagli USA ( Mark 27 ) come siluro anti sommergibile “pesante” (il MArk 27 fu la prima arma americana autoguidata, in particolare studiata per seguire il rumore delle eliche, e fu in servizio dalla fine del 1944 alla fine degli anni sessanta, rimanendo in magazzino per qualche anno ancora sia in USA sia negli arsenali alleati). Dopo gli anni settanta questo calibro è stato progressivamente abbandonato. 21 pollici (533 mm), è la misura più comune per i siluri pesanti, e s’impose nel corso della prima guerra mondiale, comprendendo:
I siluri alleati della seconda guerra mondiale. Alcuni siluri della Marina imperiale giapponese. Siluri della Kriegsmarine. Siluri NATO, Alcuni siluri sovietici e russi, compresi gli odierni modelli antisottomarino. I siluri da 550 mm e 500 mm, calibri oggi in sostanziale disuso ma utilizzati dalla marina francese (e ampiamente esportati dalle industrie francesi, soprattutto il primo) tra gli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale e il secondo dopoguerra, quando, lentamente, la marina francese si adattò a utilizzare i normali calibri NATO sulle unità di nuova progettazione.
24 pollici (610 mm), furono usati dalla Marina imperiale giapponese, il più noto è il Tipo 93 montato su ponte, inoltre alcuni siluri kamikaze Kaiten, 650 mm è il maggior diametro utilizzato dalla Marina russa (il Tipo 65 ). Sono stati messi a punto adattatori per lanciare siluri da 533 mm con tubi da 650 mm.; occasionalmente tale calibro fu impiegato tra il 1905 e il 1920 per le unità maggiori (corazzate, incrociatori da battaglia) tedesche e britanniche, dove era preferito a quelli da 21 pollici per la gittata superiore e paragonabile a quella dell’artiglieria secondaria. Dopo la prima guerra mondiale ci si rese conto che molto raramente (praticamente mai) le unità da battaglia facevano uso di siluri, eliminandoli quindi da queste unità, comunque le corazzate classe Nelson, (varate poco dopo la prima guerra mondiale) disponevano di quattro tubi lancia siluri da 622 mm derivati da quelli da 650mm progettati durante la prima guerra mondiale, ma con un impianto propulsivo ad aria ossigenata (ovvero arricchita d’ossigeno e impoverita d’azoto) e un dispositivo duplex (ovvero esplodevano sia a contatto sia quando passavano sotto una massa metallica).
Siluri di dimensioni ancora maggiori sono stati installati su alcuni sottomarini nucleari: 660 mm (26 pollici), 30 pollici (762 mm) e 36 pollici (circa 914 mm). I tubi di lancio sono stati progettati per lanciare munizioni di grande diametro come missili da crociera, così come il siluro standard da 21 pollici.
Quante uova fa un siluro?
La frega del siluro – Il Siluro raggiunge la maturità sessuale tra i 3 e i 5 anni di età e la sua riproduzione è annuale, I maschi raggiungono la maturità prima delle femmine. All’inizio della primavera, quando l’acqua raggiunge una temperatura di circa 10° il siluro si risveglia da una fase quasi letargica e migra verso acque più basse e ricomincia a nutrirsi con regolarità. Un esempio di nido Verso la fine della primavera ( maggio/giugno ), quando l’acqua raggiunge una temperatura compresa tra i 18° e i 22° cominceranno a formarsi le coppie di individui della stessa stazza. In questo periodo l’aggressività aumenta e le lotte tra maschi saranno all’ordine del giorno.
Se pescate un siluro con diverse ferite è un chiaro segnale che è iniziata la frega! Quindi da pescatori coscienziosi saprete che è giunta l’ora di dedicarsi alla pesca di altre specie per almeno un mese e mezzo! Una volta formata la coppia il maschio costruirà un nido sul fondo ammucchiando e disponendo a sua discrezione ripari naturali (legnetti, sassi ecc) per le future uova.
Dopo aver finito il nido, in piena notte avviene l’atto riproduttivo vero e proprio. Il maschio “abbraccia” la femmina e, comprimendole l’addome, favorisce la fuoriuscita delle uova e contemporaneamente le feconda espellendo il suo seme. Il siluro è un animale molto fertile, una femmina produce dalle 7000 alle 40000 uova per chilogrammo di peso ! Le uova sono ricoperte di un muco vischioso che le fa attaccare al substrato scelto come nido. Finita la deposizione il maschio scaccia la femmina e per circa un mese non si allontanerà mai dal suo nido ventilando continuamente le uova con le pinne per evitare che ammuffiscano e proteggendole da eventuali predatori.
Questa strenua difesa del nido permette un’elevata percentuale di sopravvivenza e schiusa delle uova, ed è quindi uno dei maggiori fattori che hanno permesso la proliferazione di questo pesce nelle nostre acque. L’embriogenesi è velocissima, 60-75 gradi/giorno ad una temperatura compresa tra i 22° e i 24° (il grado/giorno o GG è un’unità di misura che si ottiene moltiplicando i giorni per la temperatura media dell’acqua, ad esempio 15 giorni a 10° equivalgono a 150 GG).
Le uova schiudono in 24-27 giorni e le larve rimangono attaccate al nido fino al completo assorbimento del sacco vitellino (3-5 giorni) a questo punto saranno in grado di nuotare liberamente. Finalmente il duro lavoro del maschio è terminato e si allontana dal nido (e sarà anche molto affamato dopo un mese che non mangia, quindi sarà il momento giusto per rispolverare la nostra attrezzatura!) lasciando i piccoli al loro destino.
Quanto costa un pesce siluro vivo?
Il caso del pesce siluro: pesca, commercio, legalità, biodiversità di Francesco Nigro, biologo del comitato scientifico dei GAF Si parla spesso del siluro, ma non si approfondisce mai la questione nelle sue varie sfaccettature. In fondo un pesce gatto che può superare i due metri merita sicuramente qualche parola: tanto per cominciare siamo sicuri di incontrarlo solo sul fondo di qualche ansa limacciosa? E siamo sicuri riguardi solo il Po? Recentemente sono stato al Mercato delle Erbe di Bologna ed eccolo lì, anzi eccole: casse di pesce d’acqua dolce con siluri interi, a tranci e carpe in bella vista.
Il pesce d’acqua dolce di origine più o meno nota finisce per essere piazzato sui banchi del Mercato delle Erbe a Bologna, per esempio, ad un prezzo che varia tra 1 e 2 euro al chilo per essere poi rivenduto fra i 3 e i 5 euro al kg. I siluri piccoli vengono sovente valutati maggiormente per le loro carni migliori: una vera e propria manna per il pescatore perchè essendo più sociali, facilmente catturabili e gestibili, arrivano spesso vivi in grandi quantità sui banchi.
Lo storditore elettrico funziona, ma non fa miracoli e scordatevi distese di pesci che vengono a galla una volta accesa la corrente. Il suo raggio d’azione è fortemente limitato: un normale storditore spallabile a batteria è massimamente efficace nel raggio di 2 metri dalla picca (l’anodo).
Nonostante la ridotta portata, questo strumento diventa invece maggiormente efficace in situazioni intricate ricche di nascondigli e potenziali tane sotto costa e in acque basse, tipicamente in zone ricche di tronchi caduti o a canneto dove reti e lamare diventano ingestibili o eccessivamente impegnative, mentre una gestione corretta di scariche di corrente continua e a impulsi può dare buoni risultati.
E’ il caso del Fiume Reno, dell’immissione di Idice e Santerno, di molti altri piccoli collettori e in particolare dell’area ravennate del Parco del Delta del Po. Interessato all’entità del fenomeno della pesca di frodo e alla sua risonanza nel bacino del Reno ho avuto modo di confrontarmi con Franco Presti e Francesco Barbieri, guardie ecologiche impegnate da anni nel servizio vigilanza ittica e in contatto con diverse altre realtà di controllo sul territorio.
Come predetto si effettua vigilanza giornaliera, ma il territorio troppo vasto fa sì che non si riesca a controllare a tappeto tutti i pescatori. La Forestale interviene raramente, più frequentemente la Polizia Provinciale. Gli stranieri sono prevalentemente Romeni, Moldavi, Bulgari, mediamente sono in regola per il 50%.
Gli iIleciti registrati quali pesca con reti o metodi irregolari sono prevalentemente attuati da Cinesi”. In più, come mi raccontava l’amico Umberto Fusini, guardia ecologica e presidente dell’associazione ARTe Centro Anfibi Pianoro, e come ho avuto più volte modo di verificare di persona, la pesca di frodo arriva ad interessare anche posti impensati, piccoli rii e torrentelli scoscesi che solcano il primo Appennino bolognese, dove ancora è possibile trovare il’Austrapotamobius italicus, il protettissimo gambero di fiume italiano.
L’utilizzo del pescato, qualora trattenuto e anche quello ricavato con metodi illegali, appare perlopiù destinato ad un uso diretto all’interno delle “comunità” piuttosto che alla vendita. La situazione cambia man mano ci si sposta lungo l’asta del Reno verso la foce.
Qui individuati alcuni punti strategici per la pesca, ottengo risultati decisamente diversi a giudicare dalle risposte di ristoratori e operatori delle idrovore: il “fantasma dei bracconieri dell’Est” è ormai parte del posto. Come mi raccontava il fotografo naturalista Sergio Stignani, già a Campotto la produttività ittica delle casse d’espansione attira all’interno dell’Oasi gestita dalla Bonifica Renana pescatori di frodo che in piena notte entrano abusivamente con i loro natanti.
E a questo punto forse non sorprende che come biologo interessato alla fauna ittica non mi possa avvicinare ad un canale messo in secca nella bassa indossando un paio di waders senza destare attenzioni o rischiare una denuncia da parte dei residenti troppo abituati a persone che aspettano la messa in secca per ricavare casse di pesce.
Di portata decisamente minore ma ugualmente sensibile è la vendita del prodotto ittico, anche regolarmente pescato, ai laghetti da pesca sul territorio o ad allevatori con introiti ben diversi considerando che i pesci selvatici sono più resistenti, combattivi e più difficilmente predabili.
Sicuramente un grosso adulto non disdegna prede della dimensione di un’anatra e se percepisce un’invasione del suo territorio o in generale si sente particolarmente infastidito, potrà mordere. Ma nulla di più e si tratta comunque di casi rari o forzati.
Istituzioni scientifiche e realtà private trovano campo libero nella lotta agli alloctoni, con azioni di contenimento richieste o comunque approvate dagli enti pubblici nell’ambito della programmazione degli interventi per la gestione della biodiversità.
Una situazione complessa dove interessi sociali e politici diversi si scontrano, fra amministrazioni, associazioni sportive, istituzioni scientifiche e ambientaliste. E non ultimi coloro che sul fiume abitano. In questo panorama piuttosto vario risaltano anche fenomeni relativamente recenti: entrano in gioco realtà associative sportive, ma non solo, che vedono il fiume nel suo complesso come patrimonio da salvaguardare proponendo una linea di condotta per il pescatore sportivo mirata all’educazione ambientale incentrata sul “catch and release” indiscriminato non solo come garanzia di non sfruttamento delle risorse comuni, ma come rispetto per la vita in quanto tale.
Fra questi spicca il Movimento Gruppo Siluro Italia che, forte di principi ambientalisti e con uno statuto chiaro e dettagliato, denuncia l’arcaicità delle leggi a fronte di un riconoscimento oggettivo dell’impossibilità di recuperare da un punto di vista faunistico le acque emiliane e propone, quindi, un adeguamento allo stato attuale a partire da uno stile di vita diverso per gli amanti della pesca e non solo.
La pesca di frodo acquisisce quindi un carattere ben più forte di aggressione all’ambiente e razzia sconsiderata. E mentre su internet una nota marca di elettrostorditori a basso costo (e facilmente occultabili) pubblicizza con immagini esplicite l’efficacia del suo prodotto, sui social network e sui blog infuria da parte di alcuni l’odio ormai palesemente razziale per i “saccheggiatori dell’Est”.
Un quadro complessivo ancora più ingarbugliato dalla decisione di contrastare i fenomeni illegali dando libero e legale accesso alla risorsa ittica per mezzo di permessi di pesca professionale (ad esempio il caso dei nuovi permessi rilasciati a Rovigo). Rinunciando per un attimo all’oggettività imposta dal mio lavoro, personalmente non posso che condividere il rispetto per l’ambiente, per la vita e, in fondo, per il fascino del mutamento.
Ma allo stesso tempo in una società come la nostra non riesco a condannare chi sceglie la vita del fiume e fa della pesca, nell’ambito della legalità e completa sostenibilità ecologica, un primitivo e naturale strumento di sussistenza. E infine non posso che constatare che per chi vive o frequenta le sponde dei fiumi padani il siluro sembra essere diventato ormai quasi più il simbolo di un fenomeno sociale piuttosto che biologico: una parte dei molteplici e controversi aspetti della vita sul fiume.